lunedì 6 giugno 2022

Il mondo com'è (447)

astolfo


Catòblepa – S’incontra leggendo di Gide il “Viaggio al Congo”, del 1927, un riferimento a un animale mai sentito, catòblepa, che allo scrittore viene in mente trovandosi di fronte a qualcuno che non gli piace – i coloni in genere non gli piacevano, mezzo affaristi e mezzo razzisti: “Mi sento come sant’Antonio che riflette sulla stupidità del catoblepa” – “la sua stupidità mi attira”.

È un animale leggendario, inventato da Plinio il Vecchio e ripreso da Eliano, come di ambito africano, quadrupede, col collo lungo e la testa pesante, che tendeva ad abbassare a terra – donde il nome, che è greco greco: καταβλέπω è “guardo verso il basso, guardo a terra”. Secondo Plinio era dotato di uno sguardo fulminante, un potere che però non esercitava dato che lo trascinava per terra.

A parte Gide, dimenticato. Ma non da Elio e le Storie Tese, nellalbum “Italian, Rum Casusu Cikti, i servi della gleba, del 1992. E da Fabrizio Barca, l’economista che fu ministro per il Sud del governo Monti dieci anni fa, per criticare lo Stato “occupato” dai partiti politici. Memore probabilmente del presidente emerito della Banca Commerciale, nonché mecenate culturale e letterario, Raffaele Mattioli, che nel 1962 parlò di “catoblepismo” a proposito degli intrecci perversi tra industria e banche che avevano portato alla crisi bancaria del 1932 – gli stessi che hanno portato qualche anno peraltro alla crisi delle banche venete, l’Antonveneta e la Popolare di Vicenza, spolpate dai grandi azionisti.


Pacto de olvido – L’accordo tra le forze politiche e le istituzioni spagnole che ha retto la transizione dal franchismo alla democrazia è stato abbandonato dopo quarant’anni, nel 2007 da una Legge della Memoria Storica che condanna il franchismo. Il patto, firmato nel 1977 dal primo governo postfranchista, presieduto da Adolfo Suárez, con le forze parlamentari, ufficialmente “Patti della Moncloa”, aveva garantito una sorta di pace civile, ma a aveva anche come cancellato il passato, ma aveva coperto anche impunità, ancora perseguibili.
Da inizio millennio varie associazioni erano sorte per un ritorno della memoria. In particolare la Asociaciόn para la Recuperaciόn de la Memoria Histόrica, del sociologo Emilio Silva, per il recupero  dei corpi delle vittime della repressione franchista rimaste senza nome in fosse comuni. Che è il tema dell ’ultimo film di Almodovar, “Madres paralelas”. La Ley de Memoria Histόrica (Ley 52/2007, por la que se reconocen y amplían derechos y se establecen medidas a favor de quienes padecieron persecución o violencia durante la guerra civil y la dictadura), che pone fine alla tregua, è stata approvata nel dicembre del 2007.
Nel contempo il governo spagnolo, presieduto dal socialista Zapatero, annunciava di voler rivedere restrittivamente il Concordato firmato nel 1979, nel quadro del “parto de olvido”. Mentre, però, il Vaticano di papa Giovanni Paolo II procedeva a una rivendicazione di “resistenza” contro le persecuzioni della Repubblica spagnola, e poi delle milizie durante la guerra civile. Nel nome dei tanti trucidati solo per essere chierici o anche solo fedeli della chiesa, preti, frati, suore, e anche giovani laici.
La domenica 28 ottobre 2007 papa Woytiła proclamò beati 498 “martiri” spagnoli, vittime della seconda Repubblica (1934) e della guerra civile (1936-37): due vescovi, 24 sacerdoti diocesani, un diacono, un suddiacono, un seminarista (di sedici anni, aspirante salesiano), sette laici, e 462 membri di congregazioni religiose – in prevalenza agostiniani (98), domenicani (62) e salesiani (59). In alcuni casi vittime di stragi – la più numerosa al convento dei Carmelitani di Toledo: all’inizio della guerra civile, nel luglio 1936, i miliziani presero il convento e uccisero a uno a uno i 16 religiosi che lo abitavano.
Il governo Zapatero fece finta di nulla, mandando a Roma, per la beatificazione in piazza San Pietro, il ministro degli Esteri, Angel Maria Moratinos. Ma quella era l’ultima cerimonia di beatificazione di vittime della guerra civile in Spagna di una serie che Giovani Paolo II aveva voluto: altre undici l’avevamo preceduta, con la beatificazione di 465 religiosi e civili spagnoli uccisi dai miliziani.
Alla cerimonia del 28 ottobre 2007 in piazza San Pietro presenziava anche il deputato socialista, e uno degli autori della Legge sulla Memoria che andava allora in votazione, José Andres Torres Mora, il cui prozio, il diacono ventiquattrenne Juan Duarte Martin, era stato protagonista nella stampa spagnola della precedente beatificazione: il giovane, di Malaga, era stato torturato nel luglio del 1936 dai miliziani con scariche elettriche, perché rinnegasse la fede e gridasse viva il comunismo!” – così recitava la causa di beatificazione della Conferenza Episcopale spagnola (un dossier di 500 pagine). Torture a cui il giovane invariabilmente rispondeva: “Viva Cristo Re!”.
  
Waffen SS – Le SS combattenti, inquadrate nella Wehrmacht, furono in grande parte costituite da volontari, dei paesi occupati – tra essi molti ucraini, il precedente che è all’origine della prima propaganda russa, il curioso appellativo di “nazisti” riferito agli ucraini che Mosca stava attaccando.
C’erano mezzo milione di stranieri, dai baltici ai turcomanni, nella Wehrmacht e le SS alla fine della guerra. Nel ‘44, a guerra praticamente perduta, su 910 mila Waffen SS, oltre la metà erano non tedeschi – con una larga partecipazione anche dei “tedeschi etnici” (Volksdeutsche), le popolazioni tedescofone di Romania, Repubblica Ceca, Jugoslavia – non dei Volksdeutsche di Russia, che stanno sul Volga, quindi sono venuti a contatto con l’esercito tedesco.
Combattenti regolarmente inquadrati: ai sopravvissuti la Germania Federale ha pagato le pensioni di guerra, con complesse procedure – eccetto che ai polacchi e agli ucraini, i cui rispettivi governi non hanno attivato la procedura per opportunità politica. E regolarmente operativi, anche se alcuni gruppi si distinsero in operazioni di polizia, contro gli ebrei, con esecuzioni in massa (i baltici), e nella caccia ai partigiani (ucraini), anche in Italia, ma specialmente in Russia.
Il fatto non è molto studiato, e le cifre che se ne danno sono approssimate. Tuttavia, danno un’idea del volontariato europeo a fianco della Germania di Hitler. Queste le cifre considerate più attendibili dei volontari:
Olandesi 50.000
Cosacchi 50.000
Lettoni 35.000
Ucraini 30.000
Estoni 20.000
Italiani: 20.000
Croati: 20.000
Serbi: 15.000
Belgi: 14.000
Bielorussi 12.000
Danesi 11.000
Francesi 8.000
Norvegesi 6.000
Volksdeutsche (per regione di origine)
Ungheria 80.000
Cecoslovacchia 45.000
Croazia 25.000
Europa occidentale 16.000
Romania 8.000
Polonia 5.000
Serbia 5.000
Baltici e ucraini vennero impiegati anche sul fronte russo. Con meno fortuna i baltici contro Leningrado, con più successo gli ucraini al Centro-Sud, dove stavano per attraversare il Volga e dilagare fino agli Urali – la battaglia di Stalingrado. Volontari oppositori della Russia di Stalin, i baltici e gli ucraini, più che per vocazione fascista (ma in Ucraina questa componente resta forte): i piani di Stalin avevano prodotto spopolamento e perfino la carestia nell’ubertosa Ucraina. L’Ucraina si segnalò anche per avere dato una svolta alla campagna di reclutamento volontari delle SS, candidandosi in numero elevato - i russi dicono in 300 mila, dieci volte il numero che si considera attendibile degli effettivi ucraini. Inoltre, resta forte in Ucraina il reducismo, anche a distanza di due e tre generazioni, dei nostalgici di Hitler. Il 28 aprile, con Kiev ancora sotto le bombe russe, alcune centinaia di persone (trecento secondo il “Jerusalem Post”) hanno sfilato al centro della città, in una “Marcia del Ricamo”, per celebrare il 78mo anniversario della fondazione della 1ma Galizia, la 14ma divisione Waffengrenadier delle SS. Una celebrazione annuale, insieme con simpatizzanti tedeschi, tenuta gli anni precedenti a Leopoli. Fino al 2000, quindi dieci anni dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, la professione di fascismo era proibita anche in Ucraina. Quell’anno i partiti nazionalisti ottennero il riconoscimento di “eroi della patria” per alcuni collaborazionisti, contro l’“imperialismo sovietico”.
I volontari venivano inquadrati nelle SS, i volontari dei territori occupati, essendo una forma di reclutamento e formazione che la Wehrmacht non contemplava. La campagna SS di reclutamento in Europa occidentale, benché immediata, già nel 1940, e consistente, non fu di grande successo. Tuttavia, la prima formazione fu composta, nel 1942, la Nordland, con volontari norvegesi e danesi. L’Olanda fornì due legioni, Flandern e Niederlande. Altre legioni furono fornite dai volontari belgi, la Wallonie, ungheresi, e croati. La legione ucraina fu la N.1.
Col Piano Generale per l’Est Hitler aveva pianificato nel ‘42 l’espianto degli slavi, polacchi, ucraini, bielorussi e cechi, in buona parte amici dei tedeschi, destinazione la Siberia. Questione di principio, di razza: con i semiti e i latini i tedeschi disprezzano gli slavi. Senza distinzioni, tra russi e polacchi per esempio, o tra i polacchi e i semplici “russi rossi” della Galizia e dei Carpazi. Gli stessi russi che molto si aspettavano dai tedeschi, Stalin non eccettuato. Poi andò diversamente.

astolfo@antiit.eu

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