La morte di un padre tirannico nella più pura (complicata) tradizione inglese, di congegni che si attivano per simulare un suicidio. Indagata e messa a nudo da un’investigatrice ovviamente anch’essa inglese, Maria Black, come la “black Maria” dello slang della mala (il cellulare per trasporto detenuti), un’occhiuta direttrice di una scuola per signorine, che per questo si trasferisce in America: il ricchissimo affarista morto odiato è ben suo fratello.
Un
niente, uno dei tanti plot di uno
scrittore feracissimo negli anni 1940-1950, con almeno un centinaio di opere e
serie tv all’attivo in meno di trent’anni di vita lavorativa, caduto nell’oblio
con la morte precoce, nel 1962. Uno dei prodotti della vecchia Editoriale
Garden, un tentativo, presto chiuso, di fare concorrenza al Giallo Mondadori –
ora anch’esso in sofferenza, non c’è più romanzo che non si voglia giallo:
tutto è giallo, anche il mondo.
Un
racconto semplice. Lineare, salvo per il marchingegno mortale. Perfino
prevedibile, ma pure abbastanza aggrovigliato da farsi leggere: è il “segreto”
o ricetta del giallo inglese, complicatissimo nei congegni ma di situazioni e sentimenti
semplici, e comunque di lettura. La scena madre è da Bud Spencer e Terence
Hill, del futuro “Altrimenti ci arrabbiamo”. Con molti riferimenti musicali,
che sono anzi la trama del tracconto: c’entra Caruso, che rompeva i bicchieri
con la voce, e una soprano di coloratura con la stessa proprietà, Lucia
Terrazzini, che sta per Lucia Tetrazzini, allora in grande spolvero. Gli
ultrasuoni vocali, che si “sentono” sotto forma di vibrazioni, sono capaci di
tutto: spaccano un vetro, rompono un filo, azionano un congegno - che ne sarà ora che, per eliminare le cuffie ma non perdere spotify, li faremo passare per le ossa, della mascella e del cranio.
John
Russell Fearn, Black Maria
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