La
recensione-ritratto di Mastroianni è stupefacente, il cui fascino durevole la
poetessa, già augustamente Nobel da qualche anno, si attarda a individuare nel
passaggio cechoviano a teatro, scritturato da Visconti, “cinico e struggente al
tempo stesso”: non più “i rozzi spasimanti che
in precedenza era stato costretto a interpretare. Vennero rimpiazzati da
individui smarriti, colti alla sprovvista dai capricci repentini del destino.
Ovvero da quei personaggi che, senza sapere bene perché, a un certo punto si
ritrovano con il meccanismo della vita inceppato, cigolante, sul punto di
andare in mille pezzi…”.
La
poesia, il lavoro di “combinare le parole in nessi vividi e duraturi”, può
esserci e può non esserci: alcuni ne hanno il dono, alcuni no, e anche i poeti
non sempre: “Ho il sospetto che sia una sfera sulla quale le vicende
esistenziali e l’intensità delle esperienze vissute non riescono a esercitare
alcuna influenza”. Un centinaio di pezzi brevi, di due pagine. Le note di
lettura della poetessa Nobel 1996 per il periodico “Žycie literackie” – quelle
che non sono confluite nella raccolta precedente, “Letture facoltative”. Queste
come quelle attorno ai “libri ricevuti”: non quelli che fanno la stagione, gli
altri, libri stravaganti o specialistici, o di poco o nessun pregio letterario,
che Wisława a modo suo vivifica, con la caratteristica arguzia.
Molto si impara. L’Islanda colonizzata dai
Normanni, nel Duecento. Le sorelle Mancini (le nipoti di Mazzarino) vagabonde e
insoddisfatte. Le “Centurie” degli scrittori polacchi in latino ancora a metà
Seicento, per avere una qualche eco in Europa. I novellieri italiani, a partire
da Boccaccio, che portarono la localizzazione con lo spaesamento, il luogo
preciso di nessun luogo: “Perché è solo dove non abitiamo che un padre malvagio
può offrire alla figlia diletta il cuore dell’amato in una coppa d’oro” – o
dell’inverosimile vero. Il “diluvio svedese”, quando erano gli Svedesi a
smembrare la Polonia. La “scoperta” che sono andati distrutti i nove decimi
della letteratura latina, e “di nessuno si è conservata la produzione
completa”. Un pezzo sull’immondizia – sull’immondizia - solo magistrale tanto è
vero. La donna al tempo delle Crociate. Quando la Polonia arrivava a Kiev e Smolensk.
Qualche satira: le fotografie degli Autori, lo Stradivari dei tre fratelli
Hill. Molte buone letture, anche: Orazio, Chopin (il padre di Chopin),
Teocrito, Beniamino Gigli, Casanova. E l’esploit di una pagina su Margarete
Wittgenstein, o Margarethe o Margaret, insomma quella del ritratto che ne fece
Klimt, senza menzionare che era sorella di Ludwig.
Cronache,
per lo più letterarie, curiose. Di prima della caduta del Muro, e anche di
dopo. Senza differenza, e questo è il loro fascino. In filigrana la Polonia
degli anni di ferro. Perché ci fu un’epoca, durata fino a trent’anni fa, in cui
mezza Europa era occupata da Mosca, dalla Russia sovietica, con l’esercito e
con le polizie, e bisognava stare molto attenti a cosa si diceva. L’orrido
sistema di controllo è messo in pagina una sola volta, leggendo le memorie di
Maja Plissetskaja dopo il diluvio, ridicolizzato al quadrato: il balletto era
tenuto in grande spolvero per offrire la necessaria serata di gala gli ospiti
stranieri, in ambiente di lusso, e per pagarsi a spese degli artisti lussuose
trasferte all’estero, a fini di controllo. Sullo sfondo una Polonia colta,
senza dirselo, curiosa, sintonizzata sul mondo – il paese sul quale i 35 anni
di dominio sovietico hanno pesato di meno, malgrado le tante repressioni. Ma
anche: quanto si traduceva in epoca sovietica.
Con
una nota di Luca Bernardini, “Una mantide ludica ed empatica”. Mantide non
è troppo? Il proprio di Szymborska è piuttosto la compagnoneria, di persona
sicuramente femminile e sempre attraente, non ingombrante. Spiritosa anche qui,
come suole.
Wisława
Szymborska, Come vivere in modo più
confortevole, Adelphi, pp.258 € 14
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