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L’arte piedistallo dei dittatori
L’arte
ha sostituito la religione, da qualche tempo, nel processo di secolarizzazione,
è la premessa di Todorov, e i dittatori lo sanno, che in un modo o nell’altro se
ne fanno paesi o interpreti. A lungo
Todorov
espone i casi di Mussolini, Hitler e Stalin – il titolo è di una conferenza a
Siena, nel 2007, a un dottorato di Antropologia, Storia e Teoria della Cultura,
in cui però non ci sono le avanguardie (o sono sottintese, nei movimenti
dittatoriali?). Non c’è più la religione, l’arte supplisce come una forma di assoluto,
e i dittatori non mancano di appoggiarvisi.
A
Mussolini, che si era proposto di “plasmare” il popolo italiano, l’opera riuscì
male perché l’Italia non era di marmo. “È la materia che manca”, confidava al
genero Ciano poco prima di mandarlo a morte: “Lo stesso Michelangelo ha avuto
bisogno del marmo per le sue statue. Se avesse avuto a disposizione soltanto
dell’argilla, non sarebbe stato altro che un ceramista”.
Hitler,
fallito come “pittore” e come “architetto”, ha vissuto nel mito di Wagner,
dell’arte “religione vivente rappresentata”. L’artista Hitler si dà anche lui il
compito di creare il “nuovo popolo tedesco”. Col razzismo, la propaganda,
l’eugenetica.
Stalin,
che tanti poeti ha voluto eliminati, pure s’intratteneva con loro: li chiamava,
a volte li ascoltava anche. Insomma, non ci si salva, non con l’arte.
Tzvetan Todorov, Avanguardie artistiche e
dittature totalitarie, Mondadori Education, Le Monnier Università, pp. 48 €
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