lunedì 22 agosto 2022

Letture - 497

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Città – È anatema nel Novecento. Sulla traccia di Nietzsche, che la città dice e maledice dei mercanti, “Così Parlò Zarathustra”, § “Del passare oltre”: “Il dio degli eserciti non è il dio delle sbarre d’oro; il sovrano propone, ma il mercante dispone!”

Nietzsche non c’entra con Hitler, anzi, ma con mezza letteratura del primo Novecento sì: contro la città (Hamsun), contro l’oro (Pound), contro la “chiacchiera” (Céline) – “non vedi le anime penzolare come stracci sudici e stracchi? E di questi stracci fanno anche giornali!”, lamenta Zarathustra-Nietzsche.

Lgbtqia – In letteratura è un’umanità, o un mondo se siamo nel postumano, a creatività limitata. Non ci sono donne, personaggi femminili, nella pur vasta produzione, di parole e di immagini, di Pasolini,  se non la madre - pia (il “Vangelo”) o divorante (“Medea”). Quelli della trilogia sono comparse, si vedono sui marciapiedi. Lo stesso per Edmund White (??call), o in Genet.

È un tratto comune alla scrittura lesbica, non ci sono uomini - e nemmeno, per la verità, personaggi femminili. E questo è un limite: la scrittura no gender è arroccata, monogender.

Nel caso di Pasolini, le varie biografie, e la corrispondenza, non mostrano mai una tenerezza, anche solo un riguardo, verso donne che pure gli sono state vicine, anche molto, ancillari, Laura Betti, Maria Callas – Maria Callas, la diva per eccellenza. 

Montanaro – È debole di mente per tanta letteratura oltralpe, francese. Giono nel “Viaggio in Italia”, per l’isolamento nelle valli. Victor Hugo nelle lettera dalle Alpi alla moglie Adèle, “In viaggio. Le Alpi”: il montanaro, guardando il mondo dall’alto, ne ha un’altra visuale, diversa dalla nostra, il cui il naturale diventa soprannaturale”; è uno stress, “una ragione umana media non può sopportare un tale disturbo delle sue percezioni”, da qui “l’abbondanza di deboli di mente nelle vallate alpine”. Perle stesse ragioni René Daumal, scrittore alpinista, nel “Monte Analogo”.

Occidente – Ritorna, dopo un secolo, il catastrofico Spengler del “Tramonto dell’Occidente” – che peraltro vuol dire proprio “tramonto”? Sempre sul principio che “le civiltà, nei loro movimenti naturali di degenerescenza, si muovono dall’Est verso Ovest” – in questa formulazione lo spiega il  deus ex machina del romanzo “mitologico” di René Daumal, “Il Monte Analogo”, che l’autore chiama Sogol, palindromo di logos.

Paese – È scena, e tema, di molta letteratura in Italia. Vito Teti, “Restanza”, elenca una dozzina di scrittori che in vario modo ne hanno fatto il centro della narrativa o indagine: Zanotti Bianco, Giuseppe Isnardi, Alvaro, Verga, Silone, Iovine, Meneghello, Pavese, Scotellaro, Pasolini, Revelli.

Russia – È obbedienza, decise da ultimo Balzac. Che dapprima, professandosi assolutista, aveva scritto (“Lettera alla straniera”, 1843): “Se non fossi francese, vorrei essere russo”. Avendo poi sperimentato l’assolutismo in occasione del matrimonio con Mme Hanska, cambiò opinione anche sulla Russia – la cambiò in quella che è nota come “Lettera su Kiev”, a metà ottobre 1847: “Obbedire, obbedire comunque, obbedire a rischio della vita, obbedire anche quando l’obbedienza è assurda…. L’obbedienza è tutta la Charta della Russia… Se più tardi, in un tempo imprevedibile, la Russia invade il mondo, dovrà tutto al suo spirito di obbedienza”. 

La conclusione di Balzac aveva condiviso già dieci anni prima Astolphe de Custine, nelle “Lettere dalla Russia”. Dieci ani prima di Custine il suo amico Stendhal, un reduce di Napoleone, annotava preoccupato che solo l’America avrebbe potuto opporsi alla Russia. Sarà l’analisi che dieci anni dopo farà Tocqueville nella “Democrazia in America”, 1835-1840. E Augustine Thierry, lo storico del primo Ottocento, di cui Sainte-Beuve riferisce (nei “Cahiers”, 19 dicembre 1847) l’osservazione: “Non ci sono più che due popoli: la Russia laggiù è barbara ma è pure grande…. L’altra gioventù è l’America, una democrazia adolescente e inebriata, che non conosce ostacolo”.

Salgari - Il romanziere delle eroine? Su “Mimì”, il supplemento domenicale del “Quotidiano del Sud. L’altra voce dell’Italia” incredibilmente vivace e vario, il più attento anche fra i tanti al mondo che cambia, Silvia Perugi trova che “dietro la leggendaria Perla di Labuan” una fila di personaggi femminili riempie i suoi romanzi – “un omaggio senza pari all’universo femminile, ancora più prezioso perché fatto da un uomo davvero moderno in tutto”.

“Il suo più accanito lettore è stato Che Guevara”, ricorda anche Perugi: “Il medico argentino protagonista della rivoluzione cubana si vantava di avere letto 62 suoi romanzi”.

Sepolcri – Tema ottocentesco, da Foscolo a Nietzsche, “Così parlò Zarathustra”, § Il canto dei sepolcri”. Destinato ora a sparire, con l’incinerazione.

Sogno – È l’inazione, per il personaggio di Denevi, “Rosaura alle dieci” – là dove il personaggio sembra ragionare: “Chi da sveglio si dedica all’azione, di notte non sogna”, “il sogno è la contropartita dell’azione”. Il sogno da svegli?

Stupidità – “Il dramma del nostro tempo è che la stupidità si è messa a pensar” è battuta di Cocteau, 1932 – autore peraltro di quest’altro bon mot: “Una certa stupidità è indispensabile”.. Notazione che il futuro céliniano Robert Poulet poteva, recensendo Cocteau, assortire in: “Questo sarebbe nulla se l’intelligenza non si fosse messa a rimbecillire”.

Questo si diceva cent’anni fa, più o meno.

Tedesco – “Tedesco e chiaro”, Nietzsche ironico fra promettere dal suo “Zarathustra” a un’accolta di dei. Facendosi obiettare, in un “a parte”, tra parentesi: “Tedesco e chiaro? Misericordia! Disse fra sé il re di sinistra; si vede che non conosce i cari Tedeschi, questo saggio d’Oriente!”.

Traduzione – Presentando il suo ultimo libro in inglese, “Translating myself and Others”, una raccolta di saggi sulla scrittura e la traduzione, in gran parte scritti in italiano e tradotti da lei stessa, Jhumpa Lahiri si è diffusa su un tema unico: “La traduzione non è altro che una forma di scrittura”. Da esperta traduttrice, anche dall’italiano (di Calvino, Starnone, molti racconti italiani per l’antologia da lei scelta - e di se stessa). Anzi, in qualche misura, è la scrittura per eccellenza: “È più una forma pura di scrittura perché è il linguaggio che è al centro di ogni scelta che si sta facendo”.

All’obiezione che il traduttore non è creativo, non naviga nell’immaginario, obietta: “(La traduzione) è un altro livelo, un’altra dimensione di quello  che un testo è”. Anche nella forma romanzo: “personaggi, plot, dettagli, le scelta che l’autore fa sono governate dal linguaggio”. 

Vacca pezzata – Ricorre in  Nietzsche, soprattutto in “Così parlò Zarathustra”, come “la città che (Nietzsche-Zarathustra) amava”. Che non può essere che Sils-Maria, allora paese di pastori e di pascoli, il sito prediletto per le estati da Nietzsche – che vi concepì e per lo più scrisse “Zarathustra”.

letterautore@antiit.eu

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