L’irrealtà dei sentimenti, lombarda
La necrofilia resa attuale,
in virtù della teorica della Scapigliatura lombarda, dell’indistinzione fra
“reale” e “immaginario”. L’amante vuole l’amata a riposare “sul marmo della mia
tavola, per rivelare al mio coltello il segreto della sua bellezza”. Chi parla è
un giovane professore di medicina, viennese, che pregusta con gli amici il
godimento che avrà di una bellezza intravista in un caffè – Vienna ci vuole per
il caffè, o all’epoca per lo sciovinismo.
Ma il
saggio di bravura del Boito junior non è questo fluttuare al caffè, viene dopo. L’anatomista diventa a sua
volta immaginario-reale, il morto amante: “La figura di quel giovane mi era
sembrata sinistra. I vetri sugli occhiali nascondevano lo sguardo, i capelli giallicci
scendevano sulle spalle; ma quel moto giovanile mi fece l’impressione del viso
di un morto (rabbrividisco!), di un morto che dica: t’amo!”.
Si trascura la Scapigliatura,
nel filone leghista della critica letteraria, da Dionisotti
al compianto Paolo Mauri. Che invece è proprio lombarda, non è imitazione, non c’è l’analogo
in altra letteratura contemporanea. Un concentrato di realtà-irrealtà. Non pratica - quella
c’è, del “lavorerio” e dei “dané” o “ghèi”: quella dei sentimenti.
Camillo Boito, Un
corpo
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