Se e quanto a lungo il dollaro rimarrà dominante?
Con tutto ciò che comporta di benefici per l’economia e la potenza politica
americana? “Il sistema monetario internazionale può essere alla soglia di un
cambiamento significativo, per una combinazione di forze economiche,
geopolitiche e tecnologiche. Ma è una questione aperta se queste forze
butteranno il dollaro giù dal suo piedistallo come moneta internazionale dominante”.
Il professor Prasad, maestro di Economia
Internazionale alla Cornell, e alla Brookings Institution, americano di origine
indiana, non è di logica baconiana, per cui un cosa non è un’altra: “indianamente “ dice che può essere l’una
cosa e l’altra. Ma il problema si pone, oggi come cinquant’anni fa – il dollaro
era in fase acuta di crisi. Allora furono inventati i Diritti Speciali di
Prelievo, un asset teorico, una nozione di riferimento. Oggi invece non
è in gioco una invenzione burocratica, di manager di banche centrali, ma un
insieme di forze, economiche e politiche. Che Prasad elenca.
Il dollaro è dominante. Poco meno del 60 per cento
delle riserve in valuta delle banche centrali del mondo è in dollari – i “fondi
ombrello”. Tutti i contratti commerciali di materie prime sono denominati e
pagati in dollari. Il dollaro è in uso per denominare e regolare la maggior
parte delle transazioni finanziarie internazionali. Ma il peso dell’economia
americana nella produzione mondiale è in calo: era il 30 per cento del pil
globale nel 2000, è ora il 25 per cento. E “l’emergere delle monete digitali,
sia private che ufficiali, sta scuotendo la finanza interna (americana, n.d.r.)
e internazionale”. Ci fanno ricorso anche molti Stati, e almeno quatttro banche
centrali le sperimentano: Cina, Hong Kong, Thailandia e Emirati.
La digitalizzazione monetaria è preferita perchè
rende le transazioni immediate e annulla i rischi di cambio. Costa anche meno –
specie per le rimesse degli emigranti, una parte sempre più cospicua del mondo.
E presto renderà possibile il commercio inter-Stati senza ricorrere al dollaro
- “Cina e India, per esempio, presto non avranno più bisogno di scambiare le
loro monete in dollari per commerciare senza costi eccessivi: potendo scambiare
renminbi e rupie direttamente costerà anche meno”. Insomma, “la posizione del
dollaro come «moneta veicolo» declinerà”.
Ma. Ma non bisogna sopravvalutare il ricorso delle
banche centrali alle valute digitali. Non quello della banca centrale della
Cina, che sta sperimentando un renmnbi digitale. Questo, se anche funzionasse,
non vuol dire che il resto del mondo, specie in Asia, si acconcerà al renminbi.
E poi, non digitalizza anche l’America, privati e banca centrale? E così via.
Di ma in ma, si arriva alla conclusione che il dollaro è ancora forte, e che
sarà difficile scalzarlo. Non sarebbe neanche nell’interesse del resto del
mondo. E questa è la “trappola del dollaro”. Gli investitori stranieri,
comprese le banche centrali, posseggono 8 mila miliardi di debito pubblico
americano. Il debito finanziario degli Stati Uniti col resto del mondo è di 53
mila miliardi. Se il dollaro perde valore, questo non costa nulla agli Stati
Uniti, ma ai detentori del debito sì. Cina inclusa. Gli invesutori americani,
al conttario, detengono in investimenti all’estero circa 35 mila miliardi di
dollari: un apprezzamento delle valute straniere nei confornti del dollaro
significherebbe che i loro investimenti si apprezzano se convertiti in dolari.
La conclusione è che “il dollaro potrebbe scivolare, ma continuerà a
governare”.
Il giorno dopo la pubblicazione del saggio sul
trimestrale del Fondo Monetario Internazionale, la Cina ha riunito a Pechino i
Brics, Brasile, Russia, India e Sud Africa, con la proposta concreta, senza
veli diplomatici, di scalzare il dollaro dall’egemonia commerciale e
finanziaria. E in genere la Cina funziona così, baconiana: dice una cosa e poi
la fa – non improvvisa per la propaganda, un enunciato è un programma, studiato
e adottato.
Il paniere di valute di riferimento che il
presidente cinese Xi ha prospettato ai suoi interlocutori sembra un calco dei
Diritti Speciali di Prelievo, un basket delle valute dei Brics. Se
funzionasse tra Cina e Russia, come si è cominciato a provare per il petrolio,
forse uscirà dalla teoria.
Eswar Prasad,
Enduring Preminence, “Imf
Financial and Development Magazine”, free online
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