Il “barone” americano di Calvino
In occasione di una mostra a Torino dedicata allo scultore
italo-americano Salvatore Scarpitta, la rievocazione di un aneddoto che lo
stesso Scarpitta ha più volte raccontato, anche nelle sue memorie. Che a undici
anni, nel 1940, temendo l’ira del padre per qualche sua piccola magagna, si era
appollaiato su un albero del pepe in giardino. E richiesto da un vicino giornalista
che ci faceva lassù, disse: “Voglio battere il record della permanenza su un
albero”, che era di 156 giorni. E sull’albero del pepe in giardino visse,
sostenuto dai familiari e dalla curiosità di mezza America, per 602 ore, 25
settimane. Nel 1950, a suo dire, trovandosi a Roma, da Menghi a via Flaminia,
che allora sfamava la metà dei letterati e artisti di Roma, la metà che non si
sfamava da Cesaretto in via della Croce, avrebbe raccontato l’aneddoto anche a
Calvino. Che sette anni dopo pubblicava “Il Barone rampante”.
Un aneddoto accettato per vero. Calvino aveva già in fieri “Il
visconte dimezzato”, che pubblicherà qualche mese dopo l’incontro. E al “Barone”
darà consistenza storica, una vita appesa all’albero in un periodo in cui l’Europa
cambiava pelle, con la Rivoluzione francese, Napoleone, il Congresso di Vienna e
la Restaurazione – ispirandosi peraltro a un suo grande amico, Libereso Guglielmi,
botanico. E naturalmente la narrazione è di altro tenore che l’aneddoto – l’impuntatura
e il record.
Rocco Moliterni, “Il vero
Barone Rampante sono io”, “La Stampa”, 18 Ottobre 2012, free online
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