giovedì 7 luglio 2022

Il giallo delle parole

Il secondo e ultimo giallo dell’autore ignoto che aveva affascinato Sciascia (“il suo editore americano non conserva più traccia di lui nei suoi archivi”, dice il risvolto). Un po’ tirato come plot: la storia viene svolta da un registratore, uno dei primi quando Holiday Hall scriveva, nel 1954, rimasto accesso nel momento topico, che ogni tanto si rimette in funzine da solo e rivela nuovi particolari. Ma efficace ritratto di Vienna occupata, nel momento in cui la guerra fredda si rinfocola, con la guerra di Corea. Dell’Austria divisa tra zone di occupazione, degli austriaci ridotti alla sopravvivenza, nel mezzo della borsa nera, degli odii che vanno al di là della politica, per le diverse esperienze fatte in guerra, o dopo come prigionieri di guerra, proprie o di figli e amanti, alcune ammirative altre ostili.

Questo soprattutto: Holiday Hall trova il modo – è il leitmotiv – di far capire che l’occupazione non è liberazione: non è gradita e non dà benefici, al contario di come gli Stati Uniti e l’Europa hanno fatto nel Millennio. C’è anche la Russia che dovremmo e non conosciamo: nel ’45 i russi avevano preparato un’armata per marciare su Vienna, “l’avevano istruita, le avevano detto come comportarsi”, poi l’armata dovettero dirottarla su Budapest, liberazione più difficile del preventivato, e a Vienna finirono “truppe mongole che non conoscevano nulla del mondo che stavano conquistando”.

Non è la sola novità. C’è già la moglie giovane del diplomatico americano attaccata alla bottiglia.

E, soprattutto, la tecnica di scrittura del giallo messa a nudo: creare l’attesa (suspense) macinando parole – “ingannare l’attesa”: arrivare ai “fatti”, che poi sono uno, chi è il colpevole, parlando d’altro.

Geoffrey Holiday Hall, Qualcuno alla porta, Sellerio, pp. 276 € 12

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