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Arte
e dittatura –
L’arte sostituisce la religione, nel processo di secolarizzazione in corso. È la
premessa di Todorov, “Avanguardie artistiche e regimi totalitari” (conferenza a
Siena, 23 novembre 2007, al dottorato in Antropologia, Storia e Teoria della
Cultura). In cui però non parlerà di avanguardie, ma di dittatori, Mussolini,
Hitler e Stalin, e di arte - che è l’Assoluto, si può aggiungere, di cui
l’assolutismo si nutre, dal primo re all’ultimo aristocratico, da Augusto ai
papi e ai principi (ai marchesi se non ai baroni, ancora legati all’accumulo).
Todorov
esamina in dettagli i casi di Mussolini - “Il popolo italiano in questo momento
è una massa di minerale prezioso. Un’opera d’arte ancora possibile. Occorre un
governo. Occorre un uomo. Un uomo che abbia il tocco delicato dell’artista e il
pugno di ferro del guerriero”, “Popolo d’Italia”, novembre 197. Di Hitler. E di
Stalin.
A
Mussolini, come si sa, l’opera riuscì male perché l’Italia non era di marmo. “È
la materia che manca”, confida al genero Ciano poco prima di mandarlo a morte:
“Lo stesso Michelangelo ha avuto bisogno del marmo per le sue statue. Se avesse
avuto a disposizione soltanto dell’argilla, non sarebbe stato altro che un
ceramista”.
Hitler,
di suo “pittore” e “architetto”, ha vissuto nel mito di Wagner, dell’arte
“religione vivente rappresentata”. Curiosamente, va rilevato, Wagner abbandona
presto gli interessi politici, per consacrarsi all’arte, Hitler fa l’inverso.
Ma sugli stessi presupposti, come Wagner li delinea in “L’arte e la rivoluzione”
e “L’opera d’arte del futuro”: “L’obiettivo supremo dell’uomo è l’obiettivo
artistico”, “l’arte è la più elevata attività dell’uomo”, l’arte autentica è la
libertà più alta” e la parola che sarà al cuore dell’hitlerismo, il popolo:
“Chi sarà l’artista del futuro? Il poeta? L’attore? Il musicista? Lo scultore?
Diciamolo con una parola sola: il popolo”. L’artista Hitler si fa il compito di
creare il “nuovo popolo tedesco”. Col razzismo, la propaganda, l’eugenetica.
Stalin,
che tanti poeti ha voluto eliminati, pure s’intratteneva con loro: li chiamava,
a volte li ascoltava anche. Era scrittore egli stesso, di teorie politiche, “Il
materialismo dialettico e il materialismo storico”, “Il marxismo e la questione
nazionale” - le “opere complete” di Stalin edizioni Rinascita prendevano undici
volumi, con testi da l titolo “Per una vita bella e felice”, “Il socialismo e
la pace”. E gli scrittori definiva “ingegneri dell’animo umano”.
Pasternak
gratificherà Stalin, il primo gennaio 1936, in pieno tempo di “purghe”
politiche, di un poema, “L’artista”, che ne fa uno dei due poli della storia,
il potere, l’altro essendo la poesia: la storia è “una fuga a due voci”, la
poesia e il potere, “due principi estremi che sanno tutto l’uno dell’altro”. Pasternak
aveva un debito con Stalin: quando gli avevano arrestato l’amico del cuore Mandel’stam,
aveva protestato scrivendo a Stalin, e Stalin lo aveva esaudito, facendo
liberare il grande studioso e poeta – salvo ostracizzarlo nuovamente due anni
dopo, nel 1938.
Il
dittatore come artista è anche questa, seppure incidentale, intuizione o ipotesi
di Walter Benjamin: “Il fascismo tende in modo del tutto naturale a una
estetizzazione della vita politica… La risposta del comunismo è di
politicizzare l’arte”.
Descartes
–
O della ragione fatta di sogno. Valéry, suo costante ammirato fedele, gli ha
dedicato una biografia intellettuale, “Descartes”, dove raccoglie riflessioni e
intuizioni di una vita, (“sulla personalità forte e temeraria del grande
Descartes”, dice, “la cui filosofia ha forse meno valore per noi dell’idea che
ci presenta di un magnifico e memorabile Io”). Che sintetizza così: Descartes
fa il voto di andare in pellegrinaggio alla Madonna di Loreto per ringraziare
Dio di avergli rivelato personalmente un sistema che consente di fare a meno di
Lui, grazie al metodo delle idee chiare e distinte ricevuto in sogno come un
dono divino, in tre sogni successivi, oscuri e confusi”.
Descartes
sogna il metodo la notte di san Martino del 1619, tra il 10 e l’11 dicembre,
mentre è in accantonamento a Ulm, con l’armata cattolica che in primavera, alla
battaglia della Montagna Bianca presso Praga, detronizzerà il re eretico di
Boemia Federico V, il padre di Elisabeth di Boemia, la prima Principessa
Palatina grafomane, futura corrispondente di Descartes.
La
notte di san Martino si può dire ha formato Descartes: l’anno prima gli ha
fatto conoscere a Breda, dove era arruolato col principe di Orange, il medico
matematico Isaac Beckman, che lo introduce alla matematica e al metodo
scientifico.
Erlebnis
–
Herr Leibniz? Zu leben, vivere? la “filosofia tedesca” ha molte risorse.
Futuro
– È
sempre ignoto. Anche quando è prevedibile, ora con l’intelligenza artificiale,
in grado di processare miliardi di componenti, diversamente che in passato, per
un accesso più completo e più critico agli archivi (alla storia), e con i
progressi della scienza economica, della terapeutica, della tecnologia nel suo
insieme. Perché la realtà è complessa – la complessità è il “sistema”
dell’universo. Nel suo essere oggi, e a maggior ragione in prospettiva, che è
di per sé mutevole. Anche nei de tini più segnati: il reale si può definire con
più ragione l’imprevedibile. Anche nelle azioni causa-effetto obbligate: ogni
evento si caratterizza per sé, anche nella ripetitività più semplice, nella
“meccanizzazione” più precisa.
Imperialismo –
È opera di governo – diplomatica, militare. Ma è materia popolare: si
giustifica col popolo, e ne viene giustificato. Un rapporto attestato nel jingoismo,
nell’analisi tuttora centrale di Hobson, 1902, al culmine dell’imperialismo. O
nel colonialismo francese, col trapianto volontario di larghe masse di
popolazione, specialmente in Indocina e in Nord Africa. Il marchese de Custine
lo rilevava nelle “Lettere dalla Russia”, 1839, dove lo dice “un’ambizione
sfrenata e immensa”, “legge sovrana di questa nazione, essenzialmente
conquistatrice” – intende della Russia. Di un imperialismo “che non può
germinare che nell’animo degli oppressi e nutrirsi che della disgrazia di una
nazione intera, la quale, avida a forza di privazioni, espia d’anticipo in sé,
con una sottomissione avvilente, la speranza di esercitare la tirannia in casa
d’altri”.
Laicismo
–
Si può dire la base del dialogo delle fedi – il laicismo come trionfo della
“vera” religione, del vero spirito religioso.
Il
laicismo è l’antitesi della fede nel sentito comune, confuso con l’anticlericalismo.
O, in senso più lato, con l’ateismo, l’irreligiosità. Nella tradizione italiana
laica, di Croce a Bobbio, ma anche altrove, vedi Max Weber, è rispetto per ogni
convinzione, e al più rigetto di ogni idolatria.
C’è
un laicismo anche in campo religioso, dove opera la distinzione tra ciò che è
dimostrabile razionalmente e la fede.
Laica
è la tolleranza. L’intolleranza può essere, oltre che integralista, di una
qualsiasi religione o pensiero, anche laica – c’è un integralismo laico, la
faziosità laicista non è laica.
Materia
–
“Ma cosa strana, stupefacente!”, si meraviglia a un certo punto, è una delle
sue prime scoperte, da ragazzo il matematico Strum, uno dei personaggi di
“Stalingrado”, l’epopea della città nel 1942 di Vassilij Grossman: “È proprio
in questo regno sordomuto dei quantum e dei protoni che si nascondeva l’essere
supremo della materia del mondo”. Materia sempre oscura.
Sotto
la forma della complessità, e dell’“infinitamente” piccolo c’è il buco nero,
forse in senso proprio, della scienza: derivare l’essere dal non essere.
Spirito
–
“Lo spirito somiglia a una mosca dentro la bottiglia che si credesse padrona di
un orizzonte illimitato”, Jünger, “Trattato del ribelle”.
Storia
–
Il viaggio, scrive il marchese de Custine, viaggiatore compulsivo, è “la storia
analizzata nei suoi risultati”.
Anche
la storia delle cause si fa (si analizza) sui suoi risultati. La storia è di
Croce, contemporanea.
zeulig@antiit.eu
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