Un
aureo libretto, apprezzato all’uscita, nel 1993, e poi scomparso. Sulla mania
del complotto, che, spiega lo storico toscano, domina la storia dell’Italia –
Zeffiro Ciuffoletti non è un nome poetico, è un vispo novantenne. La storia
del regno, e anche quella della
Repubblica: dall’attentato a Togliatti a Capaci e alla Milano delle tangenti
(Ciuffoletti ha scritto perché convinto, malgrado le propensioni politiche, che
Mani Pulite non fosse un complotto). Passando per Piazza Fontana e via Fani.
Fuori
polemica, non è vero che l’Italia sia la patria dei complotti. Quella semmai è
l’America, ne scopre uno al giorno, o poco ci manca. Ma anche la Francia, anche
la Germania: probabilmente il complotto va con la democrazia, Canfora ne
racconta tanti dell’Atene del secolo d’oro, di Pericle e successori. E non è
vero, è evidente, che Mani Pulite fosse “pulita”. Ma è vero che ogni sistema
autoritario si propaganda denunciando cospirazioni. Così come ogni sistema
politico morente: le rivoluzioni sono un complotto, etc..
La
psicosi del complotto è più vera – forte, difusa - in chiave psicologica: il
complesso di persecuzione, a opera di ignoti, per cause ignote, magari solo
rimosse. Ciuffioletti richiama l’abate Barruel e la polemica gesuita, di un
cattolicesimo sotto atacco. I Protocolli dei Savi Anziani di Sion,
un’invenzione molto ben concepita e tempestiva – buona per Hitler e per Stalin.
Al confronto, la mania italiana è solo giornalistica, di un giornalismo che si
vuole di denuncia ma è solo pettegolo – tutti siamo colpevoli di qualcosa.
Zeffiro
Ciuffoletti, Retorica del complotto
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