Ha cominciato il giudice che ha ordinato al perquisizione, Reinhart, uno che aveva lasciato la magistratura per dieci anni, per fare soldi come avvocato nel processo a Epstein, il miliardario delle minorenni, una specie di avvocato Taormina, ingiungendo al ministero della Giustizia di rendere pubblico il mandato di perquisizione, “entro il 15 agosto”. Poi lo scaricabarile ha fatto valanga. Il ministro della Giustizia Merrick Garland si è presentato in confereza stampa per dire, occhi bassi, una dozzina di aprole, “la procedura è in corso per pubblicare l’ordine di perquisizione”, e via, senza rispondere a una sola domanda. Mentre i suoi uffici facevano sapere a “Newsweek” che perquisizione si è fatta sull’informativa di un confidente Fbi. La perquisizione è quella nella residenza di Trump. Il giudice Reinhart avrebbe proceduto per una sua ipotesi di spionaggio - Trump spia.
L’incursione probabilmente non ha
portato gli effetti desiderati, se ora se ne fa una colpa, e la si addossa alla
polizia federale, che non può difendersi pubblicamente – se non appunto con le
indiscrezioni. Mentre si moltiplicano le ripercussioni negative della perquisizione.
La più importante è che il ministero della Giustizia troverà difficile ora, a
meno di prove che ancora non ci sono, incriminare Trump per l’assalto al Campidoglio
del 6 gennaio 2021.
Ma, quale che sia il destino personale
di Trump, è la politica di pacificazione di Biden che è stata colpita con
l’incursione. Che trova la disapprovazione anche manifesta di molti
democratici, oltre che dei repubblicani, anche non estremisti – si arriva a parlare
del mite Biden e della sua amministrazione come di un regime. Mentre un dubbio
insidioso fa capolino: che l’“isteria” anti-Trump è opera di Washington e New
York, dei media orientali, e più spesso di giornalisti e commentatori
“non-americani”, venuti cioè da fuori, dal Russiagate in poi – il Russiagate
inventato da Putin?
Insomma, c’è di peggio della
“colpa è dell’Fbi”: l’America, che pure Trump lo ha votato, ci ha perso la
bussola. Non una buona opinione pubblica alla guida dell’Occidente.
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