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Ombre - 629
Rosi
Braidotti, che non voterà “certo la Meloni”, come scrive su “la Repubblica”,
perché non può votare, essendo “naturalizzata australiana” (wikipedia) e residente
in Olanda, prende a partito Marina Terragni, che ha osato sullo stesso giornale
richiamarsi a Carla Lonzi (“le sorelle Lonzi”, Braidotti), icona proto
femminista, e la sbeffeggia in quanto “milanese, anima vagante, femminista,
madre, giornalista, scrittrice”. Mentre lei è Sorbona e tutto quanto, compreso
il “postumano”.
Marina
si poneva giustamente il quesito, lo poneva su “la Repubblica”, perché un candidato-donna
a palazzo Chigi emerge dalla destra, mentre il Pd non vuole nemmeno parlare con
le sue femministe. Coautrice di un manifesto femminista che prende a partito
anche il “progressismo liberal che
promuove la logica del dirittismo e fa scomparire le donne nel neutro”.
Effettivamente molto lontano dal postumano.
“Così la Marina
ha respinto le navi russe dall’Adriatico”, annuncia Di Feo, che è ben vice-direttore
di “la Repubblica”, in apertura del giornale. Perbacco, c’è stata una guerra e
non ce ne siamo nemmeno accorti. Una guerra vinta dall’Italia. Dalla Marina
Italiana addirittura, dopo Lissa e Capo Matapan.
Massimo Recalcati osanna Sanna Marin, la prima ministra
finlandese, per le sue notti brave in discoteca e in casa, “la sua gioia di
vivere è una lezione politica”, su “la Repubblica”. Lo stesso giornale che
demoliva Gianni De Michelis, uno dei migliori ministri degli Esteri italiani, perché
gli piaceva ballare. Certo, Recalcati
all’epoca aveva solo trent’anni. Ma c’entrava già la psicoanalisi
(giornalistica) con l’odio?
"Da Concorsopoli
alle candidature, la cena della pace finita in rissa”, la sintesi che Lorenzo
d’Albergo e Clemente Pistilli fanno dello scandalo Ruberti-De Angelis, pur
confinata da “la Repubblica” in poche righe, è strapiena di reati: voto di
scambio (polizze assicurative contro voti), corruzione (polizze assicurative pubbliche
contro donativi), un numero incalcolabile di assunzioni pubbliche di favore,
carriere pubbliche negoziate. Tutti reati di pubblico dominio, sembrano dire i
due cronista. Mai un avviso di reato, dalla Procura della mafia capitale –
della Procura dem, senza offesa.
“Orientarsi nella
geografia della ventennale guerra di correnti”, commenta il caposervizio
politica di d’Albergo e Pistilli, Stefano Cappellini, è come “entrare in un
tunnel senza uscita”. Cioè, sarebbe a dire? E perché impunito?
“Ukrainian Ladies need your help”. Una chat erotica
s’impone a ogni accesso al cellulare: donate! povere bisognose v’intrattengono
per il vostro piacere.
Santori dichiara morte le “sardine”
– hanno vissuto giusto il tempo necessario per portarlo in consiglio comunale.
Ma probabilmente si aspettava di meglio. Perché finisce col dire, a chi gli
chiede se farà campagna elettorale: “Quando capisco cosa stiamo comunicando, ci
proverò”. Lui naturalmente non c’entra: si
sta a sinistra per il gusto della battuta. Sarà per questo che gli elettori non vano, o ci vanno disperati.
Capolista Pd in
Basilicata, quindi sicuramente eletto, uno dei cinque trentenni che il
segretario del Pd Letta vuole in Parlamento per rinnovare il quadro politico,
un Raffaele La Regina che dai tempi del ginnasio sognava il posto, non ama
Israele, e su facebook e tweet ironizza: “Cos’hanno in comune Israele e gli extraterrestri?
Che non esistono”. E non si ride nemmeno.
Al posto di La Regina
il segretario del Pd Letta recupera Amendola, che era il suo miglior ministro nel
governo Draghi. Lo aveva escluso perché (di origine) socialista? La vecchia
partita dei democristiani e dei comunisti contro i socialisti ancora imperversa?
Come è vero che tutto cambia ma tutto è uguale a prima - in Italia, certo.
Annuncio del
“Messaggero”: “L’élite russa tratta la pace alle spalle di Putin”. Insomma, è
fatta? La fonte del “Messaggero”? “Lo ha detto a The Mirror una fonte diplomatica
di Kiev “. Una “fonte”, “diplomatica”, di “Kiev”, cioè un’ombra ucraina. E chi
è The Mirror”? Un tabloid britannico,
un giornale di pettegolezzi. Perché? Si vuole che le sanzioni funzionino,
decidano la guerra? Per arricchire i mediatori?
Si legge l’“inchiesta” di “la Repubblica” su Giorgia Meloni, che il giornale esibisce come
un’operazione-monstre, avendovi
“lavorato per giorni dieci tra le più qualificate firme” dello stesso giornale,
con il “coordinamento” di Bonini e Lopapa, due dirigenti, un assetto di guerra,
e “la partecipazione” di Berizzi, e si resta straniti. Vogliono farle un
monumento, fingendo di attaccarla?
Pino Sarcina azzarda
una delle poche uscite da Washington per la campagna elettorale di Liz Cheney,
la repubblicana avversaria di Trump. Della quale non nasconde le sindromi
temperamentali – la condanna della sorella perché lesbica. Ma senza mai dire
che i Cheney, nel feudo, nel Wyoming, sono sempre stati ultrapretrumpiani: il padre
della deputata, vice-presidente di Bush jr. per otto ai, è stato l’anima di tutte
le guerre inutili cui pure l’Italia ha partecipato, in Afghanistan e in Iraq. Sul
diritto dell’1 per cento: “Se esiste un per cento di probabilità che qualcosa
costituisca una minaccia, gli Stati Uniti sono tenuti a reagire come se la
minaccia fosse certa al cento per cento”.
Non una riga dei poligrafi corrispondenti a New York degli enormi investimenti del partito Democratico
nelle primarie repubblicane, a favore di candidati antitrumpiani, o anche,
machiavellismo doppio, di candidati trumpiani, che si pensano più facili da
sconfiggere a novembre. Finanziare la politica degli avversari, la cosa pure è
ritenuta riprovevole dai giornali pro democratici.
Il
“Corriere della sera” ricorda il cardinale Martini con due pagine, facendolo
raccontare dalla sorella Maris. Che dice cose così: “Il papa? Non volle farlo”
“Davanti aWoytiÌa si inginocchiò con le scarpe bucate”, per spregio? il cardinale
era sempre a tiro. “Ha avuto una bella morte, troppo affollata però. Ricordo un’orribile
coperta peruviana, ricamata a farfalle e fiori. Gliela aveva messa addosso una
suora, temo per farla a pezzetti da diffondere poi come reliquie”.
Nancy
Pelosi si stira ancora un po’ il viso e va a Taipei. Per fare che? Per
consentire alla Cina di dire che Taipei è provincia di Pechino. Ma l’America ci
fa o ci è – che è madre, e padre a noi tutti?
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