lunedì 20 giugno 2022

Il “barone” americano di Calvino

In occasione di una mostra a Torino dedicata allo scultore italo-americano Salvatore Scarpitta, la rievocazione di un aneddoto che lo stesso Scarpitta ha più volte raccontato, anche nelle sue memorie. Che a undici anni, nel 1940, temendo l’ira del padre per qualche sua piccola magagna, si era appollaiato su un albero del pepe in giardino. E richiesto da un vicino giornalista che ci faceva lassù, disse: “Voglio battere il record della permanenza su un albero”, che era di 156 giorni. E sull’albero del pepe in giardino visse, sostenuto dai familiari e dalla curiosità di mezza America, per 602 ore, 25 settimane. Nel 1950, a suo dire, trovandosi a Roma, da Menghi a via Flaminia, che allora sfamava la metà dei letterati e artisti di Roma, la metà che non si sfamava da Cesaretto in via della Croce, avrebbe raccontato l’aneddoto anche a Calvino. Che sette anni dopo pubblicava “Il Barone rampante”.
Un aneddoto accettato per vero. Calvino aveva già in fieri “Il visconte dimezzato”, che pubblicherà qualche mese dopo l’incontro. E al “Barone” darà consistenza storica, una vita appesa all’albero in un periodo in cui l’Europa cambiava pelle, con la Rivoluzione francese, Napoleone, il Congresso di Vienna e la Restaurazione – ispirandosi peraltro a un suo grande amico, Libereso Guglielmi, botanico. E naturalmente la narrazione è di altro tenore che l’aneddoto – l’impuntatura e il record.
Rocco Moliterni, “Il vero Barone Rampante sono io”, “La Stampa”, 18 Ottobre 2012, free online 

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