Giuseppe Leuzzi
La tarantola
– questa è sfuggita a De Martino – è dello Zarathustra di Nietzsche, al § “Della
tarantola”, specificatamente. La tarantola è la cattiveria: “Punizione ha da
esserci e giustizia – così essa pensa”. Dopo aver morso Nietzsche?
Sulla tarantola ragguagliava il professor Kasper medico a Berlino, amante di madame de Custine, che se lo era portato in viaggio in Svizzera e in Italia come pedagogo del figlio Astolphe, e a Roma era stato da lui conosciuto e frequentato, il poligrafo romano Francesco Cancellieri, nel 1817, con una “Lettera di Francesco Cancellieri al ch. Sig. Dottore Koreff, Professore di Medicina nell’università di Berlino: sopra il Tarantismo, l’Aria di Roma e della sua Campagna ed i palazzi pontificj entro, e fuori di Roma, con le notizie di Castel Gandolfo, e de’ paesi circonvicini”. Una lettera che è un librone, con bibliografia. Questo De Martino lo tiene in conto, per la testimonianza che reca di un sacerdote medico, Domenico Sangenito, di Lucera – riprendendola non da Cancellieri ma da Antonio Bulifon, uno studioso, scrittore ed editore francese stabilitosi in Napoli, che la comunicazione di Sangenito aveva per primo ripreso nel 1693, in una raccolta di “Lettere memorabili, istoriche, politiche ed erudite”.
Muore a Rosarno Norina Ventre, “mamma Africa”. Norina Ventre, 94 anni, trent’anni fa aveva organizzato a Rosarno una mensa per gli immigrati dall’Africa e dall’Est Europa. Una iniziativa allora di avanguardia, in un paese che aveva sempre votato a sinistra. Quando per la Befana del 2010 ci fu la rivolta dei migranti, Ventre organizzò un corteo di solidarietà, di “rosarnesi di buona volontà”. La rivolta scoppiò in effetti a Rosarno, invece che in Capitanata, a Baia Domizia o nel Veneto, altri luoghi di sfruttamento della manodopera stagionale, proprio per essere stato questo posto all’avanguardia nel riconoscere dignità ai migranti, anche se non paghe adeguate. Ma è per questo diventato per i media il nome dello sfruttamento.
Un nubifragio ha colpito il 12 agosto con la stessa intensità e modalità Scilla e Stromboli. Saranno la rocca e il vulcano gli Scilla e Cariddi di Omero? Scilla in effetti guarda Stromboli, e non Messina o Capo Faro.
La stazione degli onorevoli
C’è un treno,
uno solo al giorno, che raggiunge il reggino da Roma in quattro ore invece di
sei. Comodo. Solo che si ferma, prima di Villa San Giovanni (per la Sicilia) e
di Reggio, a Rosarno invece che a Gioia Tauro. In una stazione minuscola, cioè,
di difficile accesso, non servita (toilette, sottopassaggio, taxi, anche il cellulare
ci prende poco), invece che nella stazione di riferimento da sempre della
popolosa piana di Gioia Tauro, verso la quale convergono da tempo le comunicazioni
del circondario. E perché? Ragioni tecniche, qualche cervello che Rosarno ha e
Gioia Tauro no?
No. Rosarno è
il terminale tirrenico della strada a scorrimento veloce Tirreno-Ionio, Rosarno-Gioiosa
Jonica – voluta e fatta realizzare da Sisinio Zito, il senatore di Roccella
Jonica, finitima di Gioiosa, socialista. Nel 2010 era senatore di quel
distretto invece la dottoressa Maria Grazia Laganà, del Pd ex Margherita,
figlia di Mario Laganà, deputato Dc, vedova di Francesco Fortugno. il dirigente
sanitario e esponente della Margherita ucciso, si suppone, da interessi mafiosi.
I suoi collaboratori convinsero facilmente Fs ad abbreviare i tempi, almeno per
una corsa al giorno, e a fermare il quasi Freccia Rossa a Rosarno. Guadagnando
qualche minuto per il trasferimento sullo Jonio, e per affermare localmente,
nel distretto di Locri, il proprio potere.
La senatrice poi ha avuto delle
disavventure giudiziarie, ma la corsa speciale si ferma sempre a Rosarno. Solo,
sono state aggiunte altre fermate, per clientela ridotta e ridottissima, il più
delle volte senza un solo passeggero, da Lamezia in giù, compresa Gioia Tauro.
Il paradiso dei commissari
Il neo
presidente della Regione Calabria Occhiuto ha interrotto il commissariamento ex
governativo della sanità, ormai decennale, senza un solo risultato
positivo e con qualche danno, prendendo su di sé la responsabilità della
gestione, con gli stessi poteri commissariali. Poi evidentemente ci ha preso
gusto, e ha deciso di commissariare tutti i depuratori della regione, “per
vedere se funzionano”.
I depuratori
funzionano, al limite della capacità, ma Occhiuto ha ordinato una serie di
accertamenti dei Carabinieri, sulla base della sentenza europea 2014\2059, per
la quale tutti, più o meno, i depuratori italiani sono fuori norma, in modo che
un qualche verbale gli dia la base giuridica per commissariare. A che fine, se i
depuratori, nei loro limiti, funzionano? Per nominare dei commissari – dare una
serie di stipendi da 100 e anche 200 mila euro, più i privilegi annessi, auto
di servizio, autista-attendente eccetera. I prefetti hanno fatto valanga, i
commissariamenti prefettizi. Si sono fatti fino ad ora a volontà per mafia,
sfruttando le pieghe della pur puntigliosa legge in materia. E il loro successo
ha fatto scuola.
I
commissariamenti prefettizi, però, restano il vero eldorado, Occhiuto avrà una
serie concorrenza.
Si prenda un
sindaco rimosso amministrativamente per mafia dal Prefetto, su ricorso – non
rituale, non pubblico, su una confidenza - di un concorrente politico
sfortunato. Al quale i tribunali riconosceranno poi i requisiti di onorabilità,
e quindi la possibilità di ricandidarsi alle prime elezioni dopo il
commissariamento. Che vince col 97.84 per cento dei voti, su una percentuale di
votanti perfino elevata, 2.757 sui poco meno dei 3.800 aventi diritto. Il
Prefetto allora rilancia, nuova Commissione di accesso antimafia, forte di tre
pezzi grossi: un vice–prefetto e due ufficiali dei Carabinieri. C’entra la mafia?
Evidentemente sì, ma non si sa da quale lato.
Il fatto di
cui sopra succede a Scilla, sindaco malcapitato Pasquale Ciccone, lista civica
di centro-destra. Che s’illustra, il giorno dopo l’accesso militare antimafia,
o due giorni dopo, nell’alluvione pre-Ferragosto, rimettendo il borgo in piedi
in due giorni. Ma dopo essersi dato per vinto al prefetto, affidandosi, a 63
anni, alla divina provvidenza. E dopo aver spiegato che i tre commissari non si
sono insediati per accertare reati ma per impedirgli di amministrare. Senza
altre motivazioni che le accuse di qualcuno “che era abituato a ottenere
vantaggi e oggi si sente bistrattato”. Uno che magari “conosce per esempio un
colonnello della Finanza”. Uniti dalla massoneria – “organizzazione di
fratellanza”. Un bel ritrattino, su cui tutti sono stati muti, prefetto e
commissione di accesso.
Il caso singolo evidentemente non si può contestare - può darsi benissimo che la maggioranza bulgara che ha rieletto il sindaco di Scilla sia azionata da mafie. Ma il commissariamento per mafia non avviene per reati contestati agli eletti, il sindaco o i consiglieri, per quelli ci sono i rinvii a giudizio. Avviene su voci, sospetti, parentele anche non riconosciute, e sulle informative dei Carabinieri (dei loro informatori). Anche se la legge è precisa, per lo scioglimento richiedendo “concreti, univoci e rilevanti elementi sui collegamenti degli amministratori con la criminalità organizzata”. Il commissariamento è un premio straordinario, costoso, ai tre commissari. Provoca solo danni alle amministrazioni commissariate, due anni di niente. E normalmente non viene seguito da nessun provvedimento legale, cioè fondato su reati e contestato ritualmente.
L’argomento
non è appassionante – la buona amministrazione – e questo sito se ne è dovuto
occupare già troppe volte. Ma è lo snodo principale dell’estremo ritardo di
buona metà, forse tre quarti, della Calabria, insieme con la poca iniziativa
(“non c’è il bisogno”) - le ‘ndranghete ci sono, ma è roba da Carabinieri.
Alla vigilia
delle elezioni 2013 il senatore Luigi De Sena, Pd, vice-presidente della
Commissione Nazionale Antimafia, già “superprefetto” della Calabria , già
vice-capo della Polizia, spiegava a un convegno di Assindustria a Reggio
Calabria che la Commissione Antimafia aveva fatto uno studio sugli scioglimenti
amministrativi dei consigli comunali per mafia, dal quale era risultato che in
uno solo degli “oltre 200” scioglimenti comunali erano stati rilevati problemi
di natura penale.
L’abuso dei
commissariamenti non è neanche, conoscendo direttamente alcune delle situazioni,
un arbitrio dei prefetti. Non ci sono più i “prefetti di Giolitti”, del Giolitti
di Spadolini, il “ministro della malavita” di Salvemini. No, sono piccoli
funzionari, alla Lamorgese per intendersi, che si coprono le terga appena si menziona
la parola “mafia”. Tanto meglio in quanto la copertura è remunerativa
oltremodo, e dà potere. Un piccolo ma distruttivo drappello del piccolo esercito
vittima – loro non lo sanno, ma ne sono vittime, se non altro nella dignità –
dell’antimafia di professione. Basta la parola, e zàcchete, lo fece cappone.
Il problema del Sud è che non c’è il bisogno - 2
Questo è vero
sicuramente della Calabria che una volta era quasi ricca, prima e dopo la
guerra, fino alle mafie, agli anni 1960: la provincia di Reggio, la parte tirrenica,
da Gioia Tauro al capoluogo, compreso l’allora catanzarese (ora Vibo Valentia)
finitimo, attorno a Nicotera, il sito del primo villaggio turistico in Calabria,
un Club Méditerranée poi Valtur, con la parte meridionale delle Serre e il
monte Poro che guardano Nicotera. Una parte ora imbruttita e perfino
desertificata - Scilla è un’eccezione, costruita e mantenuta contro venti e
tempeste.
Si prenda Reggio
Calabria. I Bronzi, attrattiva mondiale. Un museo archeologico secondo solo a
Napoli. Il lungomare. Lo Stretto, incomparabile. Fare il bagno nello scenario
dello Stretto è effettivamente qualcosa di straordinario - ferma è sempre la
memoria dei due pullman dell’orchestra di San Pietroburgo, in sosta sul
lungomare per le foto ricordo, e degli orchestrali che a un certo punto si
precipitarono tutti in acqua, uomini e donne, in brache e sottovesti, come ubriachi.
Dove un minuscolo Lido si apre, per lo più non praticabile, voluto da
Mussolini.
I Bronzi
valgono bene 4-5 mila visitatori al
giorno (le domeniche gratis sono venticinquemila), ma dove dormire, a Reggio o
nei dintorni? I posti letto in città si contano – tutto il mondo vive di
bed-and-breakfast, Reggio Calabria no. Voli charter, vacanze tutto incluso?
Cosa sono? All’aeroporto atterrano tre aerei al giorno, due da Roma e uno da
Milano, che ora si vorrebbero ridurre a due, e anzi chiudere lo scalo. Una città
che avesse i Bronzi e il porto si farebbe scalo crocieristico: una giornata a
terra, anche mezza giornata, di mille crocieristi fa 100 mila euro di
fatturato, fra ristoranti, agroindustria locale, artigianato locale, Reggio no,
il porto, vuoto ora che non serve più i traghetti per Messina, si contenta di
usarlo quando capita col business micragnoso dell’“accoglienza”, trenta o quanti
sono euro per immigrato.
A Zungri, sul
Poro sopra Nicotera (dietro l’iperaffollata Tropea) l’unico insediamento umano
dell’età del bronzo, continuativo fino ai bizantini, è lasciato alle cure di
gruppi di volontari. Promuovere studi? Magari delle università che ormai abbondano
anche in Calabria? Organizzare il sito? Promuoverlo? Promuovere l’accoglienza gli accessi, i servizi, la vivibilità?
Non lontano, a
Nardodipace, megaliti si ritrovano elevati in muri e in colonne. Come non
detto. I dolmen britannici e normanni, meno suggestivi, sono una miniera, di studi
e ipotesi oltre che di visitatori incantati, sulle Serre interessano agli storici
di paese – ottime persone certo, entusiaste, almeno loro.
Il divario – la deriva di certo Sud – si è accresciuto con l’abolizione delle gabbie salariali. Che in un paese unito sono illegali, e non hanno senso neanche economicamente. Ma in un paese unito economicamente. Di fatto, i contratti nazionali hanno diviso il mercato del lavoro, invece di unificarlo, e hanno creato al Sud, in molte aree, situazioni di forte privilegio. Lo stesso stipendio, sia pubblico sia privato, non compra lo stesso in Lombardia e in Calabria, in area urbano-metropolitana e in area agrourbana. Con un costo minimo di abitazione (acquisto, costruzione, affitto), e l’economia di scambio e di sussistenza. Lo stipendio di un insegnante, di un impiegato comunale, di un metalmeccanico, del netturbino, non è “uguale” a Milano e in un paese o città al Sud. Dove consente di spendere per la casa, in automobili, per l’istruzione dei figli, e di risparmiare. Un esito è la riluttanza del diplomato o laureato del Sud a lavorare al Nord, dove l’offerta è sempre inesausta – e quando è obbligato, se è statale o delle Poste, a brigare per tornare il prima possibile al Sud.
(fine)
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