mercoledì 13 luglio 2022

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (497)

Giuseppe Leuzzi

Si discute il disegno di legge Gelmini, che ridà al Nord la spesa sociale (nazionale) finanziata con contributi fiscali del Nord in eccesso sulle prestazioni, quando essa, la spesa sociale, risulti inutilizzata. Che non è semplice da calcolare, ma non c’è dubbio che Gelmini voglia ridare al Nord i soldi che il Nord deve mettere per la “coesione sociale”: è una che non sembra, ma ha rivoltato l’università pubblica a favore delle private, sia pure ancora da inventare, magari online (i diplomifici). Anche perché la coesione sociale funziona poco. Pietro Francesco Maria De Sarlo, napoletano di Milano, presidente della Fondazione Intesa, si è accorto che la spesa sociale è a Milano il doppio che a Napoli – non propriamente il doppio: “Per il sociale si spendono 6.893 € pro capite in Lombardia e 4.899 in Campania: più a via Brera a Milano che a Scampia a Napoli”.
Certo, può anche essere che a Scampia siano ricchi e a via Brera nel bisogno.
 
“Tra il 1919 e il 1939, cioè ieri, “lasciano il Centro-Nord due milioni e mezzo di migranti e un milione e mezzo parte dal Mezzohiorno” – Alessandra Gissi, “Donne e migrazioni” (in “Storia delle donne nell’Italia contemporanea”, 245). Nel dopoguerra, con la Repubblica, si cambia: nel decennio 1946-1956, su 1,2 miliomi di emigranti, “le provenienze regionali vedono al primo posto la Calabria, poi Sicilia, Campania, Abruzzo e Molise, Lazio, Veneto”.
 
“L’Espresso” dei primi anni, gestito da Arrigo Benedetti, vede il cofondatore Eugenio Scalfari, calabrese, impegnato nella diatriba Milano-Roma (“Milano,la capitale morale d’Italia”), e nella “creazione del Sud” – di un Sud violento, barbaro, baro, corrotto, sprecone (butta via i contributi). L’Aspromonte terra di banditi. L’olio di oliva senza olio. “Il Regno di Napoli conquista Firenze” (“è in corso la meridionalizzazione di tutta l’Italia”). E “L’Africa in casa. Perché scappano verso Nord” – una “inchiesta” a più mani e più puntate “che disegna un Mezzogiorno «senza storia»”, nota la storica Gissi rileggendolo, “immoto e resistente ai processi di trasformazione”.
 
Si ripercorre nella “Storia delle donne nell’Italia contemporanea”, la raccolta di saggi a cura di Silvia Salvatici, l’assurdità del “delitto d’onore”, atto quanto altri mai penale. E dello stupro a lungo “provocato”, dall’abbigliamento, gli sguardi, il linguaggio, le abitudini. Nonché di quello risarcito (abbuonato) col matrimonio – detto alla Peynet “la fuitina”. Che però, più che un deficit antropologico, maschilista, “italiano” o “meridionale”, è l’effetto della miseria della giurisdizione italiana, di avvocati e giudici, di una giurisprudenza malata.
 
Un sindaco antimafia di vent’anni fa, a Roccabernarda nel crotonese, è stato ripetutamente oggetto di aggressioni, ai beni (la macchina incendiata etc.) e ora anche alla persona. Aggressioni azionate tramite minorenni. I mafiosi vanno col codice. E l’antimafia? Il sindaco aveva il torto di essere di destra? Ma è un ex maresciallo dei Carabinieri. Non si è fatto in tempo a indagare? Ma Francesco Coco parla e agisce da vent’anni, fu eletto nel 2002.
Non è solo: i mafiosi, padri, figli, nipoti, da tempo noti, denunciati, indagati, anche condannati, si ritrovano sempre a piede libero, ovunque in Calabria. L’antimafia serve a postare foto su instagram? Magari di Madonne che si inchinano a mafiosi, invisibili – come è giusto, saranno divinità. Ma a carico dello Stato, cioè delle vittime dei mafiosi? Carabinieri, ancora uno sforzo!
 
Il Sud non è terra d’immigrazione – di opportunità
In una disamina breve, ma fortemente intelligente, dell’immigrazione sull’ultimo “La Lettura”, lo statistico Roberto Volpi spiega in due righe il ritardo del Sud: in un’Italia ancora decentrata, come è della sua lunga storia, e di operosità legata alla persona più che al capitale – artigianato, piccola imprenditoria, senza capitali cioè, piccolo commercio – l’immigrato si trova a suo agio. Ma questo non avviene a Sud, giacché l’immigrazione vi è residua.
La struttura fortemente decentrata dell’urbanizzazione e della produzione favorisce in Italia una immigrazione “senza effetti banlieu”, di ghettizzazione, e una rapida integrazione nelle attività artigianali-imprenditoriali. Ma al Centro-Nord: “Solo 830 mila sono gli stranieri residenti nel Mezzogiorno, contro quasi 4,4 milioni che risiedono nel Centro-Nord. Nel Mezzogiorno rappresentano poco più del 4 per cento della popolazione, nel Centro–Nord poco più dell’11 per cento, quasi tre volte tanto”.
Resta da decidere: è la mancanza di iniziativa personale che indebolisce il Sud oppure di infrastrutture: vicinanza ai mercati, promozione, possibilità di fare reti? È in difetto l’uomo del Sud oppure l’organizzazione, politica, economica? È pure vero che la politica non è imposta, è l’espressione della società.  
 
La donna del Sud
Si dà su Rai Storia la serie “Donne di Calabria” presentata alla Festa del Cinema di Roma, ideata da Minoli. Sei donne come tante per la verità: due giornaliste, Adele Cambria e Clelia Romano Pellicano, una sindaca, Rita Pisano, la “contadina” Giuditta Levato, la prima parlamentare calabrese, Jole Giugni Lattari, e questa sì, la prima donna sindaca in Italia, Caterina Tufarelli Palumbo – di buona famiglia ma orfana, avvocato, già sposata a 21 anni, a 24, nel 1946, quando le donne poterono votare, si candidò e fu eletta, a San Sosti. Una  serie cioè che involontariamente perpetua il cliché, volendo motivare il contrario, che ci sono donne energiche anche in Calabria – ce ne sono anche di più energiche della serie.
Due esempi migliori li propone Daria Galateria sul “Venerdì di Repubblica” – tratti da due biografie recenti, “La tigre di Noto”, di Simona Lo Iacono, e “L’attrito della vita” di Lorenza Foschini, che ne tratta incidentalmente, scrivendo di Renato Caccioppoli. Anna Maria Ciccone, da Noto a Roma e alla Normale di Pisa, un secolo fa, matematica e fisica, mai professore, benché avesse vinto molti concorsi (non veniva “chiamata”), famosa perché, germanista per essere stata chiamata nel 1935 a Darmstadt, dal chimico futuro Nobel Gerhard Herzberg, nel 1944 contrattò energicamente con i comadanti tedeschi che volevano razziare i laboratori e la biblioteca di Fisica a Pisa e riuscì a salvare il tutto. E Maria Del Re, di Reggio Calabria, prima donna professore incaricato di una disciplina matematica, sempre un secolo fa.
 
Il problema del Sud è che non c’è il bisogno
“la Repubblca” dedica una pagina, per la penna di Francesca Alliata Bronner, alle “meraviglie del turismo in Calabria”. Che resta però la regione meno turistica dell’Italia - l’“alluce dello stivale”, scrive Alliata Bronner, “come gli americani chiamano la Calabria”. Meraviglie per “alcuni dei migliori prodotti gastronomici italiani”, come ha scritto il “New York Times”, per il “mare spettacolare”, scrive Alliata Bronner, che si affaccia sullo Jonio e sul Tirreno, e per “la cultura millenaria”. Molto green la trova la giornalista: una ciclovia lunga oltre 500 km, bird watching, trekking. Con l’orizzonte sempre aperto, si può aggiungere, sui due mari. Il mare di sabbia alternato al mare di scoglio. I boschi, colorati e sempre illuminati, pieni di luce. “Per finire a Reggio Calabria, il capoluogo e forse la città meno turistica del meridione benché piena di storia”. Che non ha mai saputo mettere a frutto la posizione nello Stretto, fantasmagorica, i Bronzi e il superbo museo archeologico, e il lungomare, certo – e fiori e frutti unici, gelsomino, bergamotto, annona. Il centro turistico che ha suscitato le meraviglie di Alliata Bronner si chiama Falkensteiner, del gruppo Falkensteiner, dei fratelli dallo stesso nome, tirolesi italiani della Val Pusteria, con sede a Vienna, e ramificazioni in tutto il Mediterraneo.
Ci vogliono soldi per un club Falkensteiner? Quelli non mancano. Incapacità di servire? Di organizzarsi? Di promuoversi? Poca intelligenza? Poco bisogno. La speculazione dei poveri a Scalea e a Falerna, lo sbocco a mare di Cosenza sull’A 3: piccoli immobiliaristi romani hanno distrutto una cittadina storica, di grande sapienza urbanistica, e una macchia mediterranea meravigliosa per costruire casermoni da vendere cheap a poco metraggio l’uno, abbandonati per dieci mesi l’anno, e per gli altri due infernali. Rocca Imperiale, nome giustamente importante per un borgo arrampicato sotto al castello, opera di Federico II, nonché marchio di uno dei limoni più pregiati, era in abbandono fino a quindici anni fa, quando un gruppo di amici padovani rilevò delle case abbandonate, le rimisero in sesto il poco che necessitava per poterci passare un paio di settimane in estate, le tennero per alcune estati e poi, cambiando destinazione alle vacanze, le rivendettero al doppio e al triplo - il paese intanto si era risvegliato. Nella provincia di Reggio, la più dissestata dell’intera penisola, Palmi ha due spiagge da paradiso terrestre, la Tonnara e la Marinella, ma sa solo riempirle il mese di agosto, per la troppa folla, troppa sporcizia e poco guadagno: un sindaco intelligente, Armando Veneto, che aveva portato a Palmi il premio Viareggio del palmese Répaci,  ha dotato la Tonnara di un porto turistico, e lì il porto è rimasto, vuoto, nessuno ci ha neanche provato a gestirlo – come nel Terzo Mondo: si spendono i soldi dello Stato, gli appalti sono golosi, e poi si lascia tutto in abbandono. Tra Palmi e Villa la costa è piena di spiaggette, scogli, grotte, ma nessuno offre un servizio di cabotaggio, in barca o in motoscafo. Era una costa piena di viti zibibbo, uva molto dolce per l’insolazione, la vigna a gradoni sul mare che ha fatto la fortuna delle Cinque Terre: tutto abbandonato, la costa è inselvaggita (si voleva tracciare un sentiero, per un trekking tra cielo e mare, e niente, nemmeno quello).
Della Calabria non si finirebbe mai di dire. Che non riesce a fare tesoro delle specie vegetali che la favoriscono: bergamotto, cedro, liquirizia, oltre all’ulivo, di cui ha forse la maggiore superficie alberata, e gli agrumi. Inventare prodotti, promuoverli. E avrebbe anche un numero strabiliante di vitigni autoctoni - non dirlo ai padovani né ad altri veneti – che non cura. Ci volevano donne venete, magari solo reduci da Casarsa quando c’era il militare obbligatorio, per aprire un primo rifugio sul Pollino, o ristoranti da fiaba, sotto Gambarie, con affaccio sullo Stretto - lo Stretto, un capitale vergine.
Non è un paradosso, sicuramente non un pregiudizio, è una constatazione, sconsolata: il Sud soffre di mancanza di bisogno – vero, reale: si accontenta.
 
Sudismi\sadismi
Dal “Corriere della sera” online: “È partito da poco un percorso rivolto a formare insegnanti che a loro volta faranno da formatori ad altri insegnanti attraveso dei corsi online che cominceranno in autunno e avranno per oggetto la didatttica della lingua italiana, della matematica e della lingua imglese. Destinatari di questi corsi sono i docenti in servizio nelle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna, regioni che nei test Invalsi ottengono risultati molto al di sotto della media italiana”, Marco Ricucci, professore di Italiano e Latino presso il Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Milano.
In realtà la sperimentazione, avviata e gestita da Indire, Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa, è rivolta a introdurre nella scuola la “grammatica valenziale” o della verbodipendenza, una pedagogia innovativa, e comincia dal Sud.

leuzzi@antiit.eu

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