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Letture - 496
letterautore
Aneddotica – “L’aneddotica è dominio pressoché esclusivo dello snobismo”, Wisława
Szymborska (“Come vivere in modo più confortevole”, 226), “e assai
difficilmente riuscirà a farvi breccia una persona dal cognome che dice poco,
per quanto arguta sia”.
Céline – “Un enorme ammontare di energia verbale e di prolungate metafore” è il
segreto anche delle ”bagattelle”, i libelli antisemiti: Alice Kaplan così
individua sulla “New York Review of Books” il “segreto” di Céline – sormontato
da “un incongruo inchino a spettacoli di bellezza”.
Cibo – “Il cibo è green, healthy, lactose free e caro”, Guillaume Musso, “La sconosciuta della Senna”. L’ultima follia americana (o mercato, giro d’affari) – ma non si dice più, nemmeno in Francia (la Francia è stata a lungo gelosissima, attenta all’americanizzazione, con De Gaulle e non solo, l’ultimo difensore fu Jacques Toubon, ministro della Cultura e della Francofonia, dal 1993 al 1995, quindi trent’anni fa): con i social siamo diventati tutti americani, all’istante, come il caffè Nestlè, solubile.
Cristo – Prima di Pasolini, la questione era posta da Pavese, in “Ciau, Masino”, il primo romanzo rimasto inedito, e affidata a Hoffman, “l’ebreo”, l’amico intelligente: “Io ho dinnanzi una religione che dovrebbe essere fondata su una bruciante carità. Amore di Dio e amore delle creature. E se la considero agli effetti, trovo che tutto si riduce a una nebulosa tenerezza verso entità nebulose, l’umanità, il bambino, la vergine. Dov’è il vero amore di Cristo?”
Curiosi
–
Si chiamavano così, nei processi dell’Inquisizione, i delatori–accusatori –
secondo Voltaire, che in questi termini ne scrive a Condorcet il 14 luglio
1773. In questo senso il rinvio è spiegato da Linda Gil, la specialista degli
archivi degli Illuministi, in nota alla “Correspondance secrète
Voltaire-D’Alembert-Condorcet” da lei curata: “Nome dato ai denunciatori
ufficialmente incaricati dall’Inquisizione di denunce delle distorsioni della
religione”.
Dante e Montessori – È il titolo dell’ultimo saggio del dantista Alfio Albani. Per tutta una serie di citazioni, notizie, riferimenti, nei saggi e nei diari di Mara Montessori. E per la sua lettura dell’“intelletto d’amore” non come fatto emotivo ma come forma d’intendere e conoscere.
Dumas
–
È autore di 654 opere, pubblicate – una sola opera è stata pubblicata postuma.
Morendo sessantottenne. Che ha riempito con 4.056 personaggi principali, 8872
secondari, e 24.339 appena accennati, per un totale di oltre 37 mila nomi.
Epistolari
–
Nel ‘700 (lo lamenta parla spesso Voltaire nella corrispondenza) e ancora nell’
‘800, le lettere venivano liberamente, se d’interesse del destinatario, rese
pubbliche. Si scambiavano anche tra più persone per essere lette, e a volte trascritte,
cioè copiate.
Fantasmi
–
Entrano in letteratura a fine Settecento. A opera del romanticismo (il
romanticismo se ne fa un ingrediente d’obbligo, e quasi una forza)? Anche il
gotico, che di fantasmi abbonda, si può ricondurre al romanticismo.
Francesco
–
“Mi sa spiegare perché è tanto in voga adesso lo spirito finto francescano? Non
le pare un po’ un’imbecillità?”, così “l’ebreo” Hoffman di Pavese, “Ciau, Masino”,
apostrofa don Rione, uno sperduto parroco da cui gli amici capitano in visita.
E rinforza: “Parlo latino”. Il romanzo, rimasto inedito, è del 1932, ma sembra
oggi: “…Sì”, continua Hoffman, “vanno tutti in brodo i liberi pensatori laici
per quattro sciocchezze sentimentali”.
Hitler-Stalin – Due “liberatori” per Gide
ancora nel 1943, che così li registra nel “Diario” tra il 9 marzo e il 12 aprile.
Lettore – R. Barthes ha
il “lettore isterico” (“Il piacere del testo”, 124): quello che “prende il testo
per oro colato, che entra
nella commedia senza contenuto, senza verità, del linguaggio, che non è più il soggetto di nessuno sguardo
critico e si getta attraverso il
testo (cosa ben diversa dal proiettarvisi)”.
Montecristo
napoleonico –
“Il conte di Montecristo” è una celebrazione di Napoleone? È l’ipotesi dello storico
Mascilli Migliorini, sul “Sole 24 Ore” domenica. È il primo libro di successo di
Dumas, 1844, e “rimanda anche alla scoperta dell’Italia”, fatta negli anni 1830.
Ma soprattutto alla nostalgia di Napoleone. Che di Dumas, come di “tutta la sua
generazione, generazione romantica, generazione «nata col secolo», come scrive
di sé Victor Hugo”, era una sorta di padre putativo. Anche se Napoleone era all’origine
delle disgrazie del padre dello scrittore, il soldato creolo della rivoluzione
assurto presto al grado di generale, fino a che non si imbatté in Napoleone. Nel
1795 il giovane Bonaparte si era sosti8tuito al generale nella difesa contro
l’insurrezione realista a Parigi. Nella successiva campagna d’Italia, e poi in
Egitto, i dissidi con Napoleone erano costati al generale Dumas padre la carriera
e anche l’occupazione: al ritorno dall’Egitto era stato pensionato (lo scrittore
nascerà dopo, nel 1802).
“Pensato dopo una gita all’isola d’Elba
e nell’arcipelago toscano, in compagnia del figlio di Gerolamo Bonaparte, il
“Conte di Montecristo” è in realtà il vero libro napoleonico di Alexandre Dumas.
L’epica vendetta di Edmond Dantès è anche la vendetta che un’intera generazione
affida allora alle pagine degli scrittori e degli storici, nelle quali le
imprese napoleoniche illuminano la sonnolenta e codarda età della
Restaurazione”.
Stendhal non scrisse il libro
napoleonico, per il quale pure annotò moltissime pagine, più che per qualsiasi
altro suo “romanzo storico”, perché si era fissato su Napoleone stesso?
Parigi
–
Ha il motto “fluctuat nec mergitur”. Che viene tradotto: “Galleggia e non va a
fondo”, mentre sembrerebbe “galleggia per non affondare”.
Pasolini – Magris gli
trova un precedente in D’Annunzio, non per l’estetica, proprio per quello che
ora più lo contraddistingue, la vena sociale (“Corriere della sera”,19 luglio,
“I ritratti di Enzensberger”): D’annunzio ha scritto di tutto, anche lui, “ma
anche capolavori di poesia nei quali ha fatto i conti - come molto più tardi, anche se in modo
imparagonabile, Pasolini – con quella trasformazione psicologica, fisiologica,
sensuale dell’uomo in quegli anni e decenni, in cui nasceva un «oltreuomo», che
non era, come forse pure D’Annunzio credeva, un «superuomo», ma un nuovo tipo,
una nuova forma d’uomo, una nuova struttura dell’Io”.
Rilke – È un altro “eteronimo”
di Pessoa? “I Quaderni di Malte Laurids Brigge” di Rilke e il “Libro dell’inquietudine”
di Pessoa, “questi due «diari» del Novecento, opera di due poeti che non si
sono mai conosciuti, presentano similitudini stupefacenti” – Antonio Tabucchi,
“L’automobile, la nostalgia e l'infinito”, 73. Cioè? “Entrambi i loro
protagonisti guardano il mondo”.
Viaggiare
–
Pessoa, che pure ha viaggiato, celebra “la viglia di non partire mai,\ perlomeno
non ci sono valige da fare” (“Poesie di Álvaro de Campos”).
Word-painting – Con la parola Ruskin
immaginava di poter descrivere cioè che per natura non può essere descritto –
il mutevole e il cangiante, come i colori dell’aria, variabili, varianti all’istante.
Ma era un’idea di Keats. E prima ancora di Orazio - “Ut pictura poësis” - la
poesia è come la pittura: una parte ti prende se ti avvicini, un’altra se ti
tieni a distanza.
letterautore@antiit.eu
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