A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (497)
Giuseppe Leuzzi
Si discute il
disegno di legge Gelmini, che ridà al Nord la spesa sociale (nazionale)
finanziata con contributi fiscali del Nord in eccesso sulle prestazioni, quando
essa, la spesa sociale, risulti inutilizzata. Che non è semplice da calcolare,
ma non c’è dubbio che Gelmini voglia ridare al Nord i soldi che il Nord deve
mettere per la “coesione sociale”: è una che non sembra, ma ha rivoltato l’università
pubblica a favore delle private, sia pure ancora da inventare, magari online (i
diplomifici). Anche perché la coesione sociale funziona poco. Pietro Francesco
Maria De Sarlo, napoletano di Milano, presidente della Fondazione Intesa, si è
accorto che la spesa sociale è a Milano il doppio che a Napoli – non
propriamente il doppio: “Per il sociale si spendono 6.893 € pro capite in
Lombardia e 4.899 in Campania: più a via Brera a Milano che a Scampia a
Napoli”.
Certo, può
anche essere che a Scampia siano ricchi e a via Brera nel bisogno.
“Tra il 1919 e
il 1939, cioè ieri, “lasciano il Centro-Nord due milioni e mezzo di migranti e
un milione e mezzo parte dal Mezzohiorno” – Alessandra Gissi, “Donne e
migrazioni” (in “Storia delle donne nell’Italia contemporanea”, 245). Nel dopoguerra,
con la Repubblica, si cambia: nel decennio 1946-1956, su 1,2 miliomi di
emigranti, “le provenienze regionali vedono al primo posto la Calabria, poi
Sicilia, Campania, Abruzzo e Molise, Lazio, Veneto”.
“L’Espresso”
dei primi anni, gestito da Arrigo Benedetti, vede il cofondatore Eugenio
Scalfari, calabrese, impegnato nella diatriba Milano-Roma (“Milano,la capitale
morale d’Italia”), e nella “creazione del Sud” – di un Sud violento, barbaro,
baro, corrotto, sprecone (butta via i contributi). L’Aspromonte terra di
banditi. L’olio di oliva senza olio. “Il Regno di Napoli conquista Firenze” (“è
in corso la meridionalizzazione di tutta l’Italia”). E “L’Africa in casa.
Perché scappano verso Nord” – una “inchiesta” a più mani e più puntate “che
disegna un Mezzogiorno «senza storia»”, nota la storica Gissi rileggendolo,
“immoto e resistente ai processi di trasformazione”.
Si ripercorre
nella “Storia delle donne nell’Italia contemporanea”, la raccolta di saggi a
cura di Silvia Salvatici, l’assurdità del “delitto d’onore”, atto quanto altri
mai penale. E dello stupro a lungo “provocato”, dall’abbigliamento, gli
sguardi, il linguaggio, le abitudini. Nonché di quello risarcito (abbuonato) col
matrimonio – detto alla Peynet “la fuitina”. Che però, più che un deficit
antropologico, maschilista, “italiano” o “meridionale”, è l’effetto della
miseria della giurisdizione italiana, di avvocati e giudici, di una
giurisprudenza malata.
Un sindaco antimafia di vent’anni fa, a Roccabernarda nel
crotonese, è stato ripetutamente oggetto di aggressioni, ai beni (la macchina incendiata
etc.) e ora anche alla persona. Aggressioni azionate tramite minorenni. I mafiosi
vanno col codice. E l’antimafia? Il sindaco aveva il torto di essere di destra?
Ma è un ex maresciallo dei Carabinieri. Non si è fatto in tempo a indagare? Ma
Francesco Coco parla e agisce da vent’anni, fu eletto nel 2002.
Non è solo: i mafiosi, padri, figli, nipoti, da tempo noti,
denunciati, indagati, anche condannati, si ritrovano sempre a piede libero,
ovunque in Calabria. L’antimafia serve a postare foto su instagram? Magari di
Madonne che si inchinano a mafiosi, invisibili – come è giusto, saranno
divinità. Ma a carico dello Stato, cioè delle vittime dei mafiosi? Carabinieri,
ancora uno sforzo!
Il Sud non è terra d’immigrazione – di opportunità
In una
disamina breve, ma fortemente intelligente, dell’immigrazione sull’ultimo “La
Lettura”, lo statistico Roberto Volpi spiega in due righe il ritardo del Sud:
in un’Italia ancora decentrata, come è della sua lunga storia, e di operosità
legata alla persona più che al capitale – artigianato, piccola imprenditoria, senza
capitali cioè, piccolo commercio – l’immigrato si trova a suo agio. Ma questo
non avviene a Sud, giacché l’immigrazione vi è residua.
La struttura
fortemente decentrata dell’urbanizzazione e della produzione favorisce in Italia una immigrazione
“senza effetti banlieu”, di
ghettizzazione, e una rapida integrazione nelle attività
artigianali-imprenditoriali. Ma al Centro-Nord: “Solo 830 mila sono gli
stranieri residenti nel Mezzogiorno, contro quasi 4,4 milioni che risiedono nel
Centro-Nord. Nel Mezzogiorno rappresentano poco più del 4 per cento della
popolazione, nel Centro–Nord poco più dell’11 per cento, quasi tre volte
tanto”.
Resta da
decidere: è la mancanza di iniziativa personale che indebolisce il Sud oppure
di infrastrutture: vicinanza ai mercati, promozione, possibilità di fare reti?
È in difetto l’uomo del Sud oppure l’organizzazione, politica, economica? È
pure vero che la politica non è imposta, è l’espressione della società.
La donna del Sud
Si dà su Rai
Storia la serie “Donne di Calabria” presentata alla Festa del Cinema di Roma, ideata da Minoli. Sei donne come tante per la verità: due giornaliste, Adele
Cambria e Clelia Romano Pellicano, una sindaca, Rita Pisano, la “contadina”
Giuditta Levato, la prima parlamentare calabrese, Jole Giugni Lattari, e questa
sì, la prima donna sindaca in Italia, Caterina Tufarelli Palumbo – di buona
famiglia ma orfana, avvocato, già sposata a 21 anni, a 24, nel 1946, quando le
donne poterono votare, si candidò e fu eletta, a San Sosti. Una serie cioè che involontariamente perpetua il cliché, volendo motivare il contrario,
che ci sono donne energiche anche in
Calabria – ce ne sono anche di più energiche della serie.
Due esempi
migliori li propone Daria Galateria sul “Venerdì di Repubblica” – tratti da due
biografie recenti, “La tigre di Noto”, di Simona Lo Iacono, e “L’attrito della
vita” di Lorenza Foschini, che ne tratta incidentalmente, scrivendo di Renato
Caccioppoli. Anna Maria Ciccone, da Noto a Roma e alla Normale di Pisa, un
secolo fa, matematica e fisica, mai professore, benché avesse vinto molti concorsi
(non veniva “chiamata”), famosa perché, germanista per essere stata chiamata
nel 1935 a Darmstadt, dal chimico futuro Nobel Gerhard Herzberg, nel 1944
contrattò energicamente con i comadanti tedeschi che volevano razziare i
laboratori e la biblioteca di Fisica a Pisa e riuscì a salvare il tutto. E
Maria Del Re, di Reggio Calabria, prima donna professore incaricato di una
disciplina matematica, sempre un secolo fa.
Il problema del Sud è che non c’è il bisogno
“la Repubblca”
dedica una pagina, per la penna di Francesca Alliata Bronner, alle “meraviglie
del turismo in Calabria”. Che resta però la regione meno turistica dell’Italia
- l’“alluce dello stivale”, scrive Alliata Bronner, “come gli americani
chiamano la Calabria”. Meraviglie per “alcuni dei migliori prodotti gastronomici
italiani”, come ha scritto il “New York Times”, per il “mare spettacolare”,
scrive Alliata Bronner, che si affaccia sullo Jonio e sul Tirreno, e per “la
cultura millenaria”. Molto green la
trova la giornalista: una ciclovia lunga oltre 500 km, bird watching, trekking.
Con l’orizzonte sempre aperto, si può aggiungere, sui due mari. Il mare di sabbia
alternato al mare di scoglio. I boschi, colorati e sempre illuminati, pieni di
luce. “Per finire a Reggio Calabria, il capoluogo e forse la città meno
turistica del meridione benché piena di storia”. Che non ha mai saputo mettere
a frutto la posizione nello Stretto, fantasmagorica, i Bronzi e il superbo
museo archeologico, e il lungomare, certo – e fiori e frutti unici, gelsomino, bergamotto,
annona. Il centro turistico che ha suscitato le meraviglie di Alliata Bronner si chiama
Falkensteiner, del gruppo Falkensteiner, dei fratelli dallo stesso nome,
tirolesi italiani della Val Pusteria, con sede a Vienna, e ramificazioni in
tutto il Mediterraneo.
Ci vogliono
soldi per un club Falkensteiner? Quelli non mancano. Incapacità di servire? Di
organizzarsi? Di promuoversi? Poca intelligenza? Poco bisogno. La speculazione dei
poveri a Scalea e a Falerna, lo sbocco a mare di Cosenza sull’A 3: piccoli
immobiliaristi romani hanno distrutto una cittadina storica, di grande sapienza
urbanistica, e una macchia mediterranea meravigliosa per costruire casermoni da
vendere cheap a poco metraggio l’uno,
abbandonati per dieci mesi l’anno, e per gli altri due infernali. Rocca
Imperiale, nome giustamente importante per un borgo arrampicato sotto al
castello, opera di Federico II, nonché marchio di uno dei limoni più pregiati,
era in abbandono fino a quindici anni fa, quando un gruppo di amici padovani
rilevò delle case abbandonate, le rimisero in sesto il poco che necessitava per
poterci passare un paio di settimane in estate, le tennero per alcune estati e
poi, cambiando destinazione alle vacanze, le rivendettero al doppio e al triplo -
il paese intanto si era risvegliato. Nella provincia di Reggio, la più
dissestata dell’intera penisola, Palmi ha due spiagge da paradiso terrestre, la
Tonnara e la Marinella, ma sa solo riempirle il mese di agosto, per la troppa
folla, troppa sporcizia e poco guadagno: un sindaco intelligente, Armando
Veneto, che aveva portato a Palmi il premio Viareggio del palmese Répaci, ha dotato la Tonnara di un porto turistico, e
lì il porto è rimasto, vuoto, nessuno ci ha neanche provato a gestirlo – come
nel Terzo Mondo: si spendono i soldi dello Stato, gli appalti sono golosi, e
poi si lascia tutto in abbandono. Tra Palmi e Villa la costa è piena di
spiaggette, scogli, grotte, ma nessuno offre un servizio di cabotaggio, in
barca o in motoscafo. Era una costa piena di viti zibibbo, uva molto dolce per
l’insolazione, la vigna a gradoni sul mare che ha fatto la fortuna delle Cinque
Terre: tutto abbandonato, la costa è inselvaggita (si voleva tracciare un
sentiero, per un trekking tra cielo e mare, e niente, nemmeno quello).
Della Calabria non si
finirebbe mai di dire. Che non riesce a fare tesoro delle specie vegetali che la
favoriscono: bergamotto, cedro, liquirizia, oltre all’ulivo, di cui ha forse la
maggiore superficie alberata, e gli agrumi. Inventare prodotti, promuoverli. E
avrebbe anche un numero strabiliante di vitigni autoctoni - non dirlo ai
padovani né ad altri veneti – che non cura. Ci volevano donne venete, magari
solo reduci da Casarsa quando c’era il militare obbligatorio, per aprire un
primo rifugio sul Pollino, o ristoranti da fiaba, sotto Gambarie, con affaccio
sullo Stretto - lo Stretto, un capitale vergine.
Non è un
paradosso, sicuramente non un pregiudizio, è una constatazione, sconsolata: il Sud soffre di mancanza di bisogno – vero,
reale: si accontenta.
Sudismi\sadismi
Dal “Corriere della sera” online: “È partito da poco un
percorso rivolto a formare insegnanti che a loro volta faranno da formatori ad
altri insegnanti attraveso dei corsi online che cominceranno in autunno e
avranno per oggetto la didatttica della lingua italiana, della matematica e della
lingua imglese. Destinatari di questi corsi sono i docenti in servizio nelle
regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna, regioni che nei test
Invalsi ottengono risultati molto al di sotto della media italiana”, Marco
Ricucci, professore di Italiano e Latino presso il Liceo Scientifico Leonardo da
Vinci di Milano.
In realtà la sperimentazione, avviata e gestita da Indire,
Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa, è
rivolta a introdurre nella scuola la “grammatica valenziale” o della verbodipendenza,
una pedagogia innovativa, e comincia dal Sud.
leuzzi@antiit.eu
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