Xi rimette in gioco la Russia
Il governo cinese ci ripensa e
passa dal benign neglect, la
disattenzione, per quanto favorevole, verso la bellicosa Russia, a un appoggio
indirettamente attivo. Per ora solo politico, ma dichiarato: la proposta di una
Global security Initiative, opposta alla Nato americana, e di una moneta di
conto alternativa al dollaro. È bastata l’annunciata partecipazione del
Giappone e della Corea del Sud al vertice Nato di fine giugno a Madrid, che ha
in agenda un allargamento all’Indo-Pacifico, per cambiare in pochi giorni
l’atteggiamento del presidente Xi: dai commenti pochi, e poco sbilanciati per
la Russia, sulla guerra, a un piano addirittura alternativo al dollaro e
all’egemonia Usa, compartecipato con la Russia.
Le dichiarazioni filorusse sui
giornali cinesi si sono intensificate, e scopertamente di appoggio alla guerra.
Ieri il vertice improvvisato con gli altri quattro grandi paesi Brics: Brasile,
Russia, India, Sud Africa. Utile se non altro allo sdoganamento diplomatico di
Putin, che per la prima volta partecipa a un summit internazionale dopo la
guerra, belligerante contro l’“Occidente”, sulla falsariga degli ex
“non-allineati”. E a mettere in piazza un programma, seppure ancora sotto forma
di ragionamento, per soppiantare la leadership del dollaro nella finanza
internazionale. Con una fiducia riaffermata sulla globalizzazione - che ha fatto
la Cina grande – contro i dazi americani e europei. Il tutto entro un progetto
di pace, dal nome accattivante di Global Security Initiative, alternativo a
quello “aggressivo” dell’amministrazione americana, sotto la copertura Nato.
Con una polemica diretta contro gli Stati Uniti, seppure non citandoli, e un
occhio ancora di riguardo verso l’Europa – il presidente Xi sarà ancora
personalmente sotto l’impressione favorevole avuta dal governo Conte per
esempio in Italia, nel suo viaggio europeo, e dagli accordi speciali che furono
firmati a Pechino.
L’India, che è parte autorevole
del Quad, l’alleanza a quattro dell’Indo-Pacifico promossa dagli Stati Uniti,
con Australia e Giappone, mantiene il dialogo anche con Pechino. In realtà è e
resterà neutrale, ma così si assicura di sapere in anticipo cosa bolle in
pentola. Perché qualcosa bolle, non ci sarà un ritorno come prima.
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