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Il mondo com'è (447)
astolfo
Catòblepa – S’incontra leggendo di Gide il “Viaggio al Congo”, del 1927, un riferimento a un animale mai sentito, catòblepa, che allo scrittore viene in mente trovandosi di fronte a qualcuno che non gli piace – i coloni in genere non gli piacevano, mezzo affaristi e mezzo razzisti: “Mi sento come sant’Antonio che riflette sulla stupidità del catoblepa” – “la sua stupidità mi attira”.
È un animale leggendario, inventato da Plinio il Vecchio e ripreso da Eliano, come di ambito africano, quadrupede, col collo lungo e la testa pesante, che tendeva ad abbassare a terra – donde il nome, che è greco greco: καταβλέπω è “guardo verso il basso, guardo a terra”. Secondo Plinio era dotato di uno sguardo fulminante, un potere che però non esercitava dato che lo trascinava per terra.
A parte Gide, dimenticato. Ma non
da Elio e le Storie Tese, nell’album “Italian, Rum Casusu Cikti”, i servi della gleba, del 1992. E da Fabrizio Barca, l’economista che fu
ministro per il Sud del governo Monti dieci anni fa, per criticare lo Stato “occupato”
dai partiti politici. Memore probabilmente del presidente emerito della Banca
Commerciale, nonché mecenate culturale e letterario, Raffaele Mattioli, che nel
1962 parlò di “catoblepismo” a proposito degli intrecci perversi tra industria
e banche che avevano portato alla crisi bancaria del 1932 – gli stessi che hanno
portato qualche anno peraltro alla crisi delle banche venete, l’Antonveneta e la
Popolare di Vicenza, spolpate dai grandi azionisti.
Pacto de olvido – L’accordo tra le forze
politiche e le istituzioni spagnole che ha retto la transizione dal franchismo
alla democrazia è stato abbandonato dopo quarant’anni, nel 2007 da una Legge
della Memoria Storica che condanna il franchismo. Il patto, firmato nel 1977
dal primo governo postfranchista, presieduto da Adolfo Suárez, con le forze
parlamentari, ufficialmente “Patti della Moncloa”, aveva garantito una sorta di
pace civile, ma a aveva anche come cancellato il passato, ma aveva coperto
anche impunità, ancora perseguibili.
Da
inizio millennio varie associazioni erano sorte per un ritorno della memoria.
In particolare la Asociaciόn para la
Recuperaciόn de la Memoria Histόrica, del
sociologo Emilio Silva, per il recupero
dei corpi delle vittime della repressione franchista rimaste senza nome
in fosse comuni. Che è il tema dell ’ultimo film di Almodovar, “Madres
paralelas”. La Ley de
Memoria Histόrica (Ley 52/2007, por la que se
reconocen y amplían derechos y se establecen medidas a favor de quienes
padecieron persecución o violencia durante la guerra civil y la dictadura), che
pone fine alla tregua, è stata approvata nel dicembre del 2007.
Nel contempo il governo spagnolo, presieduto dal socialista
Zapatero, annunciava di voler rivedere restrittivamente il Concordato firmato
nel 1979, nel quadro del “parto de olvido”. Mentre, però, il Vaticano di papa
Giovanni Paolo II procedeva a una rivendicazione di “resistenza” contro le
persecuzioni della Repubblica spagnola, e poi delle milizie durante la guerra
civile. Nel nome dei tanti trucidati solo per essere chierici o anche solo
fedeli della chiesa, preti, frati, suore, e anche giovani laici.
La domenica 28 ottobre 2007 papa Woytiła proclamò beati 498
“martiri” spagnoli, vittime della seconda Repubblica (1934) e della guerra
civile (1936-37): due vescovi, 24 sacerdoti diocesani, un diacono, un
suddiacono, un seminarista (di sedici anni, aspirante salesiano), sette laici,
e 462 membri di congregazioni religiose – in prevalenza agostiniani (98),
domenicani (62) e salesiani (59). In alcuni casi vittime di stragi – la più
numerosa al convento dei Carmelitani di Toledo: all’inizio della guerra civile,
nel luglio 1936, i miliziani presero il convento e uccisero a uno a uno i 16
religiosi che lo abitavano.
Il governo Zapatero fece finta di nulla, mandando a Roma, per la
beatificazione in piazza San Pietro, il ministro degli Esteri, Angel Maria
Moratinos. Ma quella era l’ultima cerimonia di beatificazione di vittime della
guerra civile in Spagna di una serie che Giovani Paolo II aveva voluto: altre
undici l’avevamo preceduta, con la beatificazione di 465 religiosi e civili
spagnoli uccisi dai miliziani.
Alla cerimonia del 28 ottobre 2007 in piazza San Pietro
presenziava anche il deputato socialista, e uno degli autori della Legge sulla
Memoria che andava allora in votazione, José Andres Torres Mora, il cui prozio,
il diacono ventiquattrenne Juan Duarte Martin, era stato protagonista nella
stampa spagnola della precedente beatificazione: il giovane, di Malaga, era
stato torturato nel luglio del 1936 dai miliziani con scariche elettriche,
perché rinnegasse la fede e gridasse viva il comunismo!” – così recitava la
causa di beatificazione della Conferenza Episcopale spagnola (un dossier di 500
pagine). Torture a cui il giovane invariabilmente rispondeva: “Viva Cristo
Re!”.
Waffen SS – Le SS
combattenti, inquadrate nella Wehrmacht, furono in grande parte costituite da
volontari, dei paesi occupati – tra essi molti ucraini, il precedente che è
all’origine della prima propaganda russa, il curioso appellativo di “nazisti”
riferito agli ucraini che Mosca stava attaccando.
C’erano mezzo
milione di stranieri, dai baltici ai turcomanni, nella Wehrmacht e le SS alla
fine della guerra. Nel ‘44, a guerra praticamente perduta, su
910 mila Waffen SS, oltre la metà erano non tedeschi – con una larga
partecipazione anche dei “tedeschi etnici” (Volksdeutsche), le popolazioni
tedescofone di Romania, Repubblica Ceca, Jugoslavia – non dei Volksdeutsche di
Russia, che stanno sul Volga, quindi sono venuti a contatto con l’esercito
tedesco.
Combattenti regolarmente inquadrati: ai sopravvissuti la
Germania Federale ha pagato le pensioni di guerra, con complesse procedure –
eccetto che ai polacchi e agli ucraini, i cui rispettivi governi non hanno
attivato la procedura per opportunità politica. E regolarmente operativi, anche
se alcuni gruppi si distinsero in operazioni di polizia, contro gli ebrei, con esecuzioni
in massa (i baltici), e nella caccia ai partigiani (ucraini), anche in Italia,
ma specialmente in Russia.
Il fatto non è
molto studiato, e le cifre che se ne danno sono approssimate. Tuttavia, danno
un’idea del volontariato europeo a fianco della Germania di Hitler. Queste le
cifre considerate più attendibili dei volontari:
Olandesi 50.000
Cosacchi
50.000
Lettoni 35.000
Ucraini
30.000
Estoni
20.000
Italiani:
20.000
Croati:
20.000
Serbi:
15.000
Belgi:
14.000
Bielorussi
12.000
Danesi
11.000
Francesi
8.000
Norvegesi
6.000
Volksdeutsche (per regione di origine)
Ungheria
80.000
Cecoslovacchia
45.000
Croazia
25.000
Europa
occidentale 16.000
Romania
8.000
Polonia
5.000
Serbia
5.000
Baltici
e ucraini vennero impiegati anche sul fronte russo. Con meno fortuna i baltici
contro Leningrado, con più successo gli ucraini al Centro-Sud, dove stavano per
attraversare il Volga e dilagare fino agli Urali – la battaglia di Stalingrado.
Volontari oppositori della Russia di Stalin, i baltici e gli ucraini, più che
per vocazione fascista (ma in Ucraina questa componente resta forte): i piani
di Stalin avevano prodotto spopolamento e perfino la carestia nell’ubertosa
Ucraina. L’Ucraina si segnalò anche per avere dato una svolta alla campagna di
reclutamento volontari delle SS, candidandosi in numero elevato - i russi
dicono in 300 mila, dieci volte il numero che si considera attendibile degli
effettivi ucraini. Inoltre, resta forte in Ucraina il reducismo, anche a
distanza di due e tre generazioni, dei nostalgici di Hitler. Il 28 aprile, con
Kiev ancora sotto le bombe russe, alcune centinaia di persone (trecento secondo
il “Jerusalem Post”) hanno sfilato al centro della città, in una “Marcia del
Ricamo”, per celebrare il 78mo anniversario della fondazione della 1ma Galizia,
la 14ma divisione Waffengrenadier delle SS. Una celebrazione annuale, insieme
con simpatizzanti tedeschi, tenuta gli anni precedenti a Leopoli. Fino al 2000,
quindi dieci anni dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, la professione di
fascismo era proibita anche in Ucraina. Quell’anno i partiti nazionalisti
ottennero il riconoscimento di “eroi della patria” per alcuni
collaborazionisti, contro l’“imperialismo sovietico”.
I volontari
venivano inquadrati nelle SS, i volontari dei territori occupati, essendo una
forma di reclutamento e formazione che la Wehrmacht non contemplava. La campagna
SS di reclutamento in Europa occidentale, benché immediata, già nel 1940, e consistente,
non fu di grande successo. Tuttavia, la prima formazione fu composta, nel 1942,
la Nordland, con volontari norvegesi e danesi. L’Olanda fornì due legioni,
Flandern e Niederlande. Altre legioni furono fornite dai volontari belgi, la
Wallonie, ungheresi, e croati. La legione ucraina fu la N.1.
Col Piano Generale
per l’Est Hitler aveva pianificato nel ‘42 l’espianto degli slavi, polacchi,
ucraini, bielorussi e cechi, in buona parte amici dei tedeschi, destinazione la
Siberia. Questione di principio, di razza: con i semiti e i latini i tedeschi
disprezzano gli slavi. Senza distinzioni, tra russi e polacchi per esempio, o
tra i polacchi e i semplici “russi rossi” della Galizia e dei Carpazi. Gli
stessi russi che molto si aspettavano dai tedeschi, Stalin non eccettuato. Poi
andò diversamente.
astolfo@antiit.eu
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