Letture - 492
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Architetto – Si vuole dominatore
degli spazi, cioè voluminoso? Mezzo secolo di critica dell’architettura
Novecento, detta fascista, piacentiniana, inutilmente grandiosa, con dispendio
enorme di energia, per il riscaldamento e per il raffreddamento. Dopodiché
l’architettura contemporanea, per esempio a Roma il Maxi di Zara Hadid e l’Ara
Pacis di Richard Meier si segnalano unicamente per lo spreco di spazio, per incapsulare
volumi enormi i spazi vuoti, a nessun effetto, né pratico né visivo, se non per
il dispendio che richiedono incommensurabile per il riscaldamento e per il raffreddamento.
Botteghe Oscure – È il top delle riviste letterarie per la
scrittrice americana Flannery O’Connor
nel 1960 (“Some Aspects of the Grotesque in Southern Fiction”): “Puoi
pure pubblicare i tuoi racconti in ‘Botteghe Oscure’, non sono per niente
buoni”. Intende dire in America – il lettore di “carcere federale, o manicomio
statale, o casa-albergo locale dei poveri, che vi scriverà che non avete servito i
suoi bisogni”.
Però: il lettore in America scrive(va) ai suoi autori?
Chautauqua – Robert M. Pirsig
fa “chautaqua” ogni tanto nel suo libro di viaggio “Lo Zen e l’arte della
manutenzione della motocicletta”. Chautauqua, dal nome del lago sopra New York,
era la rappresentazione dei cantastorie indiani che giravano il paese a dorso
di cavallo e in ogni remoto villaggio, sotto la tenda, parlavano di tutto
all’impronta. Tra fine Ottocento e primo Novecento un Circuito Chautauqua portò
la cultura nell’America remota, seppure sempre dell’America urbana. Pirsig si
rappresenta le posizioni dei suoi compagni di viaggio, il figlio e una coppia
di amici, per meglio capirne le reazioni.
Classico-Romantico – Sono “maschile”
e “femminile” nella vecchia dicotomia di “Fedro”, alias di Pirsig quando faceva
il filosofo logico, prima del ricovero in clinica psichiatrica che lo ha
normalizzato. Una distinzione a cui però Pirsig, pur criticandola, non rinuncia
da savio, in “Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”, 1974, un quindicennio
dopo la discussione sulle “due culture”, irriducibili, l’umanistica e la tecnico-scientifica,
al § 6 della Parte Prima: “Un’intelligenza classica guarda al mondo
primariamente come la sua forma sottostante. Una romantica lo vede
primariamente in termini di apparenza esteriore”. Una differenza che Pirsig
diventato savio spiega in termini di differente lettura di un disegno di meccanica,
per esempio, o di schema elettronico: “Il modo romantico è primariamente
ispirato, immaginativo, creativo, intuitivo. Predominano le sensazioni piuttosto
che i fatti. L’“Arte”, quando è opposta alla “Scienza” è spesso romantica. Non
procede dalla ragione o da leggi. Procede per sentimenti, intuizioni e
coscienza estetica. Nelle culture Nordeuropee il modo romantico è solitamente
associato con la femminilità…. Il modo classico, al contrario, procede dalla
ragione e da leggi – che sono esse stesse forma sottostanti di pensiero e comportamento.
Nelle culture europee è primariamente un modo maschile, e i campi della scienza,
della legge e della medicina non attraggono le donne primariamente per questo
motivo. Benché andare in moto sia romantico, la manutenzione della moto è
puramente classica”.
Ora i campi non allontano o attraggono per
sesso – attraggono o allontanano per opportunità, di guadagno e di carriera
(potere). Sono cambiati i campi o sono cambiati i sessi?
Do – È il “do” che sostituisce l’“ut” della
scala originaria di Guido D’Arezzo, anno Mille, e non il viceversa: non è l’uso
francese – che tuttora ha l’“ut” al posto del “do” – che sostituisce l’uso
“italiano”. La notazione di Guido, “Micrologus”, fu cambiata in Italia nel
Cinquecento da Giovanni Battista Doni, probabilmente dalla sillaba iniziale del
suo cognome.
Grottesco – È “il vero stile
anti-borghese” di Thomas Mann – non figura tra i suoi detti celebri, ma è anche
ovvio: è anti-convenzionale.
È però la cifra di Thomas Mann, di tutti i
racconti, compreso “Morte a Venezia”, e probabilmente il “Doctor Faustus”.
Anche “Tonio Kroger”, e lo stesso “I Buddenbrook. Decadenza di una famiglia” si
potrebbero leggere in questa chiave - benché, allora, prolissa: il grottesco è
rapido, anche fulmineo. Non epica: il romanzo borghese non è epico, e allora in
qualche modo è grottesco, anche Proust, anche Flaubert – soprattutto Proust e
Flaubert, i due romanzieri super della borghesia.
Forse è qui la differenza con i romanzieri
sussi, della nobiltà (Tolstoj), della ribellione (Dostoevskij), e della
semplicità (Turgenev, Cechov).
Intellettuali
chierici –
Sono stati chierici i maggiori letterati del Tre e Quattrocento, nota
Dionisotti alle pp. 61- 64 della “Geografia e storia della letteratura”: Petrarca
e Boccaccio, Alberti e Poliziano. Una condizione di privilegio intellettuale e
pratico – alla qualifica erano legati benefici (rendite, pensioni).
Il concilio di
Trento – ancora Dionisotti – fu un concilio di letterati, ma di potere.
Gli intellettuali laici, d’altra parte,
sono soprattutto toscani, sempre secondo Dionisotti, che li valuta in un terzo
del totale.
Hitler – “La Germania, vinta in una guerra
imperialista, cercava un Hitler, e l’aveva trovato”, V. Grossman, “Stalingrado”,
2da parte, § 30. Cercava un leader revanscista, però, e ne trovò uno, e un disegno,
costruiti sui fallimenti: “Tutte le sue idee furono contraddette dalla storia.
Niente di ciò che aveva promesso si realizzò. Tutto ciò che aveva voluto
annientare trovò in questa lotta un nuovo vigore, un nuovo soffio”. Hitler come
rigeneratore, dunque, nel mezzo delle distruzioni che senza posa architettava.
Latino – Il latino del
tardo Quattrocento è di gran lunga più realistico e popolare della letteratura
in volgare, trova Dionisotti nella “Geografia e Storia della letteratura”: è
nel primo ‘500 che il latino diventa una severa disciplina ciceroniana e
virgiliana – mentre Bembo codificava il volgare.
Più popolare forse no, non era possibile, ma più vivace.
Pasolini – Ebbe una fase
proustiana, nel 1951, quando già viveva a Roma. Nel progetto “Per un romanzo
sul mare”, poi ridotto, nell’estate del 1950, a “Operetta marina”, un racconto
lungo, una cinquantina di pagine, dell’infanzia a Cremona e a Sacile. Inviato
nel 1951 al premio Taranto, non fu premiato, “benché giudicato”, scrive Nico
Naldini, “«un finissimo racconto proustiano»” – la stessa impressione, netta,
si ha senza sapere del premio Taranto leggendo il racconto nei Meridiani: una
derivazione trasparente e quasi un’imitazione, quasi un pastiche, genere
di cui Proust si dilettava, nelle figurine e il loro mondo, oltre che nella
scrittura, benché tessuta di coordinate e non di subordinate.
Poesia cavalleresca – “Genere umilissimo,
tradizionalmente anonimo” – Dionisotti, “Geografia e storia della letteratura”,
158.
letterautore@antiit.eu
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