Camilleri maccheronico
Sei
racconti di Montabano dispersi. Quattro in varie antologie Sellerio, “Capodanno
in giallo”, “Ferragosto in giallo”, “Un anno in giallo”, “Una giornata in
giallo”. Uno, “Il figlio del sindaco”, in edizione fuori commercio riservata ai
clienti del fu Unicredit Private Banking. Il più impegnativo, a cui Camilleri
molto teneva, che lo ha ripubblicato in vari luoghi, è stato scritto per la rivista
di quartiere cui lo scrittore era affezionato, “Il nasone di Prati”: racconta
di Montalbano comandato a Roma, vuole rifare Hitchcock, ed è il più debole dei
sei: un po’ di voyeurismo e nessuna sorpresa, fiacco anche nel ritmo, si ha costantemente
l’impressione di trovarsi in un film peplum,
di quelli americani sugli antichi romani con l’orologio al polso.
Un
Montalbano fumatore. Zitellone più del necessario. Per niente bravo (astuto,
coraggioso, appassionato), solo fortunato. Solo, senza comprimari. Con una nota
molto lusinghiera di Salvatore Silvano Nigro. Ma un’insalata senza l’aceto,
insapore, di aneddoti anche deboli-
I
racconti si leggono per la lingua, il linguaggio. Che non è il dialetto
siciliano. E questa è la chiave del “mistero Camilleri”, del suo fascino. Anche
quello di Verga è un siciliano “scritto”, d’autore. Ma ne ha le cadenze, e ne
riflette la psicologia – le lingue hanno una psicologia. Quello di Montalbano
è, s’immagina, quello di Camilleri che dialoga con se stesso, dentro e fuori
Porto Empedocle, dove alla fine avrà vissuto solo una ventina dei suoi 94 anni,
anche se saporosi. Una lingua personale, un po’ maccheronica, come quella di
Folengo. Sarà interessante vedere se resiste nel tempo.
Andrea Camilleri, La coscienza di Montalbano, Sellerio, pp. 257 € 14
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