Rivivere la Mitteleuropa, che meglio vive nel ricordo, come nostalgia - la dissoluzione dell’impero asburgico ha dato qualcosa in più a ognuno dei componenti, ma ha tolto loro il piacere, e l’orgoglio, di stare insieme. Magris la rivive qui nel ricordo del pittore Vito Timmel, in origine Thümmel, anzi von Thümmel. Che finirà in manicomio e qui può dare sfogo alla disperazione, essendo senza colpa – uno dei tormentoni della Mitteleuropa, del suo periodo “critico” a Vienna: “La colpa era là, la colpa è all’inizio”, una tara, “prima di tutto - fare è innocente, essere è colpa”.
Un
racconto in realtà, dialogato, con qualche didascalia. Magris ha voluto provare
la forma teatro per l’ennesimo dei suoi esercizi della memoria, ma il “teatro”
è tutto qui: una sorta di bonario processo, in cui ognuno ricorda. Un esercizio
in nostalgia, di un tempo già ben italiano a Trieste ma ancora mitteleuropeo, i
primi decenni del Novecento. Un omaggio anche al pittore Vito Timmel, di cui è
fanoso un Ciclo Teatrale. Magris lo evoca in occasione di una mostra
celebrativa – che in effetti sarà organizzata, quasi vent’anni dopo, nel 2018
(questa sua “La mostra” è stata invece messa in scena due anni dopo, nel 2003, da
Calenda, con Herlizka nel ruolo di Timmel).
Claudio
Magris, La mostra, Garzanti, pp. 74
€ 7,23
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