I
pannelli solari, cardine della transizione ecologica, sono prodotti in Cina,
nello Xingjang, bruciando carbone.
In
un podcast l’International Monetary Fund illustra con lo storico dell’energia
Daniel Yergin il passaggio dai combustibili fossili alle batterie elettriche
come un passaggio dal big oil,
localizzato, “a grandi badili”: pannelli solari e batterie consumano
un gran numero di minerali, variamente diffusi, da scavare in grandi
quantità.
C’è
l’allarme siccità, ogni anno ormai o quasi, e nessuna pratica intelligente
dell’acqua per usi domestici che ne consentirebbe il risparmio di almeno la
metà – per usi quotidiani ben comprimìbili, come lavarsi i denti o farsi la
barba (il vecchio barbiere tagliava
barbe lunghe con un semplice catino d’acqua). O anche pulire la differenziata.
L’azienda romana dell’acqua del resto fattura un minimo di 200 mc di acqua
l’anno per nucleo familiare, anche se il consumo è inferiore, pur mandando
tutti i giorni le lavatrici.
Senza
contare naturalmente la dispersione nella distribuzione via acquedotto, che in
Italia è accertata al 44 per cento dell’acqua presa dagli invasi e dalle
sorgenti.
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