Monte dei Paschi ci riprova col raggruppamento, dopo quello che azzerò gli aumenti di capitale degli anni 2010, e subito si dimezza di valore. Non è una banca, un’azienda che fornisce denaro, come probabilmente Unicredit aveva capito, ma una che se lo divora. Ora con i soldi pubblici, cioè di tutti, azionisti involontari a perdere.
Si fa la patente, documento complesso, di più capacità, e che si usa giornalmente, per guidare e come documento di riconoscimento, in agenzia, in tutta semplicità – la mandano pure a casa – e a costo ridotto. Si fa il passaporto, documento semplice, coma la carta d’identità, in fila per ore al commissariato, sul marciapiedi, insieme con i richiedenti asilo e i lavoratori immigrati. Almeno due volte, per presentare la fotina e il pagamento, oneroso, e per ritirarlo. Il ministero dell’Interno ancora non sa che potrebbe farlo da remoto, e comunque da seduti.
Cambiare banca si era detto che era semplice - qualche governo
vantava una semplificazione, o la solita legge civetta (“entro dodici giorni lavorativi”).
Invece è complicato, e soprattutto lungo, dai tre ai sei mesi. Provare per
credere. Non soltanto per lo scoglio del trasferimento titoli – poiché le
banche hanno fondi e assicurazioni proprie, o di propria scuderia. Non bisogna
avere comunque fidi aperti. Nemmeno mutui, è meglio. E poi c’è il problema
degli assegni, anche se ora in disuso.
Alla chiusura di un conto dopo trenta o quarant’anni la banca chiede il conto degli assegni non utilizzati - quelli che si cassano (si cassavano) perché superflui o rifiutati oppure errati. E come si fa? Semplice: si va al commissariato, dove il piantone ha un modulo prestampato, si scrivono le matrici degli assegni invalidati, il piantone mette um timbro, ed è fatta. A che serve? A far perdere mezza giornata.
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