La violenza della solitudine
La Medea di Tremestieri,
che ha ucciso la figlia dopo averla accudita con amore, non è la vittima di un
disturbo mentale. O allora di una sindrome di cui soffriamo tutti: la solitudine. La stessa che è all’origine degli uxoricidi,
sempre più immotivati e truculenti, che si moltiplicano: sono carnefici che sono anche vittime. Solitudine di
uomini, e anche di donne (la madre di Catania non è la prima che uccide il
figlio o la figlia). Per una generale difficoltà di relazionarsi, che sempreeno trova limiti alla violenza.È l’effetto dell’isolamento
invasivo. Senza più i rifugi tradizionali, la famiglia, il confessore, la
maestra. E senza sostegni nuovi – i telefoni di pronto intervento psicologico semmai
acuiscono la solitudine, sono come la Asl per il malato in carne. L’effetto di
una modernità si direbbe vuota. Di sostegni esterni nella presunzione di una liberazione.
Che invece è un carcere, duro, di fantasmi e demoni. Il buon saggio non c'è.
Non comunque che si veda, mentre l’essere umano si vuole socievole.
Nessun commento:
Posta un commento