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Cibocultura – Tutto è food
e la cultura non si può sottrarre. L’ex ministro del Tesoro Tremonti spiega il
suo celebre detto “con la cultura non si mangia”. Cioè spiega che non l’ha mai
detto, ma che volentieri si corregge: “Con la cultura troppi mangiano”.
Femminismo
–
“Nessuna delle pensatrici su cui ho lavorato è stata femminista, tranne Edith
Stein (che però si fece monaca, n.d.r.): Quanto ad Arendt, Weil, Zambrano
criticarono il femminismo emancipazionista del loro tempo”, Laura Boella, studiosa
del “pensiero femminile”.
Dario Fo – “Abominevole” per Pasolini, 1973, in un’intervista con Corrado
Augias per “L’Espresso”. Non la persona, il teatro di Fo, che all’epoca faceva
mezzo milione di spettatori a stagione ma era all’indice del Pci. “Abominevole, il
suo gauchismo è il più atroce che ci sia: terroristico, ricattatorio,
moralistico e puritano”.
Pasolini si diceva contro Fo anche per lo spettacolo
su Pinelli: “Mi vengono i brividi solo a pensarci” - salvo fare lui, con
Lotta Continua, poco dopo un docufilm su piazza Fontana.
Horcynus Orca – L’roca assassina
era in Russia un sommergibile atomico. Anna Politkovskaja, la giornalista russa
assassinata, racconta in “La Russia di Putin” una sua visita alla base navale
russa di Rybac’e, in Kamchatka. Portata a vedere un sommergibile atomico trova
“a prua, bianco su nero, un disegno di forte impatto: le fauci spalancate di
un’orca con tanti denti quanti un’orca vera non si è mai sognata di avere”. E dopo
la prima sorpresa spiega: “L’orca non è un caso, in origine il sommergibile si
chiamava kasatka, orca assassina”.
Inghilterra – È pantofolaia –
ordinata, tranquilla. Si direbbe sassone, cioè celtica, cioè stanziale e
terricola. È la netta e perdurante impressione che ne ha Svevo, là dove
ricorda, nel “Profilo autobiografico”, che “dal 1902 in poi fino al 1912”
soggiornò per lavoro “annualmente per qualche mese in un sobborgo di Londra” (Silvio
Benco nel necrologio specifica: “Fu tutti gli anni per sei mesi in Inghilterra,
dove si dedicava nell’arsenale di Portsmouth alla «pittura sottomarina» della
flotta britannica”): “In complesso gli parve che nel paese delle grandi
avventure l’avventura fosse più che altrove respinta”. Ognuno stava tranquillo
al proprio posto, nella propria “classe”, “poco incline a ribellioni o avventure”.
Ne deriva che la grandezza
dell’Inghilterra era in questa misura ordinata: “E credette di scoprire che la
forza di un paese fosse dovuta piuttosto a tali elementi e che anzi le
intraprese di un Lord Clive, o di un Rhodes o di un Nelson non potessero
produrre tanta ricchezza se l’avventura non fosse nella nazione un fatto
eccezionale, un innesto che nobiliti il vecchio tronco di un’attività giornaliera,
tranquilla, regolata”.
Italia – “Tutto il mondo ama l’Italia
perché è vecchia ma ancora glamorous. Perché mangia e beve bene ma è
raramente grassa”, era l’attacco dell’elogio una quindicina d’anni fa del “New
York Times all’Italia. Era giù un anno, il 2007, in cui “gli ultimi numeri
mostrano una nazione più vecchia e più povera – al punto che il capo dei vescovi
ha proposto un forte impegno per i pacchi alimentari ai poveri”.
Nuove maternità – Utero in
affitto, gestazione per altri, maternità surrogata, gravidanza solidale: è la
ultimissima terminologia della maternità che “Scienza in rete” cataloga, 5
maggio
Opera – “È da checche spasimare per
l’opera”, dice Pasolini nella biografia di Siciliano.
Lui era solo per Bach – che pure ambiva al
canto. Ma subì con piacere la fascinazione di Maria Callas, personaggio
melodrammatico anche nella vita – “una giovinetta assetata d’incruenti stragi”.
E quando, smaltito il lustro della relazione, se ne libera, alla concettosissima
interminabile poesia d’addio dà un titolo verdiano, “Timor di me?” - dal
“Trovatore”, atto IV, “Timor di me? D’amor sull’ali rosee”. Di un’aria che “Maria
Callas”, scrive Siciliano, “sapeva cantare con voce mirabile” – oltre che “con
viva sensibilità femminea”.
Proust – Di sintassi “germanica”. Lo nota
Svevo, nel tardo autoelogio (“Un profilo
autobiografico di Italo Svevo”), a proposito di chi lo accostava a Proust: “La
frase ch’è tutto propria del Proust, con i suoi luminosi incisi e le sue sapienti
complicazioni che ricordano una sintassi germanica, non trovano alcuna
corrispondenza nella frase breve e brusca e disadorna dello Svevo”.
Svevo – Crebbe con “i maggiori classici
tedeschi e in primo luogo amò i romanzi di Friedrich Richter (Jean Paul) che
certamente ebbero una grande influenza nella formazione del suo gusto” – “Un profilo
autobiografico di Italo Svevo”.
Lo stesso “grande dono di apprendere l’arte
di ridere della vita” Svevo attribuisce nella nota anche all’amico triestino e pittore
Veruda (lo scultore Balli di “Senilità”).
Uno dei suoi primi (1927), entusiasti,
apprezzati critici, Marcel Thiébaut, della “Revue de Paris”, poneva Svevo
“nella tradizione dei romanzieri del XVIIImo secolo, lucido, secco”. Questo a
proposito di “Senilità”. Per “La coscienza di Zeno”, Benjamin Crémieux, critico
ancora più autorevole, racconta Svevo nella stessa nota autobiografica, “lo
metteva accanto a Charlot, perché veramente Zeno inciampa nelle cose”.
Fu autore “francese”, scoperto cioè in Francia,
da Valéry Larbaud e Benjamin Crémieux – su indicazione di Joyce. Che gli dedicarono
un numero speciale del “Navire d’argent”, la rivista di Adrienne Monnier, la
libraia titolare anche di Shakespeare and Company, l’editrice dell’“Ulisse”, febbraio
del 1926. Ma Crémieux già da un paio panni proponeva elogiativamente Svevo, su
suggerimento, spiegava, di Joyce e Valéry Larbaud. Nel 1925, in più riprese,
Svevo era lo scrittore più proposto da Montale – cioè da un italiano fuori della
cerchia triestina.
letterautore@antiit.eu
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