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martedì 9 agosto 2022

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (499)

Giuseppe Leuzzi


“Povero come un gatto del Colosseo” è un verso di Pasolini, “Il canto della scavatrice” – in “Le ceneri di Gramsci”. “Povero come il gatto dei vicoli napoletani” era un verso di Elsa Morante, “Alibi”. Neo realismo? Quello vero (De Sica, Zavattini) non era “meridionale”.

 “L’immagine topica del «paese presepe» è una delle più ricorrenti nella narrativa e nella letteratura meridionalistica”, trova Vito Teti, in “Restanza”, 40. Ma poi elenca una serie di scrittori in gran parte settentrionali – e più famosamente scrittori di “paesi” (Revelli, Meneghello, Pavese): Zanotti Bianco, Giuseppe Isnardi, Alvaro, Verga, Silone, Iovine, Scotellaro, Pasolini.

Alvaro, poi, è lo scrittore più cosmopolita del primo Novecento, più e meglio di D’Annunzio.

 

Una richiesta di pizzo (150 euro in bitcoin) ai marchesi Incisa della Rocchetta, i vignaiuoli piemontesi trapiantati in Toscana per via di matrimonio, produttori famosi col Sassicaia di Bolgheri, denunciata ai Carabinieri di Livorno, porta in poche settimane a identitifcare il ricattatore (un informatico di Trieste). Quante denunce analoghe, fra le decine, centinaia, migliaia che si fanno al Sud hanno portato a individuare e neutralizzare il ricattatore? Poi si dice la mafia.

 

Pavese, è ipotesi di De Martino, l’antropologo, che con lui collaborò alla creazione della collana Viola in Einaudi, viveva a Torino col fantasma ineliminabile dell’infanzia a Santo Stefano Belbo - figlil non amato, si può aggiungere, di genitori cittadini, torinesi. Non era il solito meridionale immigrato, ma ne aveva le stimmate: ha vissuto e scritto da meridionale, sia pure leghista ante litteram (“La luna e i falò”, i vari Masino).

 

Dopo esserlo stata del covid, Milano è l’epicentro del vaiolo delle scimmie: quattro casi su cinque, 284, sono segnalati dall’Ats Milano.

Naturalmente non c’entra la peste, Milano è contagiosa perché è aperta, cosmpolitica, dromomane, non perché la sanità funziona male – la Regione Lombardia ora appresterà una task force specifica, e disporrà la vaccinazione. E poi non è come il Sud, che nasconde i casi.

 

Il ritorno è difficile

Il ritorno può essere fortemente avversato, quasi una dichiarazione di fallimento. Ma anche perché la partenza è spesso fortemente avversativa, polemica. “Mi batterò come un leone per non essere costretto a tornare nell’inferno del mio paese”, scriveva Fortunato Seminara, di Maropati, all’amico La Cava, a Bovalino. Aggiungendo: “Benché sappia (fino ad ora) che la vittoria, se riuscirò a conseguirla, mi costerà lacrime e sangue”.

Il caso di Seminara è diverso, non era partito arrabbiato. In realtà era tornato in paese, dopo un’emigrazione sfortunata a Napoli e in Svizzera, e un tentativo non riuscito di andare in America. E lì aveva scritto il meglio dei suoi romanzi e racconti – un “lavoro” che aveva scoperto nella solitudine in Svizzera. Scriveva a La Cava da Roma, nel dopoguerra, dove non riuscì ad ambientarsi.

 

Milan l’è sempre un gran Milan

Il sindaco di Milano Sala, che non ci azzecca nulla, si scaglia non richiesto, in un elogio di Draghi, contro il Ponte sullo Stretto, “una proposta inutile se non dannosa”. Può anche darsi che Sala non sappia nemmeno dove lo Stretto (di Messina) è, a Milano succede. Ma il Ponte è dannoso per chi? Per i rivieraschi probabilmente, che si dovranno fare un’alta vita. Ma per Sala?

Inutile non  si direbbe. Sala è un manager, uno di quelli che sanno di che parlano. Ma è anche un sindaco di destra - portato su dalla Moratti, per la quale ha fatto il direttore generale del Comune di Milano, il presidente dell’azienda energetica lombarda A2A, e quindi il direttore di Expo - tourné a sinistra. Inutile e dannoso per il costo? Il suo “vecchio amico” Ercole Incalza, l’ex direttore generale delle Infrastrutture, forte del miliardo e 250 milioni di contributi pubblici spesi senza ritorno per la fiera del nulla che fu l’Expo, lo può deridere per questo: il mancato ponte “costa” ogni anno sei miliardi alla Sicilia e all’intero Paese.

Tutta l’Europa, e anche l’Asia, anche il Sud America, collega i territori sparsi con ponti. Incalza elenca una serie di pareri costernati dei commissari europei alle Infrastrutture e Trasporti dei suoi anni, una decina d’anni fa, Loyola De Palacio, Karel van Miert, sulle perdite di valore aggiunto che l’Italia si infligge tenendo isolata la Sicilia. L’Italia che ha la ricchissima, fertilissima, attivissima Sicilia a tre chilometri di mare, non può metterla in valore, “Milano” non vuole.

Sembra strano che Sala, il manager tourné sindaco, e di sinistra, non abbia altro di cui occuparsi che del Ponte sullo Stretto – che lui sa benissimo che non si farà. Non era un grande manager e non è un grande politico, ma per sapere del Ponte ci vuole poco. Cioè: ci vogliono governi solidi per fare, mentre l’Italia passa da governicchio a governicchio – i governi della spesa, degli “aiuti” per decreto, 100 euro a questo, 200 a quello, q.b. per la rielezione. Allora, perché “Milano” si occupa del Ponte e non, invece, per esempio, del governo che non governa? Perché questo è il suo governo, è evidente, il governo degli affarucci, privati, un po’ loschi – “è il mercato”.

Oppure Sala, manager di destra che ora sta a sinistra, cioè dove al momento stanno i soldi, pubblici, tira fuori il Ponte perché non si parli dei tanti soldi che il successore di Incalza alle Infrastrutture gli ha elargito per la sua Olimpiade invernale – sarà il suo monumento, dopo l’Expo: un’Olimpiade a Milano, con la neve. Fallita l’Olimpiade a Roma per mano dei fidati 5 Stelle, i famosi agenti anticapitalistici del grande capitale (ideologico, editoriale), Milano com’è noto divenne un grande centro di sport invernali, e con la neve della veneta Cortina se ne è assicurata una lei. Doveva essere a costo zero per la fiscalità nazionale, quanti programmi e spergiuri non si fecero in proposito, ma ha già preso, in soli tre anni, due miliardi di soldi pubblici. Un miliardo subito, nel 2020, per le infrastrutture: strade, autostrade, aeroporti, ferrovie – col progetto anche di un’Alta Velocità per i milanesi subito fino a San Candido, all’Austria. Poi mezzo miliardo, tra 2021 e 2022, per rifare gli impianti sportivi – che sono di proprietà regionale e secondo il progetto portato al Cio, comitato olimpico internazionale, avrebbero pagato le Regioni Veneto e Lombardia. E ora 400 milioni – inseriti proditoriamente, e senza motivazioni, nel “decreto aiuti” che ha suscitato gli entusiasmi di Sala e la condanna del Ponte. In un decreto cioè di un governo dimissionario, in carica per gli affari correnti, cioè per la burocrazia, in attesa di elezioni anticipate, un po’ drammatiche.

Ecco perché Sala era entusiasta e si è spinto fino allo Stretto che non conosce e non capisce. “Preferite questa credibilità concreta o proposte inutili se non dannose come il ponte sullo Stretto?”, ha scritto sui social dopo essersi sbracciato a lodare Draghi per il Decreto Aiuti. Aveva avuto il suo quasi mezzo miliardo, una vera mano di aiuto, altro che le paghette agli incapienti.   

 

Calabria

“È la mia primissima volta in  Calabria. Un paese meraviglioso”, attesta Richard Gdre, ospite d’onore appena sbarcato al Magna Grecia Film Festival di Catanzaro, dall’aeroporto di Lamezia, a mezzora d’auto. Applausi. Grandi titoli.

 

“La Gazzetta del Sud” fa ogni giorno, tra luglio e agosto, nelle sue edizioni provinciali per la Calabria, una pagina sui maturato più meritevoli dei vari licei provinciali, dei 100 e 100 e lode, con  le foto. Sono tutte ragazze, con uno o due ragazzi.

 

Si fa una scoperta, ma un po’ scontata, leggendo la tabella degli aiuti governati all’editoria giornalistica nel 2021: i due giornali calabresi sono praticamente finanziati dallo Stato, “La Gazzetta del Sud” per 1 milione 868 mila euro, “il Quotidiano del Sud” per poco meno, 1 milione 848 mila auro. Alla pari dei giornali in lingua delle minoranze, tedescofone, slovene.

 

Da Limbadi esportare nel mondo, e che cosa fra tutte, un amaro. L’economia funziona così, indovinando un prodotto, o comunque sapendolo vendere. E la Caffo lo sa fare. Da Limbadi. Dopo avere acquisito Petrus Boonekamp, in Olanda, nientemeno, la San Marzano Borsci, il Ferro China Bisleri, e Mangili, la distilleria della “Mitica” grappa friulana. Non ci sono limiti locali allo sviluppo, la geografia non è un limite, né la storia.

 

Da calciatore giovane Pippo Inzaghi preferì passare un anno senza giocare (quindici tronconi di partita, come una qualsiasi riserva, dopo gli exploits con Under 21), piuttosto che trasferirsi dal Parma al Napoli. Ora viene tirato fuori dalla disoccupazione dalla Reggina – dopo il Benevento, che lo salvò dall’eclisse post-Milan. E non ha parole per decantare Reggio.

 

Atene ha rinnovato il diritto: “Draconte fu il primo legislatore”, Eva Cantarella su “Robinson” del 23 luglio: “La sua riforma più importante mise fine alla cultura della vendetta. Di cui abbiamo la più vasta rappresentazione nei testi omerici”. Una prova in più, dopo quelle linguistiche di Rohlfs, che la grecità in Calabria è quella classica, non quella bizantina . ma dell’VIII secolo avanti Cristo, dalla fondazione di Locri – che era colonia matriarcale, di donne probabilmente fuggite dal regime della vendetta, della violenza?

 

Concita De Gregori ricorda su “D” un suo lungo colloquio con Scalfari nel 2014, per i suoi 90 anni. C’è anche la Calabria, dove Scalfari ventenne visse un paio d’anni dopo la guerra nella famiglia del padre, per sfuggire all’epurazione. “Ricordo”, dice in ultimo Scalfari, “di aver imparato molto presto una massima della cultura contadina. Diceva che il pericolo di adulterio si annidava nelle “tre C”: il compare, il cugino, il cognato”. Tutti quelli che avevamo libera entrata in casa.

Ma è più facile che la massima fosse del nonno paterno, “uomo erudito”: gli eruditi in Calabria sono stati a lungo notabili, e quindi faceziosi – fino a recente, quando le ‘ndranghete liberamente si sono presi tutti gli spazi, cancellando le borghesie, anche erudite.

 

“Il Venerdì di Repubblica” omaggia la Calabria, la parte più critica deella penisola, il reggino, con Smorto, con i Bronzi, e con Paola Zanuttini con Mimì Lucano. Che caratteristicamente dice: “Ho fatto degli errori, ma li rifarei”. Una forma mentis per cui non si discute, non c’è parere che sia di aiuto, per quanto amichevole, ognuno è il suo diritto.

 

Caratteristica è anche la vicenda giudiziaria nella quale Lucano è stato imbracato. A opera di un prefetto per il suo ministro, il leghista Salvini, e questo è normale. Di una pubblica accusa di Busto Arsizio esiliata a Locri, e anche questo è normale. E di un tribunale di Reggio  Calabria, e questo dice quanto la Calabria non pensi, vada per umori. O quanto la Lega è insidiosa.

 

Le lettere al direttore, un tempo palestra dei “colonelli in pensione”, hanno da qualche tempo dei  destinatari Grandi Firme, sull’esempio di Montanelli, e degli scrittori, inviatori di lettere, seriali, quasi accreditati. Soprattutto un Piero Orrù per “la Repubblica” e Pietro Mancini per il “Corriere della sera”. Il figlio di Giacomo Mancini, giornalista Rai e per alcuni mesi sindaco di Cosenza, incalza Cazzullo con molte notizie. Da ultimo con l’epicedio per Franco Rizzo, “primo calabrese della Nazionale”, di calcio. Forse dovuto ma patetico, all’insegna del “però”. Ci sono calciatori calabresi anche nella Nazionale, ma si vuole che sia eccezionale.


leuzzi@antiit.eu

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