mercoledì 8 giugno 2022

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (494)

Giuseppe Leuzzi


Il divario cresce con la Repubblica 1 - lo stato dell’arte
La mostra al Maxxi di Roma del grande fotografo veneziano Gianni Berengo Gardin, in attività per sessant’anni, dai secondi anni 1950, “L’occhio come mestiere”, mostra curiosamente che nelle campagne e nei borghi non c’era grande differenza di condizione e stato dell’arte fra le diverse aree come oggi. Fra le mondine di Vercelli e le falciatrici lucane, per esempio, tra il borgo semiabbandonto toscano e l’analogo siciliano. La differenza è cresciuta – è nata? – negli anni della Repubblica, post-boom anni 1960.
Si spiega in questa chiave anche il leghismo. Che non nasce con l’unità, è una sopravvenienza – Milano era diversa prima, riformista, quasi giacobina.
 
Il divario cresce con la Repubblica 2 - niente ricerca al Sud
La graduatoria dei dipartimenti universitari di eccellenza, appena resa nota dall’Anvur, l’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, per la suddivisione di 1,3 miliardi di contributi statali, lascia in corsa 350 dipartimenti dei quasi 800 che avevano fatto domanda di accesso ai fondi – i quali verranno suddivisi, dopo una ulteriore scrematura, fra 180 dipartimenti: come dire un dipartimento su cinque in concorso. È un concorso astruso, nel senso che non sono noti i criteri di valutazione, e non sono spiegate le graduatorie. Meglio, il criterio di valutazione c’è, si chiama Ispd, Indicatore Standardizzato di Performance Dipartimentale, che però lascia senza parole per l’elusività – è leggibile sul sito Anvur: non ci si capisce niente. E l’Anvur si rifiuta di spiegarlo.
Che c’entra il Sud? Il concorso ha un precedente, del 2017, i cui esiti il sito roars.it è riuscito a procurarsi malgrado la segretezza. Scoprendo che il miliardo e trecento milioni di cinque anni fa sono andati ai dipartimenti universitari del Nord, con l’eccezione della Liguria, con l’esclusione praticamente dei dipartimenti del Sud. Le percentuali sono altissime, per alcune regioni del Sud, dei dipartimenti giudicati a Ispd zero: in Sicilia per il 51 per cento, uno su due, in Puglia il 39, che pure ha università emerite, come Bari e Lecce, in Calabria, sede della prestigiosa Unical, il 32 per cento, in Sardegna il 26. Mentre l’inverso si registra per i dipartimenti del Nord: nessun dipartimento escluso in Veneto, Trentino-Alto Adige e Umbria, in Emilia-Romagna solo l’1 per cento, il 2 per cento in Piemonte, il 5 in Friuli-Venezia Giulia.
All’apparenza una discriminazione. Che però non è un sospetto: lo conferma l’assoluto diniego, sia dell’Anvur che del Miur, di spiegare i criteri della scelta. Cioè l’assoluta non trasparenza della valutazione. Di cui si capisce l’arbitrarietà leggendo appunto l’Ispd, l’Indice su cui l’Anvur avrebbe effettuato le valutazioni – una lettura senza senso, forse uno scherzo.
Uno scandalo talmente grossolano che se ne fa bandiera perfino Gian Antonio Stella, colonna antisudista del “Corriere della sera” – lo stesso che lo stesso articolo ieri su questa storia chiude al veleno, con i “corsi siciliani” di formazione (nulla a che vedere con le università) “per «baristi acrobatici» o esperti di merletto macramè” (e oggi si riproduce imputando alla Regione Sicilia - cioè, sottintende, alla corruzione - l’impoverimento relativo dell’isola nel dopoguerra: nel 1951, “quando sulle Madonie grandi auto e grandi piloti si contendevano la Targa Florio, l’intero Pil siciliano era un ottavo di quello italiano, oggi è un ventesimo. Come mai? Lo sanno tutti”): “È mai possibile che su 119 dipartimenti esclusi per «Zero tituli», per dirla con Mourinho, ben 72 siano nel Sud e nelle isole? Con la Sicilia che arriva a 25 stroncature avvilenti, cioè quasi il doppio di tutto il Nord messo insieme”.
L’abuso, curiosamente insindacabile in un governo che si presume parlamentare, potrebbe essere politico. Come l’energia (Eni, Enel, Eena, etc.), la ricerca (Cnr, Anvur, Miur, Infn, etc.) è saldamente democristiana, con la breve parentesi di Fabio Mussi al Miur nel secondo breve governo Prodi, 2006-2008. Con prevalenza Pd rispetto ai vecchi Dc poi berlusconiani: con le infaticabili Moratti, Gelmini, Massa, Carrozza, et al. E allora è una manovra, una delle tante, per riconquistarsi il Nord leghista-berlusconiano. Oppure è semplicemente un riflesso condizionato, di tecnocrati pazzi che si nascondono sotto ricette segrete – l’Ispd, va ripetuto, merita una lettura. Comunque una pratica talmente scandalosa, contestabile sia in sede amministrativa che penale, da meritarsi una denuncia non da Palermo o da Bari, dagli esclusi, ma da Pavia. Da un ordinario di Modelli e Analisi dei Dati, il professore Giuseppe De Nicolao. Originario di Padova, di famiglia bellunese.
De Nicolao è un esperto del settore, animando dal 2013 un osservatorio sui “ritorni” degli investimenti scolastici e per la ricerca, al sito roars.it. Dove parla di “alchimie numerologiche pseudoscientifiche”.
 
Un altro Sud
La Francia avrebbe tutti i titoli per una “questione meridionale”. Da sempre uno Stato accentrato e accentratore, a fronte, al Sud, di una lingua diversa e una cultura complessa, provenzale, italiana, spagnola. L’Occitania era più che un’utopia per Simone Weil, parigina, ancora nel 1942. Il movimento occitano è stato effervescente ancora negli anni 1970-1980.
La storia è diversa. La Francia, Stato continentale, arriva tardi e svogliato al Sud. Del divario economico non si cura - ma in Francia è più forte col Nord (quello di “Benvenuti al Nord”, il film cult che in Italia è diventato “Benvenuti al Sud”, come a dire sempre “strano”, diverso). Ma non c’è stato vittimismo e non c’è nemmeno revanscismo. Il Sud della Francia ha avuto anche le mafie, negli anni 1950-1960 i “Marsigliesi” dominavano il malaffare in Europa. Se ne è liberata. Ha rifatto Marsiglia – letteralmente, l’ha ricostruita a parte. Il Sud ha i suoi usi, perfino la corrida, e le sue fabbriche. Si sa gestire. E non ha bisogno di polemizzare.
 
Nel primo Rapporto Censis sulla Transizione Ecologica, in tutte le quattro categorie di centri urbani rilevati, Citta metropolitane, Province con più di 500 mila abitanti, Province tra i 300 mila e i 500 mila abitanti, e province con meno di 300 mila abitanti, per il contesto Imprese (“investimenti green dal 2016 a oggi”) vengono per prime le province meridionali. Messina, Reggio Calabria e Bari per le Città metropolitane. Taranto, Salerno e Foggia per il secondo gruppo. Catanzaro, Trapani e Potenza per il terzo. Nuoro, Crotone e L’Aquila per il quarto.
Il tessuto industriale naturalmente è debole, in queste come nelle altre province meridionali, e l’incidenza di queste aziende nel complesso nazionale resta minimo. Però, gli indici certificano che non sono le idee né l’iniziativa che difettano al Sud, insieme con l’aggiornamento, con l’attenzione a come il mondo va, cioè l’essenza dell’imprenditoria: intelligenza e iniziativa. Manca il complesso, difficile da creare e far maturare in un mercato globale, le cui “catene di valore”, catene produttive, portano sempre più lontano. E manca l’infrastruttura – fare rete, averne i mezzi: manca la politica, il governo pubblico dell’economia, sia pure nell’aspetto minimo, comunicazione (stradali, ferroviarie, digitali), burocrazia intelligente, scuole, sanità.
 
Il grottesco del Sud
A 31 anni, appena diventata un nome nella letteratura americana, Flannery O’Connor deve difendersi in un saggio, “Alcuni aspetti del grottesco nella letteratura meridionale” (poi incluso in “Mistery and Manners”, la raccolta tradotta come “Un ragionevole uso dell’irragionevole”, non più disponibile – l’originale si può leggere online), dal “grottesco” di essere etichettata meridionale, in quanto scrittrice. Anche perché il southern si lega in America, alla degeneracy, alla perversione: “Quando ho cominciato a scrivere, la mia speciale bête noire era questa entità mitica, la Scuola della Perversione Meridionale. Dovunque sentivo di Scuole della Perversione Meridionale”.
Collocata dai critici nella “scuola” del “grottesco meridionale” (Poe, Faulkner) o della “degenerazione meridionale” (Truman Capote, Carson McCullers), Flannery O’Connor reagiva. Anche se la connotazione è – era all’epoca, 1960 – un segno di distinzione, nella generale piattezza delle lettere americane: “Critici e lettori…. associano il solo materiale legittimo dei romanzi al movimento delle forze sociali, al tipico, alla fedeltà ai modi come le cose appaiono e avvengono nella vita normale”. Solo che, se si tratta di uno scrittore del Sud, la sua normalità è, “in senso peggiorativo, il grottesco”. Commentando, caratteristicamente: “Naturalmente, ho scoperto che qualsiasi cosa viene dal Sud sarà chiamata grottesca dal lettore settentrionale, a meno che non sia grottesca, nel qual caso sarà chiamata realistica”.
Ma, fuori dell’irritazione, con affascinanti intuizioni. “Ogni qualvolta mi si chiede perché gli scrittori del Sud hanno la tendenza a scrivere di freaks, di personaggi strani, rispondo che è perché siamo ancora capaci di riconoscerne uno. Per essere capace di riconoscere un personaggio strano devi avere qualche concetto dell’insieme uomo, e al Sud il concetto generale dell’uomo è ancora, nel complesso, teologico. Questa è una vasta affermazione, ed è pericoloso farla, perché qualsiasi cosa sulla fede al Sud può essere negata al prossimo con la stessa giustezza. Ma approcciando l’argomento dal punto di vista dello scrittore, penso sia possibile dire che, mentre il Sud è difficilmente Cristo-centrato, è quasi certamente Cristo-ossessionato. Il meridionale che non ne sia conscio, ha comunque paura di poter non essere stato formato nell’immagine e somiglianza di Dio. I fantasmi possono essere molto feroci e istruttivi. Fanno strane ombre, particolarmente nella nostra letteratura. In ogni caso, è quando il freak può essere sentito come una figura per il nostro spiazzamento essenziale che raggiunge qualche profondità in letteratura”.
O ancora: “Lo scrittore meridionale è obbligato da tutti i punti di vista a estendere il suo sguardo oltre la superficie, oltre i meri problemi, finché non tocca il mondo che è il tema di profeti e poeti”.
È il piccolo segreto di Camilleri, che è sfuggito al cappio delle mafie. Pur scrivendo (prevalentemente) dei polizieschi, in terra di mafia.


leuzzi@antiit.eu

Nessun commento:

Posta un commento