astolfo
Wiliam
Jennings Bryan
– È stato il socialista più eminente in America, pacifista, ammazzabanche, tre
volte candidato presidenziale, re dell’opinione pubblica se non del voto
presidenziale.
Nel 1925
il maestro Scopes fu condannato a Dayton, nel Tennessee, per avere insegnato a
scuola l’evoluzionismo. Il nemico del maestro Scopes (che comunque vinse in appello)
era William Jennings Bryan, uno dei pochi americani socialisti e pacifisti. Era
contro l’evoluzione perché era contro l’imperante darwinismo sociale, allora e
oggi imperante in America, quello dei ricchi e poveri per destino, dei signori
della guerra, e della sopravvivenza del più capace, impiantato da Spencer sulla
selezione naturale, il fatto che “la giustizia appartiene ai forti”.
Leggendo
nel 1905 “L’origine dell’uomo”
Bryan notò che Darwin può “indebolire la causa della democrazia e rafforzare
l’orgoglio di classe e il potere dei ricchi”. La ragione lo stesso Darwin la
spiega, che si disse “cappellano del diavolo”, volendo catalogare i misfatti
della natura, cappellano di tutti quelli per cui Dio non esiste perché c’è il
diavolo, c’è il male.
Great Commoner,
William Jennings Bryan era l’Uomo della Strada, per il quale la filosofia
politica è semplice: combattere i privilegi. Nativo di Salem nel
Massachusetts, il posto delle streghe, fu giovanissimo il primo o secondo
deputato democratico di Chicago. Sarà il candidato democratico, populista e
progressista alle presidenziali di fine Ottocento, 1896 e 1900 - sconfitto da
William McKinley, il presidente più sconosciuto degli Stati Uniti. E sarà
sconfitto ancora alle presidenziali del 1908 - ma il vincitore William H. Taft
realizzò le riforme da lui proposte. Alle elezioni successive, nel 1912,
candidò con successo Woodrow Wilson, che lo nominò segretario di Stato. In
questo ruolo Bryan portò Wilson ad adottare le riforme per la Libertà Nuova.
Benché perdente, insomma, realizzò il suo programma. Ai lavoratori propose, in
un “patto dei produttori”, la giustizia economica, la tassazione progressiva,
il controllo della circolazione monetaria, il controllo dei monopoli.
Solo
perdette la battaglia per l’argento libero, Free Silver, sconfitto dal Nord-Est
industriale, il suo mondo, e dalle banche, che imposero l’oro e il gold standard per limitare il circolante
e tenere stabili i prezzi e il valore della moneta. Fu la seconda conquista o occupazione
del Sud in pochi anni. Contro l’oro era
l’America rurale, a Ovest e al Sud, favorevole alla lievitazione dei prezzi per
alleviare i debiti, che non poteva onorare per i crolli ripetuti dei prezzi
agricoli e minerari nelle crisi del 1873 e del 1893.
Un
Greenback Party, per la libera stampa dei dollari, si costituì dopo il Panico
del ‘73. Il Panico del ‘93 rilanciò il Free Silver e Bryan, per un rigore
monetario allentato e il parziale ritorno della monetazione all’argento. La
ripresa economica e maggiori forniture d’oro alleviarono i debiti e
indebolirono il Free Silver. Dopo la Depressione - Bryan non c’era più – F.D.Roosevelt
tornerà all’argento, facendone acquistare al Tesoro ingenti quantità, ma l’uso
nel conio fu minimo, e i depositi
sono stati venduti nel 1970.
Bryan
proponeva il suo progetto socialista in un quadro liberale, contro l’“invadenza”
di tutto ciò che era “federale”, il governo di Washington e perfino la Corte
Suprema. Analogamente in politica estera: Bryan perdette le elezioni nel 1900
facendo campagna contro l’imperialismo, anche se era stato due anni prima
volontario contro la Spagna, col grado di colonnello. E da segretario di Stato
lavorerà per il controllo sui Caraibi, dando materia al futuro capolavoro di
Dos Passos, “U.S.A”, o l’imperialismo
delle banane. Nel quadro di un piano di difesa del Canale di Panama e
dell’America Latina dall’eimperialismo europeo. Col Trattato Bryan-Chamorro del
1914 riservò agli Usa il diritto a intervenire anche in Nicaragua, come già a
Panama, a protezione del futuro secondo canale. Delineò l’Osa, l’Organizzazione
degli stati americani che nascerà nel 1948, portando una trentina di paesi a
firmare trattati per il negoziato obbligatorio preventivo in caso di crisi,
invece della guerra immediata, come usava. Ma lasciò il governo alla
dichiarazione di guerra contro la Germania per l’affondamento del “Lusitania”:
era neutralista.
Dopo la Grande Guerra Bryan si trasferì
in Florida, che godeva del primo boom,
e vi s’arricchì con gli immobili, nel tempo libero scrivendo di religione.
Guidò il proibizionismo e fece votare il Diciottesimo emendamento, ma difese le
suffragette nella campagna per il Diciannovesimo. Contestò con successo la Lega
delle Nazioni del suo protetto Wilson, e la dichiarazione di guerra avrebbe
voluto soggetta a referendum. Morì il 26 luglio 1925 a Dayton, Tennessee,
dov’era stato testimone influente per l’accusa al processo Scopes - morì cinque
giorni dopo la condanna del maestro. Avendo legato il suo nome alla campagna
per l’interpretazione letterale delle Scritture: la guerra egli imputava
all’empietà dell’evoluzionismo.
Celti – In polacco l’Italia è Włochy – italiano
włoch, italiana włoszka. E nessuna delle etimologie suggerite, piuttosto di fantasia,
regge: da un ipotetico Jan Włoch fondatore di un villaggio italico ai parrucchieri
che la regina Bona Sforza portò con sé in Polonia, chiamati spregiativamente włosi, capelli o capelluti. Più
verosimile è la derivazione dai Volsci, il popolo italico in Terra di Lavoro,
con propaggini molisane. Della cui fine non molto si sa: i Romani per domarli
non li avrebbero trapiantati, come fecero con i Sanniti nelle Apuane, e gli Apuani
nel Sannio, ma li avrebbero respinti a nord, disgregati e nomadi o vagabondi, in
terra gallo-celtica.
Volsci del resto verrebbe da una radice in
sanscrito che significa “straniero”. Che comunque denomina popolazioni di
origine e tradizione celtica – dei galli che diventano gallesi, e welsch. O
viceversa: è Volsci un altro nome per celti, come si ritroverà anche in
Valacchia, nel greco Vlachos, gli antichi rom, e nel tedesco walh- e nello
slavo vlah o val- (vol-).
Curiosamente, Voltaire in vecchiaia,
quando ormai disperava dei francesi, prese a chiamarli, invece che galli, welches, che il francese pronunzia welsh.
Carlo Andrea Pozzo di Borgo – Fu il corso grande
nemico del corso Nepoleone. Nato italiano nella Corsica ancora genovese, nel
1764, fu il più costante avversario della rivoluzione francese, fin dall’inizio,
e dei Buonaparte, sia in Corsica sia in Francia dopo l’ascesa di Napoleone, e a
Londra, a Vienna e a San Pietroburgo. E la persona che lo stesso Napoleone
risentiva come il suo più pericoloso nemico.
Fece i primi studi al convento di Vico, presso Ajaccio, dei missionari
oblati di Maria Immacolata. Poi a Pisa, dove fu compagno di studi di Giuseppe
Buonaparte, il fratello maggiore di Napoleone che sarà re di Napoli e re di
Spagna, e si laureò in diritto con un professor Tosi. All’epoca i Buonaparte,
imparentati alla lontana con i Pozzo di Borgo, cugini di quinto grado,
condividevano con questi il sostegno a Pasquale Paoli, all’indipendentismo. Inizialmente:
dopo il fallimento e l’esilio di Paoli, il capo famiglia dei Buonaparte, Carlo
Maria, si schierò con Parigi, i Pozzo di Borgo no. Con la rivoluzione a Parigi,
i Pozzo di Borgo riesaminarono la questione. Carlo Andrea nel 1791, fu delegato
all’Assemblea rivoluzionaria a Parigi. Dove sedette nei banchi dei moderati,
votando contro le leggi eversive del clero. Ma presto provvide a tornare in
Corsica, già nell’agosto del 1792, dopo l’arresto e l’esecuzione di Luigi XVI,
la proclamazione della Repubblica, e la prima Comune di Parigi.
Tornato in Corsica, divenne il braccio destro dell’indipendentista
Paoli, rientrato dall’esilio. E fu da questi nominato nel luglio 1792 capo del
governo – Paoli si voleva capo delle forze armate, Luogotenente Generale, con
Napoleone tenente colonnello, a capo di reggimento di volontari corsi. Quando la
Repubblica francese attaccò la Sardegna dei Savoia, Paoli organizzò due spedizioni
di appoggio, una a Cagliari e una alla Maddalena. Entrambe sfortunate. Della
seconda faceva parte anche Napoleone, al comando dell’artiglieria, che dopo l’insuccesso
denunciò Paoli a Parigi.
Paoli passò allora con gli inglesi, protetto dalla flotta inglese,
adottò la lingua italiana e una costituzione, e proclamò l’indipendenza: un regno
di Corsica, che durò dal giugno 1784 all’ottobre 1796, re Giorgio III d’Inghilterra,
I di Corsica, presidente del Consiglio di Stato Pozzo di Borgo. Dopo la
denuncia di Paoli, la casa dei Buonaparte a Ajaccio era stata saccheggiata, e
Napoleone con tutta la famiglia si trasferì dapprima a Bastia e poi a Tolone,
dove già era in attività Luciano. Pozzo di Borgo faceva votare dal Parlamento
la confisca dei beni dei Buonaparte.
Il regno indipendente ebbe vita breve. Gli inglesi non si fidavano
di Paoli, che confinarono, dapprima a Monticello poi in Inghilterra. Nel giugno
1976 Napoleone da Livorno, dove aveva concentrato i fuoriusciti, organizzò lo
sbarco nell’isola, senza trovarvi resistenza. Pozzo di Borgo si rifugiò a Roma,
e poi a Londra, sotto la protezione del conte Gilbert Eliott, che era stato il
governatore inglese dell’isola per conto di Giorgio III. Da Londra passò a
Vienna, sempre al seguito del conte Elliott, divenuto duca di Minto, in
missione presso l’imperatore austriaco. Da Vienna passò nel 1804 al servizio di
Alessandro I. Di cui divenne il diplomatico di fiducia, artefice dell’alleanza
austro-russa che l’anno dopo, il 2 dicembre 1805, finì nella sconfitta di
Austerlitz. Venne quindi incaricato di missione con gli Anglo-Napoletani, e
subito dopo, sempre nel 1806, col comando militare prussiano.
L’anno successivo, inviato a Istanbul dopo la dichiarazione di
guerra del sultano alla Russia il 7 dicembre 1806, su pressione di un altro
corso, Horace Sébastiani, ambasciatore di Francia, fu sorpreso dalla notizia
della pace di Tilsit, in conseguenza della sconfitta russa di Friedland, con la
quale lo zar aderiva a un accordo con Napoleone in chiave anti-britannica. Non
passò un anno e Pozzo di Borgo fu allontanato da Alessandro I: la “guerra” privata
tra le due grandi famiglie corse proseguiva.
Anche Vienna gli divenne inospitale: Metternich in persona
comunicò a Pozzo di Borgo una richiesta di estradizione ricevuta da parte di
Napoleone, che lo metteva in imbarazzo. Pozzo di Borgo riparò allora a Londra.
Riemergerà nel 1812, richiamato in fretta dallo zar. Al quale assicurò in
Svezia l’alleanza di Bernadotte, e per conto del quale rivitalizzò i legami corsi,
familiari e di amicizia. Finirà con l’ingresso di Alessandro I a Parigi. Che
Napoleone attribuirà a Pozzo di Borgo, nel “Memoriale di Sant’Elena” di Las
Cases: fu lui a consigliare allo zar la marcia su Parigi, anche se Napoleone
avrebbe potuto attaccarne la retroguardia – “Fu Pozzo di Borgo a decidere il
destino della Francia, della civiltà europea, ed i destini dell’intero mondo: aveva
guadagnato una grande influenza sul gabinetto russo”. I destini dell’Europa
decisi da due corsi.
A Parigi nel 1814 Pozzo di Borgo fu nominato commissario del governo
provvisorio. Nei Cento Giorni fu in Belgio, presso Luigi XVIII, rappresentante
di Alessandro I. A Waterloo si salvò per caso da una carica dei corazzieri
francesi. Alla restaurazione fu collaboratore di promo piano di Luigi XVIII, e
poi di Carlo X. Al passaggio della monarchia francese agli Orléans di Luigi Filippo
riprese i legami con San Pietroburgo, inducendo lo zar Nicola I a riconoscere
la nuova monarchia. Fu poi per alcuni anni ambasciatore russo a Londra. Fino ai
75, nel 1839, quando si ritirò a Parigi. Dove visse fino al 1842, vent’anni
dopo la morte del grande nemico Napoleone.
astolfo@antiit.eu
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