lunedì 13 giugno 2022

La filosofia in motocicletta - la ragione non è razionale

Nel corso di una girata in moto senza meta per il Middle West semideserto, Minnesota, i Dakota, il Montana, col figlio disappetente e una coppia di amici, il professor Pirsig riflette sulla sua disavventura, la follia cui l’ha portato la logica  matematica – curata con 28 elettroshock, in un “processo di Annichilamento”, o di “silenzio elettrocerebrale”. Rivive il suo prima ipostatizzandosi come Fedro, un pensatore classico. Che si chiede, gira e rigira: quanta ragione ha la ragione? Un tour de force intellettuale che è diventato un libro di culto, da quasi cinquant’anni ormai – è del 1974 – fuori commercio solo in italiano: straordinaria la capacità del filosofo, distanziato sanamente dalla follia filosofica, di farsi leggere per 400 fitte pagine.
Nelle pause del viaggio il professor Pirsig si fa una “chautauqua”, la tenda-spettacolo itinerante per l’America rurale (non urbana), che ha usato nel secondo Ottocento e fino agli anni 1920-30, con conferenze e spettacolini edificanti, di storia e di morale – uno dei tanti “prestiti” a titolo gratuito dagli indiani, senza la saggezza. E discorre con “Fedro”, il Pirsig di prima dei manicomi. Sul tema sempre - da vari punti di vista e per varie occorrenze, a volte partendo dalla manutenzione senza fine della motocicletta - della razionalità, che è occidentale, è riduttiva, ed è il contrario della razionalità fantasmatica, magica, gerarchica. Nella quale Pisig-Fedro riescono anche a collocare, per l’intermediazione di Budda, la Tecnologia, per quanto faticosa, e la Qualità, assillo mentale  incessante.   
Sulla traccia di “Easy Rider”, il film di cult dei biker mezzo “fatti” che attraversano l’America, un viaggio di (ri)formazione, da adulto per adulti. Le pause sono molte, le pause di riflessione, tra i luoghi di refrigerio nella calura e i motel nel mezzo del nulla, e una riparazione e l’altra della motocicletta. Era anche il tempo in cui la moto veniva mossa da una catena, o cinghia, che si allentava. E il carter perdeva olio. Il caso di riferimento è la Harley Davidson, la moto più di culto, quella di Dennis Hopper e Jack Nicholson in “Easy Rider”, che Bmw soppiantò, benché tedesca e spartana, perché non perdeva olio. Qui è una Honda 350 Super Hawks, sappiamo dai paratesti, ma per Pirsig è come una Harley Davidson, ogni cinque minuti deve metterci mano, ora le valvole, ora l’accensione, ora i cilindri perdono colpi, ogni momento è buono per una sosta, e una riflessione.
Il linguaggio è un po’ scorretto, anzi non poco, ma ancora cinquant’anni fa si poteva.
Robert M. Pirsig, Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta

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