domenica 31 luglio 2022

Hamsun antiborghese

Un romanzo “borghese”, di chiacchiere, affari e corna, in una città di mare senza mare ma di commerci, tra poeti, scrittori, giornalisti, pittori, grandi avvocati, e commercianti giovani e avventurosi, loro sì. Nient’altro accade che le loro conversazioni, al caffè - “tutti insieme «abitano» il caffè”, e “in questa città non è possibile incontrare le persone in casa, stanno sempre al caffè” – con qualche gita in mare, e le case in campagna, dover non vanno. L’unico filo è una borsa di studio governativa che i più giovani si contendono, i pittori e i poeti, spiantati, mantenuti, l’uno quindi contro l’altro, ma senza animosità. Nemmeno negli adulteri, quelli consumati e quelli respinti. La seconda parte si intitola “Le cose maturano”, ma di poco o niente, un affare andato male (una speculazione fallita sulle granaglie russe… ), ma poi recuperato, e un paio di adulteri deboli, superficiali.

Si potrebbe pensare la storia di due donne giovani e sventate. L’una moglie l’altra fidanzata, di due giovani generosi e onesti commercianti, giudiziosi. Invaghite di poeti da caffè, che le circuiscono per i soldi del marito e del fidanzato. Quindi antifemminista? Nemmeno questo. Antiborghese, questo sì – il futuro hitleriano nasce antiborghese, il primo di un filone, come avverrà di Céline, di Pound, di Drieu. Ironico e non aggressivo, ma costante.   

Un diverso Hamsun, non legato alla terra, né alla povertà. D’intreccio e linguaggio piano – ripetitivo, inconsistente, insignificante - e non coinvolgente, Che palesemente non approva lo stile di vita dei suoi intellettuali ma non lo dice, lo rappresenta, in conversazioni interminabili non risolutive. A specchio dell’egotismo di ognuno, per quanto minimo. A tratti anche dolente, come di commiserazione per un mondo vuoto.

Ma è anche inquietante, malgrado tutto: se non fosse datato, si direbbe di oggi. La politica è indifferente, le donne insoddisfatte, e non sanno perché, e più spesso single, si vive fuori, ognuno per sé, non c’è scambio nelle conversazioni. Si dice che “in politica non bisogna mai perdonare, bisogna vendicarsi”. E gli scrittori, specie i giovani, sono “avari, aridi e accorti”.

Si ripubblica, con adattamenti lessicali, la traduzione del 1942, di Longanesi: Hamsun doveva essere nell’Italia di Mussolini in guerra Gran Scrittore, se se ne traduceva anche questa critica della dolce vita.

Un romanzo del 1893, a 34 anni, pubblicato a Copenhagen, tre anni dopo “Fame”, che aveva consacrato Hamsun autore di successo. Un romanzo della borghesia intellettuale, in una “città di mare” non nominata, ma Kristiania-Oslo per vari riferimenti. In linea con quanto si produceva a Parigi nel cosiddetto Fine Secolo, contemporaneo de “Il piacere” di D’Annunzio, della sua “Trilogia della rosa”. Ma su tono ironico, seppure accennato, critico. Un romanzo “costruito”, che mima la superficialità e vuotaggine del mondo che racconta. Impervio, non il solito Hamsun che trascina, seppure col minimalismo: non apprezza, e anzi disistima il mondo che rappresenta, con a sola eccezione dei commercianti, ed è tutto dire.  

Knut Hamsun, La nuova terra, GM libri, pp. 317 € 18 

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