“Si stima che in 48 dei 55 paesi africani i palazzi governativi di fattura cinese siano 186, e che, secondo uno studio della Johns Hopkins University, dal Duemila Pechino abbia investito nel continente 148 miliardi di dollari, “con una spesa, secondo alcuni dati, che supera quella di Asian Development Bank, Commissione europea, Banca Europea per gli Investimenti, International Finance Corporation, Banca Mondiale e G 7 messi assieme” – Marco Del Corona, “La Lettura” 4 settembre. Con che esito?
In aggiunta alla Cina, altri
investimenti, in palazzi, moschee, strade, campi da gold e da polo, di dimensione
probabilmente analoga, sono stati effettuati dai paesi della penisola arabica,
nel quadro della politica di islamizzazione del continente. Anche questi senza
esito, se non di costruire una classe di arricchiti, “emiri” – i vecchi chiefs – e altrettali.
L’Africa sembra un grande tubo
digerente in grado di far passare tutto senza esito visibile. Dei sessant’anni
dalle indipendenze, poco resta. E in molti casi, alla Costa d’Avorio all’Uganda,
in peggio.
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