Il gas russo - e la moglie di Berlusconi
La storia del gas russo comincia
nel 1969, quando l’Eni, monopolista del gas italiano, conclude che le riserve
nazionali non sono grandi e che bisogna importare il gas. I rapporti con Mosca
erano buoni, dopo il primo accordo per il petrolio, firmato nel 1955 da
Enrico Mattei. Il successore di Mattei, Cefis, avviò i contatti per
il gas nel 1967, quando Mosca varò un programma di messa in produzione del
bacino di Tjumen in Siberia: Cefis propose di farsene grande compratore, in
cambio di forniture di servizi e materiali di ricerca e produzione. Il
negoziato fu duramente opposto da Repubblica Ceca e Ucraina, secondo le quali
il gas veniva venduto all’Italia, col sistema delle forniture in cambio di beni
e servizi, a un costo inferiore a quello che Mosca applicava a loro. E dal
governo italiano dell’onorevole Moro, personalmente non in buoni rapporti con
Cefis e l’Eni, ritenuto feudo fanfaniano, e più ancora dai socialisti, col
ministro del Commercio Estero Tolloy, perché gli acquisti di materie prime da
Mosca si riteneva comportassero “sfioramenti” in Svizzera a favore del Pci.
L’accordo, pronto nel 1968, fu bloccato dalla crisi
cecoslovacca, culminata con l’invasione. Fu concluso nel 1969, col primo
governo Rumor - Vittorino Colombo, Sinistra Dc, al Commercio Estero. Per la
fornitura di sei miliardi di mc l’anno di gas naturale, da inoltrare mediante
una condotta attraverso l’attuale Slovacchia e l’Austria (Tag, Trans Austria
Gasleitung), da realizzare in cinque anni, col contributo dell’industria
italiana. Ci lavoreranno Saipem, Snam Progetti e Nuovo Pignone del gruppo Eni,
e l’Italsider-Iri per la fornitura delle tubazioni della condotta, tubi
speciali, d’acciaio molto temperato e di grande diametro - l’accordo per la
fornitura delle tubazioni Italsider verrà celebrato ogni anno con un
ricevimento all’ambasciata russa a villa Abamelek a Roma.
Già prima del completamento della
condotta Tag, tra Eni e Mosca si progettava una rete europea del gas.
Nel 1973 l’accordo veniva
raddoppiato, a 12 miliardi di mc.. Coinvolgendo altri importatori sul transito
dell’oleodotto, come l’Austria. La diffidenza, come già per il petrolio, di cui
l’Eni si era fatto acquirente nel 1955, dopo il primo moto di scandalo cessava,
essendo i russi buoni fornitori, rispettosi dei tempi e delle clausole, benché
ci fosse la “guerra fredda”.
Nello stesso 1973 l’Eni aveva
anche adottato una politica del “tutto gas”, dando per scontato che l’Italia non
sarebbe passata al nucleare, come la Francia stava facendo. Cercò quindi una seconda
fonte di approvvigionamento, oltre alla Russia: avvistata prima nell’Iran, poi
nell’Algeria, con cui a fine 1974 concludeva il primo accordo d’importazione. Contemporaneamente triplicando gli acquisti di gas libico della Esso, che già arrivava liquefatto da Marsa El Brega a Panigaglia, con un gasdotto.
A partire dal 1996 le forniture di gas russo sono
raddoppiate – e in seguito ulteriormente amentate – per la messa in produzione
del nuovo immenso bacino di gas naturale di Urengoy, anch’esso in Siberia. Al
cui sviluppo vari gruppi italiani hanno partecipato, Eni, Enel, Italsider,
fornendo stazioni di compressione per il sistema di trasporti da Urengoy
all’Ovest, tubazioni, montaggi – oltre all’ammodernamento delle condotte
esistenti. Si
è passati da 12 miliardi di mc. importati dalla Russia ai 35 miliardi del 2021.
La triplicazione dell’import di
gas dalla Russa si deve alla spinta dei governi Berlusconi, e di Berlusconi in persona,
nei tanti contatti avuti in proposito con Putin, in Italia e a Mosca, e con Medvedev.
In contemporanea, e in gara, con quanto faceva la Germania del cancelliere
socialdemocratico Schröder, al potere dal 1998 al 2006 – poi diventato, dal
2006, superconsulente molto ben retribuito di Gazprom: la Germania di Merkel
diventerà con lui l’hub europeo del gas russo, l’alleato privilegiato di Gazprom (un legame talmente stretto che oggi la Ue deve plafonare i consumi di tutti per rifornire la Germania).
Il primo approccio di Berlusconi per
un aumento delle importazioni fu fatto per un privato, per il suo amico
personale e socio in affari Bruno Mentasti, che voleva entrare nel lucroso
business da grossista, nel 2002. Una iniziativa che poi non si concluse. L’aumento
fu opera soprattutto della gestione Scaroni all’Eni, nominato da Berlusconi. In
contemporanea con l’affacciarsi sul mercato internazionale dei grandi
distributori di gas nel mercato ormai liberalizzato, come Enel, Edison, e
altri, e con la collaborazione industriale per lo sviluppo dei giacimenti
Urengoy.
Il primo approccio di Berlusconi per il gas russo, a
Mosca nel 2002, con Medvedev, è una storia sapida. Berlusconi era già in affari
con Mentasti. Ma il gas fu opera delle mogli di Berlusconi e di Mentasti. Bruno Mentasti, che Berlusconi voleva imporre a Medvedev,
era in quell’affare il marito di sua moglie: era la signora Mentasti che aveva
il cuore di Berlusconi. E non per il noto casanovismo dello stesso, ma per
essere intima dell’allora first lady Veronica.
Mentasti partner italiano di Gazprom,
anche soltanto per la provvigione in Austria tramite la Centrex, è sembrata
all’epoca, e forse è stata, una delle barzellette di Berlusconi “diplomatico”:
Mentasti sta all’Eni come un concessionario d’auto alla Fiat. Ma poi abbiamo
saputo perché: i Mentasti erano – e sono - amici di Veronica allora Berlusconi.
“Oggi”, informava tenero il “Corriere della sera”, oggi il giorno dopo le
elezioni del 7 giugno 2009, la moglie di
Berlusconi “dovrebbe raggiungere le amiche del cuore per un paio di giorni a
Lodi, dove Floriana Mentasti ha organizzato nella sua bellissima casa di
campagna un ritiro tutto «al femminile»”. Oggi, due anni e mezzo dopo la
lettera a “Repubblica” della moglie contro Berlusconi, nelle more della separazione che ne era seguita. E la cosa si collegava
al gas, al mancato affare: la cosa russa era sfumata sul nascere, gli affari
comuni si erano divisi, e i Mentasti si sono scoperti amici della moglie di
Berlusconi e non di Berlusconi.
Sono stati loro a portare Dario
Cresto-Dina alla moglie di Berlusconi e la moglie di Berlusconi a denunciare il
marito su “Repubblica”, il giornale di cui Cresto-Dina è vice-direttore.
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