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Anima
– È umana – è sottinteso, e si dice, “anima umana”,
“non c’era anima umana”. È ora anche animale? E minerale? Per il politicamente
corretto, che si confonde col postumano. Ma si è sempre detto del mondo che è animato.
Complotto - Si può ridere del complotto annunciato, ma non
troppo. Manifesta un disagio, che comunque permane, e conviene vigilare: se il
golpe non c’è, molti però godrebbero che ci fosse.
È un disagio che si manifesta con più intensità
in questa età di benessere e di diritti senza precedenti nella storia. È un
virus dell’abbondanza?
Freud-Jung – Si ripropone inevitabile la maratona di tredici ore tra il maestro
(allora) e il discepolo (allora) della psicoanalisi, la volta che Jung si recò
a Vienna, con la moglie e con l’allievo Binswanger, e Freud lo invitò a pranzo,
da solo, per poi intrattenerlo a conversazione. Nel fumoir, si suppone,
Freud non poteva fare a mano del sigaro. Per tredici ore. Che si vogliono di
fermenti e creatività, ancora si rivivono come una epifania. Come usa per le
estasi e i rapimenti di mistici e santi. Per tredici ore, nel fumo: di
chiacchiere? Con che lucidità? Specialmente deprimenti le memorie dell’uno e
dell’altro dell’incontro, tra “seduzioni diaboliche” e “attrazioni erotiche”.
Le vite e le psicologie dell’uno e dell’altro maestro
sono un ammasso di “contraddizioni” – fanatismi, nevrosi, entusiasmi,
depressioni, autodistruzioni, autocelebrazioni. “seduzioni diaboliche”,
“attrazioni erotiche”,
Potere – Si vuole (dice) totalitario. Mentre non può esserlo, e lo sa: il potere
autoritario è autofagico - cannibalizza fino all’autofagia. Il potere al contrario
è flessibile, mutevole, adattabile. Nessuna analisi del potere è conclusiva
(p.es. Bottomore, Bertrand Russell, Talcott Parsons, Foucault): è un’analisi
delle forme del potere, mutevoli, adattabili. Il potere può essere duro, ma sempre
dev’essere pervasivo, insinuante, amichevole.
Si dice potere, e s’intende in realtà dittatura. Che
è comunque transeunte, adattabile cioè, e in forme diverse, politiche, militari
(la forza), religiose, comunicative.
È lo specchio opposto della libertà, che è dei più,
e sempre s’insinua, anche nelle società meno complesse.
Si esercita con l’esclusione, quindi da
connotarsi negativamente. Il potere più feroce è quello politico, che giudica e
squarta. Più determinato è nella forma religiosa. Il più furbo, naturalmente, è
quello economico, che calcola senza passione. Il più ingiusto è quello intellettuale,
o di genere.
Ma in sé non è demoniaco, e anzi si può dire divino.
Del divino ha l’essenza, la capacità di essere e di fare – che è sempre un
esercizio di potere, anche se non indirizzato a un soggetto suddito o dipendente.
Il potere si dice anche anarchico. Ma solo nel senso
che si frantuma: il potere è tanti poteri, fino ai contropoteri. Di fatto è
costruttivo: flessibile (frammentario), o mobile, ma costruttivo. Non si
costruisce, nella società, nella storia, se non attraverso il potere, esercitando
un comando, un potere - più o meno democratico (flessibile) nella sua gestione.
Il potere, nessun filosofo ci ha mai dato,
perché non c’è una cosa che è il potere. Fuori dalla razionalità, che appunto è
povera - ombre, un mondo sotterraneo di pensieri monchi. “Non potendo rendere
la giustizia forte, hanno giustificato la forza”, è come diceva Pascal.
Storia – “Tutta la storia è un falso, e per conseguenza è inutile”, Paul
Valéry.
“Il passato mi dà sempre angoscia, mi dà un senso di
imprigionamento”, P.P.Pasolini: “Quando il mondo sarà costretto a vivere in
modo nuovo, tutto ricomincerà” (intervista con Federico Rosso, “Politica e
territorio”, luglio-sett. 1974, ora in “Interviste corsare”): “Non ho
nostalgia… Non vorrei rivivere neanche cinque minuti del passato”. Detto da uno
scrittore e intellettuale che lamentava sempre e soprattutto il presente. Il presente
come abbandono del passato, sradicamento, è forse una pointe da intervista
- il bisogno di risollevare a tratti l’attenzione. Ma, in ipotesi, è possibile,
e anzi logico, perché il passato – la storia, la conoscenza - dovrebbe liberare
(arricchire, spiegare) e non opprimere. Il risveglio all’alba da primo uomo
perché non sarebbe l’esercizio della libertà, radicale?
Tolleranza – Sta spesso per verità, per evitarsi di esaminare (accertare-accettare)
la verità. O della verità come indulgenza (generosità, concessione, regalo). In
questo senso Pasolini polemista poteva dire (a Dacia Maraini, “L’Espresso”22
ottobre 1972): “La tolleranza è l’aspetto più atroce della falsa democrazia”. Subito
dopo avere esplicitato, senza rilevarlo, un fatto storico: “È la tolleranza che
crea i ghetti”.
Viaggio – È un’estensione di sé. E una forma di socialità. O è solo un moto
compulsivo, da dromomania? Ci sono anche viaggi celebri di sedentari, ma sempre
in moto con la fantasia, stanno a casa ma non ci sono.
Il viaggio per eccellenza, il primo, omerico, è l’una
e l’altra cosa. È un viaggio di ritorno ma non in linea retta, e per il tratto
più breve: è come se Ulisse dovesse tornare, e lo volesse anche, ma svogliatamente,
ritardando l’evento. Nello stesso tempo è un viaggio che arricchisce, di
fantasie, avventure, novità, curiosità, storie, piccole e grandi.
È dromomania stanziale anche la curiosità per l’altro,
per l’estraneo. Specie in questa epoca di migrazioni, in cui il sopravveniente
è più speso remoto e diverso, sotto tutti gli aspetti, fisici e culturali (lingua,
linguaggi, sentimenti, sensazioni, modi). Mentre succede a emigrati di lunga
data, emigrati definitivi, di restare (volersi) incistati nel gruppo o area di
provenienza, paese, città, lingua, cucina, abbigliamento perfino.
zeulig@antiit.eu
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