Il romanzo di una
amicizia amorosa. infantile, poi adolescenziale, poi giovanile, fino alla morte
dell’amica, a 22 anni. Un racconto più che un romanzo, una storia vera che de
Beauvoir ha romanzato per minimi particolari, i nomi, i gruppi familiari. Del
suo attaccamento con Élisabeth Lecoin, “Zaza”, coetanea e compagna di scuola:
conversazioni, lettere, feste, sorelle, madri, padri, musi lunghi, tutto
caratterizzato, senza artifici. E dell’amore, che lei stessa ha in più modi
patrocinato, tra Zaza e il futuro filosofo Maurice Merleau-Ponty, suo grande amico
negli studi universitari e dopo.
Un racconto
rinfrescante di una storia vera. Piano e vivace, minimale e tuttavia
sorprendente, per la sua semplicità. Scritto da Simone de Beauvoir all’indomani
del suo primo successo, “I mandarini”, 1954, subito dopo il premio Goncourt.
Che poi ha deciso di non pubblicare, ma lasciandolo come in bozze. Non avrebbe
del resto potuto, essendo in vita i familiari di Zaza, che vi hanno grandi
spazi, specie la madre, e Merleau-Ponty, che della scrittrice fu l’amico per
eccellenza, ai vent’anni e dopo. Della vita “straordinaria” e la morte di Zaza
scriverà ancora quattro anni dopo, nelle “Memoria di una ragazza perbene”, ma
non è lo stesso racconto in prima persona, meravigliato, meravigliante, della
bambina, poi della ragazza, poi della giovane Simone.
La presentazione di
Sylvie Le Bon de Beauvoir, la compagna poi figlia adottiva di Simone ed
esecutrice testamentaria, vuole farne una una storia di diritti lgbtq allora
conculcati, un secolo fa. Ma fra le tante emozioni che Zaza suscita il sesso
manca. Se ne discute poco, alla fine, per dire la cecità della chiesa: sia Zaza
che Simone vengono da famiglie religiose, lo sono anche loro, a loro modo, e
ragionando sui ragionamenti del cattolicissmo “Pascal”-Merleau-Ponty capiscono
l’assurdità dell’ossessione contro la sessualità in tutte le sue forme, anche
le più innocenti, un abbraccio, uno sfioramento, l’ossessione del corpo - non
se lo dicono ma ne ragionano come di una psicosi, perfino isterica.
Una storia
commovente. E insieme svelta, attraente. Un racconto che sembra la matrice o il
canovaccio de “L’amica geniale”, come se Elena Ferrante l’avesse riprodotto tal
quale, cambiando solo la scena e l’ambiente sociale, popolare invece che
borghese, cattolico, inserito. Beauvoir si rivela pian piano grande narratrice,
polimorfa, polivalente, un globo di cristalli luminosi riflettenti, piuttosto
che la musa arcigna di filosofie pratiche dell’immagine prevalente.
Simone de Beauvoir, Le inseparabili, Ponte alle Grazie, pp. 208
€ 15
Nessun commento:
Posta un commento