La filosofia in motocicletta - la ragione non è razionale
Nel corso
di una girata in moto senza meta per il Middle West semideserto, Minnesota, i
Dakota, il Montana, col figlio disappetente e una coppia di amici, il professor
Pirsig riflette sulla sua disavventura, la follia cui l’ha portato la logica matematica – curata con 28 elettroshock, in
un “processo di Annichilamento”, o di “silenzio elettrocerebrale”. Rivive il
suo prima ipostatizzandosi come Fedro, un pensatore classico. Che si chiede,
gira e rigira: quanta ragione ha la ragione? Un tour de
force intellettuale che è diventato un libro di culto,
da quasi cinquant’anni ormai – è del 1974 – fuori commercio solo in italiano:
straordinaria la capacità del filosofo, distanziato sanamente dalla follia
filosofica, di farsi leggere per 400 fitte pagine.
Nelle
pause del viaggio il professor Pirsig si fa una “chautauqua”, la tenda-spettacolo
itinerante per l’America rurale (non urbana), che ha usato nel secondo
Ottocento e fino agli anni 1920-30, con conferenze e spettacolini edificanti,
di storia e di morale – uno dei tanti “prestiti” a titolo gratuito dagli
indiani, senza la saggezza. E discorre con “Fedro”, il Pirsig di prima dei manicomi.
Sul tema sempre - da vari punti di vista e per varie occorrenze, a volte partendo dalla manutenzione senza fine della motocicletta - della razionalità,
che è occidentale, è riduttiva, ed è il contrario della razionalità
fantasmatica, magica, gerarchica. Nella quale Pisig-Fedro riescono anche a
collocare, per l’intermediazione di Budda, la Tecnologia, per quanto faticosa, e
la Qualità, assillo mentale incessante.
Sulla
traccia di “Easy Rider”, il film di cult dei biker mezzo “fatti” che
attraversano l’America, un viaggio di (ri)formazione, da adulto per adulti. Le
pause sono molte, le pause di riflessione, tra i luoghi di refrigerio nella
calura e i motel nel mezzo del nulla, e una riparazione e l’altra della
motocicletta. Era anche il tempo in cui la moto veniva mossa da una catena, o
cinghia, che si allentava. E il carter perdeva olio. Il caso di riferimento è la
Harley Davidson, la moto più di culto, quella di Dennis Hopper e Jack Nicholson
in “Easy Rider”, che Bmw soppiantò, benché tedesca e spartana, perché non perdeva
olio. Qui è una Honda 350 Super Hawks, sappiamo dai paratesti, ma per Pirsig è
come una Harley Davidson, ogni cinque minuti deve metterci mano, ora le valvole,
ora l’accensione, ora i cilindri perdono colpi, ogni momento è buono per una
sosta, e una riflessione.
Il
linguaggio è un po’ scorretto, anzi non poco, ma ancora cinquant’anni fa si
poteva.
Robert
M. Pirsig, Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta
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