Smilzo libretto sull’eterno Pessoa di Tabucchi, che come tutto di questo scrittore è denso di umori. Su Pessoa e i suoi suoi tre principali eteronimi, i tre moschettieri che lo tolgono alla vista, qui indagati e rappresentati come autori distinti. L’ennesima trattazione degli eteronimi arricchita da un saggio su Leopardi, da Leopardi e Dante alla sua fortuna in portoghese, compreso lo stesso Pessoa. Direttamente, in quanto lettore di Leopardi e autore di almeno un componimento a lui dedicato, “Canto a Leopardi”, e indirettamente, per la condivisione di un ampio apparato psicologico, e per la temperie culturale di fine Ottocento-primo Novecento.
Pessoa,
si direbbe, è molti altri, tra essi anche Leopardi. Sicuro? Non è “il poeta un
fingitore” – “Finge così completamente\ che arriva a fingere che è dolore\ il dolore
che davvero sente”? Sì, li unisce l’incombere di infinito e di tedio, e il
dissidio di natura e ragione.
Tabucchi
mette in moto e aziona gli pseudonimi di Pessoa – o più caratteristicamente eteronimi,
poiché ognuno ha interessi e sensibilità proprie. Ma in un quadro comparativo,
con Pessoa in Europa, tra i letterati del tempo. In particolare Pessoa e
Mallarmé, Pessoa e Leopardi.
Il
poeta portoghese, che deve a Tabucchi una seconda vita, è qui introdotto in
chiave europea, al centro dell’Europa letterata, in un serie di lezioni tenute
a Parigi, alla École des Hautes Études en Sciences Sociales, nel novembre del
1994. L’ennesimo tributo di Tabucchi a Pessoa – “con Pessoa ho stabilito, già
dagli anni Settanta, un rapporto che va al di là della semplice fedeltà di
lettore”. Un eteronimo, si può dire, ulteriore di Pessoa, un altro-da-sé, oltre
ai tre canonici, sotto il nome e nelle sembianze di Ricardo Reis, Álvaro de
Campos, Bernardo Soares, in cui Pessoa si fantasticava e che Tabucchi rievoca e
ri-rappresenta, inesausto, ognuno con la sua personalità. Con – altro tema
ricorrente – la nostalgia, nei tre eteronimi, in Pessoa, in Tabucchi.
Con
l’assunzione preliminare, naturalmente, di Pessoa al centro del Novecento,
insieme col migliore Novecento: Joyce, Kafka e Gadda per il Novecento come
“scrittura”; Rimbaud e Pirandello per il Novecento come “Altro”; l’eteronimia
per il Mallarmé del colpo di dadi. Insomma tra Otto e Novecento. Anche per gli
“anti-macchina!” (anti-automobile): Pessoa con Svevo, Pirandello e Kafka. Più
la “conscience ironique” di Jankélevitch. Sullo sfondo, naturalmente, della nostalgia.
La malinconia è un piccolo saggio dentro il saggio. Quella
di Pessoa viene seduta, cioè con la sedia, come è dello scrittore. Sulla scia
di Eugenio d’Ors. Ma Pessoa non scriveva anche in piedi, sul comò in sala da pranzo
– il primo eteronimo non lo inventò così,
dopo avere scritto difilato “cinquanta poesie”?.
Antonio
Tabucchi, L’automobile, la nostalgia e l’infinito,
Sellerio, pp. 109 € 12
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