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domenica 21 agosto 2022

Ombre - 629

Rosi Braidotti, che non voterà “certo la Meloni”, come scrive su “la Repubblica”, perché non può votare, essendo “naturalizzata australiana” (wikipedia) e residente in Olanda, prende a partito Marina Terragni, che ha osato sullo stesso giornale richiamarsi a Carla Lonzi (“le sorelle Lonzi”, Braidotti), icona proto femminista, e la sbeffeggia in quanto “milanese, anima vagante, femminista, madre, giornalista, scrittrice”. Mentre lei è Sorbona e tutto quanto, compreso il “postumano”.
 
Marina si poneva giustamente il quesito, lo poneva su “la Repubblica”, perché un candidato-donna a palazzo Chigi emerge dalla destra, mentre il Pd non vuole nemmeno parlare con le sue femministe. Coautrice di un manifesto femminista che prende a partito anche  il “progressismo liberal che promuove la logica del dirittismo e fa scomparire le donne nel neutro”. Effettivamente molto lontano dal postumano.
 
“Così la Marina ha respinto le navi russe dall’Adriatico”, annuncia Di Feo, che è ben vice-direttore di “la Repubblica”, in apertura del giornale. Perbacco, c’è stata una guerra e non ce ne siamo nemmeno accorti. Una guerra vinta dall’Italia. Dalla Marina Italiana addirittura, dopo Lissa e Capo Matapan.


Massimo Recalcati  osanna Sanna Marin, la prima ministra finlandese, per le sue notti brave in discoteca e in casa, “la sua gioia di vivere è una lezione politica”, su “la Repubblica”. Lo stesso giornale che demoliva Gianni De Michelis, uno dei migliori ministri degli Esteri italiani, perché gli piaceva ballare.  Certo, Recalcati all’epoca aveva solo trent’anni. Ma c’entrava già la psicoanalisi (giornalistica) con l’odio?


"Da Concorsopoli alle candidature, la cena della pace finita in rissa”, la sintesi che Lorenzo d’Albergo e Clemente Pistilli fanno dello scandalo Ruberti-De Angelis, pur confinata da “la Repubblica” in poche righe, è strapiena di reati: voto di scambio (polizze assicurative contro voti), corruzione (polizze assicurative pubbliche contro donativi), un numero incalcolabile di assunzioni pubbliche di favore, carriere pubbliche negoziate. Tutti reati di pubblico dominio, sembrano dire i due cronista. Mai un avviso di reato, dalla Procura della mafia capitale – della Procura dem, senza offesa.


“Orientarsi nella geografia della ventennale guerra di correnti”, commenta il caposervizio politica di d’Albergo e Pistilli, Stefano Cappellini, è come “entrare in un tunnel senza uscita”. Cioè, sarebbe a dire? E perché impunito?


“Ukrainian Ladies need your help”. Una chat erotica s’impone a ogni accesso al cellulare: donate! povere bisognose v’intrattengono per il vostro piacere.


Santori dichiara morte le “sardine” – hanno vissuto giusto il tempo necessario per portarlo in consiglio comunale. Ma probabilmente si aspettava di meglio. Perché finisce col dire, a chi gli chiede se farà campagna elettorale: “Quando capisco cosa stiamo comunicando, ci proverò”. Lui naturalmente non c’entra: si sta a sinistra per il gusto della battuta. Sarà per questo che gli elettori non vano, o ci vanno disperati.


Capolista Pd in Basilicata, quindi sicuramente eletto, uno dei cinque trentenni che il segretario del Pd Letta vuole in Parlamento per rinnovare il quadro politico, un Raffaele La Regina che dai tempi del ginnasio sognava il posto, non ama Israele, e su facebook e tweet ironizza: “Cos’hanno in comune Israele e gli extraterrestri? Che non esistono”. E non si ride nemmeno.  


Al posto di La Regina il segretario del Pd Letta recupera Amendola, che era il suo miglior ministro nel governo Draghi. Lo aveva escluso perché (di origine) socialista? La vecchia partita dei democristiani e dei comunisti contro i socialisti ancora imperversa? Come è vero che tutto cambia ma tutto è uguale a prima - in Italia, certo.


Annuncio del “Messaggero”: “L’élite russa tratta la pace alle spalle di Putin”. Insomma, è fatta? La fonte del “Messaggero”? “Lo ha detto a The Mirror una fonte diplomatica di Kiev “. Una “fonte”, “diplomatica”, di “Kiev”, cioè un’ombra ucraina. E chi è The Mirror”? Un tabloid britannico, un giornale di pettegolezzi. Perché? Si vuole che le sanzioni funzionino, decidano la guerra? Per arricchire i mediatori? 


Si legge l’“inchiesta” di “la Repubblica” su Giorgia Meloni, che il giornale esibisce come un’operazione-monstre, avendovi “lavorato per giorni dieci tra le più qualificate firme” dello stesso giornale, con il “coordinamento” di Bonini e Lopapa, due dirigenti, un assetto di guerra, e “la partecipazione” di Berizzi, e si resta straniti. Vogliono farle un monumento, fingendo di attaccarla?


Pino Sarcina azzarda una delle poche uscite da Washington per la campagna elettorale di Liz Cheney, la repubblicana avversaria di Trump. Della quale non nasconde le sindromi temperamentali – la condanna della sorella perché lesbica. Ma senza mai dire che i Cheney, nel feudo, nel Wyoming, sono sempre stati ultrapretrumpiani: il padre della deputata, vice-presidente di Bush jr. per otto ai, è stato l’anima di tutte le guerre inutili cui pure l’Italia ha partecipato, in Afghanistan e in Iraq. Sul diritto dell’1 per cento: “Se esiste un per cento di probabilità che qualcosa costituisca una minaccia, gli Stati Uniti sono tenuti a reagire come se la minaccia fosse certa al cento per cento”.


Non una riga dei poligrafi corrispondenti a New York degli enormi investimenti del partito Democratico nelle primarie repubblicane, a favore di candidati antitrumpiani, o anche, machiavellismo doppio, di candidati trumpiani, che si pensano più facili da sconfiggere a novembre. Finanziare la politica degli avversari, la cosa pure è ritenuta riprovevole dai giornali pro democratici.


Il “Corriere della sera” ricorda il cardinale Martini con due pagine, facendolo raccontare dalla sorella Maris. Che dice cose così: “Il papa? Non volle farlo” “Davanti aWoytiÌa si inginocchiò con le scarpe bucate”, per spregio? il cardinale era sempre a tiro. “Ha avuto una bella morte, troppo affollata però. Ricordo un’orribile coperta peruviana, ricamata a farfalle e fiori. Gliela aveva messa addosso una suora, temo per farla a pezzetti da diffondere poi come reliquie”.
 
Nancy Pelosi si stira ancora un po’ il viso e va a Taipei. Per fare che? Per consentire alla Cina di dire che Taipei è provincia di Pechino. Ma l’America ci fa o ci è – che è madre, e padre a noi tutti?

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