Ostpolitik, cosa ne resta
È stata la politica della Germania, e dell’Europa, da un cinquantennio,
dal cancellierato Brandt, 1969. Fu il leader socialdemocratico a inaugurare la politica di buon vicinato con il blocco allora sovietico, e a chiamarla Ostpolitik - premio Nobel per questo, e per la pace con la Polonia,
già nel 1971. Ma già l’allora consigliere presidenziale americano per la
sicurezza Kissinger lavorava a Mosca per una forma di distensione, con l’apertura
dell’emigrazione a chi ne avesse fatto richiesta.
È stato un rapporto soprattutto economico, ma anche di reciproca
assicurazione politica. Già durante la guerra fredda, e ovviamente dopo: una
politica di buon vicinato, e anche di affari.
Si è creata l’interdipendenza energetica, per il petrolio e per il
gas – fino al 1971 perseguita solo dall’Italia, e in Italia sono dal gruppo
petrolifero Eni, allora pubblico. E notevoli investimenti sono stati effettuati
in Russia, soprattutto dopo il crollo del regime sovietico nel 1991. Dalla
Germania più di tutti, ma anche dagli Stati Uniti (delle 1.200 imprese occidentali
operanti in Russia rilevate dall’osservatorio della Yale School of Management
un buon quinto è americano, anche se si tratta per lo più di società di forniture
commerciali e di servizi (finanziari, legali, sanitari).
Nel settore energetico investimenti notevoli sono stato operati dalla
Germania. Che però ha “delocalizzato” molte attività all’Est, in Romania,
Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica Ceca, ma non in Russia.
Alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina sia il cancelliere Scholz
che il presidente francese Macron si erano appellati con Putin alla Ostpolitik.
Inutilmente. Ma non è emersa una strategia russa alternativa: il legame con la
Cina è recente, è personale, tra Putin e Xi, e ha scarse interdipendenze economiche.
Non rinunciando Mosca alla Ostpolitik, l’unica ipotesi plausibile dell’attacco
all’Ucraina è che punti ad avere l’Europa meno succube degli Stati Uniti, e comunque
in una Nato non aggressiva, come lo è stata con le presidenze Clinton e, ora, Biden.
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