La recensione delle “Memorie” di Tennessee Williams. Gore Vidal, cioè, che parla di se stesso, come solo sapeva fare – ho detto, ho fatto, ho incontrato…- parlando di Williams. Il grande commediografo, di enorme successo, che anche lui invidiava.
Per
lettori di Vidal, quindi Ma con un significato storico che s’impone sinistro: oggi
in nessun giornale o rivista nessuno commissionerebbe, nessuno pubblicherebbe se
offerto, anche gratis, un articolo di dodici pagine di uno scrittore su un
altro scrittore, per quanto ben cucito, con aneddoti, pettegolezzi,
spiritosaggini.
Un
testo di cinquant’anni fa, dunque, come di un altro mondo. Per più di un
significato storico: un dialogo a distanza tra due scrittori che si erano
fermati agli anni 1950, rifuggendo i Sessanta, e più ancora i Settanta. In
un’epoca in cui i fag, spiega a lungo
Vidal, erano evitati e censurati, i finocchi. “Dalle terre alte della Partisan Review alle terre di mezzo del settimanale Time, attacchi avvelenati a veri o sospetti finocchi non mancavano
mai. Una storia da copertina per Time su Auden fu buttata via
quando al caporedattore di giornata fu detto che Auden era finocchio”- all’epoca
la parola si poteva anche scrivere.
Gore
Vidal, Selected Memories of the Glorious
Bird and the Golden Age, “The New Yorker”, 5 febbraio 1976
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