Si propone, la critica race theory propone, di considerare l’atto di naacita degli Stati Uniti non lo sbarco dei Padri Pellegrini ma la vendita dei primi schiavi africani, nel 1619, in Virginia, Jamestown. E cioè la nascita del razzismo in America.
Lo schiavismo – il mercato degli
schiavi – e il razzismo a esso connesso erano nel Seicento un fatto africano,
da almeno quattro secoli – lo storico americano marxista Lovejoy ne ha
ricostruito le tappe, attendibilmente, pur mancando l’Africa di archivi, in
“Storia della schiavitù in Africa” (una ricerca che ha aggiornato per quarant’anni).
C’erano un milione di
schiavi africani negli Stati Uniti all’indipendenza,
un po’ meno di un milione. Ce n’erano altrettanti alla stessa data, un po’ di
più, nel regno (califfato) del Sokoto, gli attuali emirati di Kano e Kaduna nel
Nord della Nigeria.
La tratta degli schiavi fu
soprattutto, per numeri e durezza, fine ed effetto dei jihad, le guerre islamiche di conquista, dal secolo VII a tutto l’Ottocento.
E delle guerre tribali interne all’Africa, che sempre si concludevano con lo
sterminio o con la riduzione in schiavitù.
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