venerdì 22 luglio 2022

Esercizi di libertà sotto il tallone sovietico

La recensione-ritratto di Mastroianni è stupefacente, il cui fascino durevole la poetessa, già augustamente Nobel da qualche anno, si attarda a individuare nel passaggio cechoviano a teatro, scritturato da Visconti, “cinico e struggente al tempo stesso”: non più “i rozzi spasimanti che  in precedenza era stato costretto a interpretare. Vennero rimpiazzati da individui smarriti, colti alla sprovvista dai capricci repentini del destino. Ovvero da quei personaggi che, senza sapere bene perché, a un certo punto si ritrovano con il meccanismo della vita inceppato, cigolante, sul punto di andare in mille pezzi…”.

La poesia, il lavoro di “combinare le parole in nessi vividi e duraturi”, può esserci e può non esserci: alcuni ne hanno il dono, alcuni no, e anche i poeti non sempre: “Ho il sospetto che sia una sfera sulla quale le vicende esistenziali e l’intensità delle esperienze vissute non riescono a esercitare alcuna influenza”. Un centinaio di pezzi brevi, di due pagine. Le note di lettura della poetessa Nobel 1996 per il periodico “Žycie literackie” – quelle che non sono confluite nella raccolta precedente, “Letture facoltative”. Queste come quelle attorno ai “libri ricevuti”: non quelli che fanno la stagione, gli altri, libri stravaganti o specialistici, o di poco o nessun pregio letterario, che Wisława a modo suo vivifica, con la caratteristica arguzia.

Molto  si impara. L’Islanda colonizzata dai Normanni, nel Duecento. Le sorelle Mancini (le nipoti di Mazzarino) vagabonde e insoddisfatte. Le “Centurie” degli scrittori polacchi in latino ancora a metà Seicento, per avere una qualche eco in Europa. I novellieri italiani, a partire da Boccaccio, che portarono la localizzazione con lo spaesamento, il luogo preciso di nessun luogo: “Perché è solo dove non abitiamo che un padre malvagio può offrire alla figlia diletta il cuore dell’amato in una coppa d’oro” – o dell’inverosimile vero. Il “diluvio svedese”, quando erano gli Svedesi a smembrare la Polonia. La “scoperta” che sono andati distrutti i nove decimi della letteratura latina, e “di nessuno si è conservata la produzione completa”. Un pezzo sull’immondizia – sull’immondizia - solo magistrale tanto è vero. La donna al tempo delle Crociate. Quando la Polonia arrivava a Kiev e Smolensk. Qualche satira: le fotografie degli Autori, lo Stradivari dei tre fratelli Hill. Molte buone letture, anche: Orazio, Chopin (il padre di Chopin), Teocrito, Beniamino Gigli, Casanova. E l’esploit di una pagina su Margarete Wittgenstein, o Margarethe o Margaret, insomma quella del ritratto che ne fece Klimt, senza menzionare che era sorella di Ludwig.

Cronache, per lo più letterarie, curiose. Di prima della caduta del Muro, e anche di dopo. Senza differenza, e questo è il loro fascino. In filigrana la Polonia degli anni di ferro. Perché ci fu un’epoca, durata fino a trent’anni fa, in cui mezza Europa era occupata da Mosca, dalla Russia sovietica, con l’esercito e con le polizie, e bisognava stare molto attenti a cosa si diceva. L’orrido sistema di controllo è messo in pagina una sola volta, leggendo le memorie di Maja Plissetskaja dopo il diluvio, ridicolizzato al quadrato: il balletto era tenuto in grande spolvero per offrire la necessaria serata di gala gli ospiti stranieri, in ambiente di lusso, e per pagarsi a spese degli artisti lussuose trasferte all’estero, a fini di controllo. Sullo sfondo una Polonia colta, senza dirselo, curiosa, sintonizzata sul mondo – il paese sul quale i 35 anni di dominio sovietico hanno pesato di meno, malgrado le tante repressioni. Ma anche: quanto si traduceva in epoca sovietica.

Con una nota di Luca Bernardini, “Una mantide ludica ed empatica”. Mantide non è troppo? Il proprio di Szymborska è piuttosto la compagnoneria, di persona sicuramente femminile e sempre attraente, non ingombrante. Spiritosa anche qui, come suole.

Wisława Szymborska, Come vivere in modo più confortevole, Adelphi, pp.258 € 14


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