Quindici anni fa, la verità su Putin e la Russia
Caduta
l’Urss, con tutta la rivoluzione, non abbiamo più russisti, slavisti, e non
sappiamo nulla o quasi della Russia con cui siamo in guerra – da leggere c’è
solo Anna Politkovskaja, che purtroppo è testimome e vittima del “sistema”, ma
non lo spiega. Un esame eauriente ce l’avevamo però in anticipo, in questo saggio
di Zaslavzky, lo storico, sociologo e narratore russo che negli anni di Breznev
aveva scelto l’Italia (anche se pertropo tempo nel campo profughi di Ostia…), e
di Gudkov, anche lui sociologo, accademico a Mosca, tuttora in attività,
apprezzato, pubblicato dodici anni fa e ancora in libreria. Di una capacità
critica, oggi, spaventosa – tanto più che il saggio del Mulino è la ripresa,
solo aggiornata all’attualità, di un corso tenuto sei anni prima alla Luiss,
dove Zaslavky insegnava. .
Questo se ne poteva scrivere su antiit.com il 28 maggio 2011:
“La Russia è un paese in transizione, è la tesi del libro di
Gudkov e Zaslavsky, e questo si riverbera sul loro stesso libro, una riedizione
della prima edizione preparata sei anni fa per la Luiss, l’università romana
(col titolo “La Russia post-comunista”): Medvedev non è Putin, e la sua
presidenza ha fatto fare alla Russia qualche passo in direzione dello Stato di
diritto e della modernizzazione – o occidentalizzazione. Sono questi due dei
tre punti deboli che Gudkov e Zaslavsky lamentano. E tuttavia l’impianto di
fondo del loro studio di resta vero: non soltanto Putin, la Russia resta ancora
molto poco desovietizzata.
“L’altro punto debole ne fa una società e un’economia ferme più
che in transizione, per la mancata liberalizzazione dell’economia e il mancato
impianto di un processo auto sostenuto di sviluppo della stessa economia. La
Russia continua a prosperare perché continua il boom delle materie prime,
soprattutto delle materie prime minerarie, di cui essa è grande produttrice e
esportatrice. Ma con un impianto sociale, normativo e produttivo obsoleto e
inefficiente. In una col gruppo dirigente, che Putin ha ricostituito attorno a
due dei tre vecchi pilastri del potere politico, le forze armate e i servizi
segreti – il terzo era il Partito onnipotente.
“Medvedev è peraltro in concorrenza con Putin anche nei vecchi
fondi di potere. È suo il piano di riarmo di metà marzo. Per un utilizzo della
capacità militare anche in funzione di polizia (l’esercito deve riorganizzarsi
per poter combattere “tre guerre locali o regionali simultaneamente”). Oltre
che negli equilibri mondiali, anche se ora con un occhio alla Cina. Un piano
decennale da 700 miliardi di dollari, il doppio della spesa degli anni zero”.
E il giorno successivo, in occasione della commemorazione di
Zaslavsly:
“Non soltanto Putin, la Russia tutta è poco desovietizzata.
Lev Gudkov ne ha offerto una vivida traccia al convegno romano in memoria del
suo coautore, deceduto a Roma tre anni fa, “Victor Zaslavsky, testimone del suo
tempo”, 27-28 maggio 2011 (organizzato da “Ventunesimo secolo” nel suo
decennale, la rivista fondata da Zaslavsky con Gaetano Quagliariello). In un
intervento intitolato “Giocare a fare Stalin”, Gudkov ha offerto una serie di
prove del fascino praticamente incorrotto del dittatore nella Russia
democratica. Non tra i neo comunisti, minoritari: nel grosso dell’opinione e
delle forze politiche. E non per caso. “Putin è stato il primo tra i politici
eminenti della Russia a fare un brindisi a Stalin come «organizzatore della
nostra vittoria nella Grande Guerra Patriottica»”. Avveniva l’8 maggio del 1999
alla festa per il giuramento dei Cadetti del Cremlino, gli ufficiali destinati
alla protezione delle personalità di Stato.
“Putin non è il solo nostalgico. “Non è casuale che all’interno
della chiesa ortodossa russa non si esauriscano le discussioni sull’opportunità
della canonizzazione ecclesiastica di Stalin”. Più in generale, il passato
sovietico, o di Grande Potenza, della Russia è elemento fondamentale della
legittimità del regime putiniano, della restaurazione dell’onore perduto. E
ritorna attraverso la scuola di massa, con una storiografia immediatamente
corretta, nelle università di provincia, “portatrici del’ideologia di un
rancoroso nazionalismo russo”, e alla televisione di Stato. “Il Cremlino ha
adottato la strategia della rimozione della storia, della sterilizzazione del
passato”.
“La “nuovissima storia della Russia” vuole “l’oblio comprensivo”,
all’insegna di una “storiografia ottimista” che aiuti a superare il senso di
colpa collettiva. In sintesi, nota Gudkov, è un ritorno alla posizione del
Partito dopo il XX.mo Congresso nel 1956, quando Krusciov denunciò i crimini di
Stalin: “Stalin è responsabile delle repressioni illegali ma solo con questi
mezzi era possibile creare una grande superpotenza come l’Urss”.
“Alla televisione negli ultimi anni vanno in onda “interminabili
serial sui segreti della vita del Cremlino, sugli intrighi e i complotti della
stretta cerchia del dittatore, sui suoi tormenti interiori e sulle sue
«ricerche religiose» (per esempio “Stalin Live”, andato in onda nel 2007, 2008,
2009 e 2010), e talkshow tipo “Il nome della Russia”, nel
quale Stalin è “rappresentato come simbolo insigne della grandezza della
Russia, sinonimo di gloria nazionale”. Una delle più grandi case editrice, la
Eksmo, si è specializzata nella storia popolare a carattere revisionista su
tutti gi aspetti più perversi della storia di Stalin, con “diecine di libri
apologetici”.
“L’effetto è già sensibile sull’opinione pubblica. Che ora si dice
prevalentemente indifferente rispetto al problema (soprattutto fra i giovani,
il 69 per cento): la percentuale degli indifferenti è cresciuta nel decennio
dal 12 al 44 per cento. Quanto alla persona di Stalin, se è diminuito il numero
di chi ne dava una valutazione positiva, dal 38 al 31 per cento, di più è
diminuito il numero di chi lo condannava, dal 43 al 24 per cento. Mentre sul
ruolo complessivo dello stalinismo in Russia “nonostante le repressioni” c’è
ora una maggioranza dei consensi, tra il 51 e il 53 per cento del campione”.
Non siamo stati informati, ma si sapeva già tutto.
Lev Gudkov-Victor Zaslavsky, La Russia da Gorbaciov a Putin, Il Mulino, pp.208 € 16
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