Si comprano i punti per le graduatorie a scuola, dei supplenti e dei titolari, grazie a un fiorente mercato imbastito dalle università on line. Dove non c’è bisogno di studiare, ma per alcune migliaia di euro si ottiene la laurea. Buona a ogni effetto giuridico. Arricchita, se uno intende dedicarsi all’insegnamento, da un congruo numero di “punti” – giusto per scalare le classifiche.
I punti (“crediti”) così
guadagnati sono estensibili anche ai laureati normali, basta pagare – nemmeno
molto: alcune centinaia di euro.
Sembra inverosimile, e invece è
la realtà - la miseria - della scuola. Dove i laureati in legge continuano a
poter insegnare l’inglese, e quelli in architettura matematica.
Una
miseria condivisa in eguale misura dal governo, all’istruzione sempre
rigorosamente democristiano, e dal sindacato. Una misura giusta che l’ultimo
ministro ha adottato - stava per adottare? – per stimolare l’aggiornamento
degli insegnanti, con l’introduzione della figura del
“docente esperto”, un numero chiuso ancorché consistente, ottomila, una qualifica
che viene con una dote consistente, è contestata dai sindacati della scuola: se
ci sono soldi, devono essere per tutti.
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