lunedì 25 luglio 2022

Letture - 496

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Aneddotica – “L’aneddotica è dominio pressoché esclusivo dello snobismo”, Wisława Szymborska (“Come vivere in modo più confortevole”, 226), “e assai difficilmente riuscirà a farvi breccia una persona dal cognome che dice poco, per quanto arguta sia”.
 
Céline – “Un enorme ammontare di energia verbale e di prolungate metafore” è il segreto anche delle ”bagattelle”, i libelli antisemiti: Alice Kaplan così individua sulla “New York Review of Books” il “segreto” di Céline – sormontato da “un incongruo inchino a spettacoli di bellezza”.
 


Cibo – “Il cibo è green, healthy, lactose free e caro”, Guillaume Musso, “La sconosciuta della Senna”. L’ultima follia americana (o mercato, giro d’affari) – ma non si dice più, nemmeno in Francia (la Francia è stata a lungo gelosissima, attenta all’americanizzazione, con De Gaulle e non solo, l’ultimo difensore fu Jacques Toubon, ministro della Cultura e della Francofonia, dal 1993 al 1995, quindi trent’anni fa): con i social siamo diventati tutti americani, all’istante, come il caffè Nestlè, solubile.


Cristo – Prima di Pasolini, la questione era posta da Pavese, in “Ciau, Masino”, il primo romanzo rimasto inedito, e affidata a Hoffman, “l’ebreo”, l’amico intelligente: “Io ho dinnanzi una religione che dovrebbe essere fondata su una bruciante carità. Amore di Dio e amore delle creature. E se la considero agli effetti, trovo che tutto si riduce a una  nebulosa tenerezza  verso entità nebulose, l’umanità, il bambino, la vergine. Dov’è il vero amore di Cristo?”


Curiosi – Si chiamavano così, nei processi dell’Inquisizione, i delatori–accusatori – secondo Voltaire, che in questi termini ne scrive a Condorcet il 14 luglio 1773. In questo senso il rinvio è spiegato da Linda Gil, la specialista degli archivi degli Illuministi, in nota alla “Correspondance secrète Voltaire-D’Alembert-Condorcet” da lei curata: “Nome dato ai denunciatori ufficialmente incaricati dall’Inquisizione di denunce delle distorsioni della religione”.


Dante e Montessori – È il titolo dell’ultimo saggio del dantista Alfio Albani. Per tutta una serie di citazioni, notizie, riferimenti, nei saggi e nei diari di Mara Montessori. E per la sua lettura dell’“intelletto d’amore” non come fatto emotivo ma come forma d’intendere e conoscere.


Dumas – È autore di 654 opere, pubblicate – una sola opera è stata pubblicata postuma. Morendo sessantottenne. Che ha riempito con 4.056 personaggi principali, 8872 secondari, e 24.339 appena accennati, per un totale di oltre 37 mila nomi.
 
Epistolari – Nel ‘700 (lo lamenta parla spesso Voltaire nella corrispondenza) e ancora nell’ ‘800, le lettere venivano liberamente, se d’interesse del destinatario, rese pubbliche. Si scambiavano anche tra più persone per essere lette, e a volte trascritte, cioè copiate.
 
Fantasmi – Entrano in letteratura a fine Settecento. A opera del romanticismo (il romanticismo se ne fa un ingrediente d’obbligo, e quasi una forza)? Anche il gotico, che di fantasmi abbonda, si può ricondurre al romanticismo.
 
Francesco – “Mi sa spiegare perché è tanto in voga adesso lo spirito finto francescano? Non le pare un po’ un’imbecillità?”, così “l’ebreo” Hoffman di Pavese, “Ciau, Masino”, apostrofa don Rione, uno sperduto parroco da cui gli amici capitano in visita. E rinforza: “Parlo latino”. Il romanzo, rimasto inedito, è del 1932, ma sembra oggi: “…Sì”, continua Hoffman, “vanno tutti in brodo i liberi pensatori laici per quattro sciocchezze sentimentali”.

Hitler-Stalin – Due “liberatori” per Gide ancora nel 1943, che così li registra nel “Diario” tra il 9 marzo e il 12 aprile.
 
Lettore – R. Barthes ha il “lettore isterico” (“Il piacere del testo”, 124): quello che “prende il testo per oro colato, che entra nella commedia senza contenuto, senza verità, del linguaggio, che non è più il soggetto di nessuno sguardo critico e si getta attraverso il testo (cosa ben diversa dal proiettarvisi)”.
 
Montecristo napoleonico – “Il conte di Montecristo” è una celebrazione di Napoleone? È l’ipotesi dello storico Mascilli Migliorini, sul “Sole 24 Ore” domenica. È il primo libro di successo di Dumas, 1844, e “rimanda anche alla scoperta dell’Italia”, fatta negli anni 1830. Ma soprattutto alla nostalgia di Napoleone. Che di Dumas, come di “tutta la sua generazione, generazione romantica, generazione «nata col secolo», come scrive di sé Victor Hugo”, era una sorta di padre putativo. Anche se Napoleone era all’origine delle disgrazie del padre dello scrittore, il soldato creolo della rivoluzione assurto presto al grado di generale, fino a che non si imbatté in Napoleone. Nel 1795 il giovane Bonaparte si era sosti8tuito al generale nella difesa contro l’insurrezione realista a Parigi. Nella successiva campagna d’Italia, e poi in Egitto, i dissidi con Napoleone erano costati al generale Dumas padre la carriera e anche l’occupazione: al ritorno dall’Egitto era stato pensionato (lo scrittore nascerà dopo, nel 1802).
“Pensato dopo una gita all’isola d’Elba e nell’arcipelago toscano, in compagnia del figlio di Gerolamo Bonaparte, il “Conte di Montecristo” è in realtà il vero libro napoleonico di Alexandre Dumas. L’epica vendetta di Edmond Dantès è anche la vendetta che un’intera generazione affida allora alle pagine degli scrittori e degli storici, nelle quali le imprese napoleoniche illuminano la sonnolenta e codarda età della Restaurazione”.
Stendhal non scrisse il libro napoleonico, per il quale pure annotò  moltissime pagine, più che per qualsiasi altro suo “romanzo storico”, perché si era fissato su Napoleone stesso?
 
Parigi – Ha il motto “fluctuat nec mergitur”. Che viene tradotto: “Galleggia e non va a fondo”, mentre sembrerebbe “galleggia per non affondare”.
 
Pasolini – Magris gli trova un precedente in D’Annunzio, non per l’estetica, proprio per quello che ora più lo contraddistingue, la vena sociale (“Corriere della sera”,19 luglio, “I ritratti di Enzensberger”): D’annunzio ha scritto di tutto, anche lui, “ma anche capolavori di poesia nei quali ha fatto i conti  - come molto più tardi, anche se in modo imparagonabile, Pasolini – con quella trasformazione psicologica, fisiologica, sensuale dell’uomo in quegli anni e decenni, in cui nasceva un «oltreuomo», che non era, come forse pure D’Annunzio credeva, un «superuomo», ma un nuovo tipo, una nuova forma d’uomo, una nuova struttura dell’Io”.
 
Rilke – È un altro “eteronimo” di Pessoa? “I Quaderni di Malte Laurids Brigge” di Rilke e il “Libro dell’inquietudine” di Pessoa, “questi due «diari» del Novecento, opera di due poeti che non si sono mai conosciuti, presentano similitudini stupefacenti” – Antonio Tabucchi, “L’automobile, la nostalgia e l'infinito”, 73. Cioè? “Entrambi i loro protagonisti guardano il mondo”.
 
Viaggiare – Pessoa, che pure ha viaggiato, celebra “la viglia di non partire mai,\ perlomeno non ci sono valige da fare” (“Poesie di Álvaro de Campos”).
 
Word-painting – Con la parola Ruskin immaginava di poter descrivere cioè che per natura non può essere descritto – il mutevole e il cangiante, come i colori dell’aria, variabili, varianti all’istante. Ma era un’idea di Keats. E prima ancora di Orazio - “Ut pictura poësis” - la poesia è come la pittura: una parte ti prende se ti avvicini, un’altra se ti tieni a distanza.

letterautore@antiit.eu


 


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