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Marta
Abba – “Figlia-musa-amante” definisce Annamaria Andreoli
– introduzione a “L’attrice
ideale. Marta Abba nella vita e nell’arte di Luigi Pirandello” - la venticinquenne attrice milanese molto determinata
e carrierista, del sessantaduenne Pirandello, che per lei si svenerà, creando e
finanziando a perdere un Teatro d’Arte a Roma. Amante, per la verità, molto platonica
– Abba era frigida, perlomeno con Pirandello. La stessa Andreoli commenta che
“Pirandello compensa la castità con i gesti plateali”. E riprende una lettera
del figlio Stefano: “Gli sembra che se non dovesse aiutare la sig.na Abba a mettersi
la pelliccia o non si precipitasse ad aprirle la porta quando entra ed esce da
una stanza, ella dovrebbe morire di freddo o restar chiusa tutta la vita nella
stanza medesima”.
Bamboccioni
– Pirandello e D’Annunzio mantenevano i figli anche
in età adulta. Pirandello con qualche sacrificio, che lamentava: aveva
“ripudiato” la figlia Lietta, per le esose pretese dotali del marito, il
diplomatico cileno Manuel Aguirre, ma manteneva i figli Stefano, scrittore, e
Fausto, pittore. Di cui lamentava per lettera, il 19 marzo 1929: “Non possono
pretendere che io, a sessantadue anni, seguiti a lavorare giorno per giorno per
mantenerli come quand’erano bambini e io
avevo trent’anni; trent’anni, ora, li hanno loro”.
D’Annunzio ha
mantenuto i quattro figli fin verso i quarant’anni, con assegni mensili – che
definiva “mestruali” (aveva tre figli maschi, Mario, Gabriellino e Ugo Veniero,
oltre all’ultimogenita Renata).
Codici
–
Gli scribi non lasciavano spazi tra un parola e l’altra, nota Philip K. Dick,
“Valis”, 46, e “questo può portare a molte strane traduzioni”, dal momento che
l’interprete-lettore può staccare le parole come meglio crede”. E porta l’esempio
“God is no where” e “God is now here”.
Fascismo
–
Irretì, pur in breve tempo, molti ingegni: alla triade canonica di Céline,
Pound, Hamsun, si possono aggiungere Pirandello e Bontempelli, lo stesso Malaparte,
in Francia Drieu e Brasillach, i rumeni
Éliade, Ionesco, Cioran.
Pirandello fu
fascista controvoglia? No, per scelta. Le dichiarazioni in tal senso vanno dal
1923, poco dopo la “marcia su Roma”, al 1935, proco prima della morte.
Gelosia
– Antonietta Portulano, la moglie di Pirandello, col
quale aveva avuto tre figli, già toccata dal fallimento dell’azienda paterna, e
quindi dalla perdita della dote, aggravò la sua condizione psicologica deviando
le ansie sul marito. Finirà in “casa di cura”, dopo una paralisi “isterica” alle
gambe, effetto ed espressione della
gelosia furibonda nei confronti del marito, accomunando nelle accuse la figlia
Lietta, per colpa d’incesto.
Improvvisazione
–
Puškin ne fa l’impoverimento e anzi l’opposto della poesia. Nel racconto “Le
notti egiziane” ha il personaggio Charsky, un alter ego, ben dotato di beni
materiali ma infelice: “La sua vita avrebbe potuto essere la più piacevole, ma
aveva la disgrazia di scrivere e pubblicare poesia”. Una “disgrazia” che
raggiunge il fondo quando un poeta italiano impoverito bussa alla sua porta.
L’uomo vaga improvvisando versi in rima per un pubblico pagante, e chiede
assistenza per un’esibizione in Russia. Il personaggio lare sia stato ispirato
a Puškin dal suo amico polacco Adam Mickiewicz, poeta e attivista, ma Puškin lo
vuole italiano, della tradizione tutta italiana di improvvisatori a tema, in
rima. Charsky-Puškin organizza la performance, con la ulteriore sgradita sorpresa
che è il pubblico a fissare il tema dell’improvvisazione. Peggio ancora quando
l’amico italiano chiede un tema a Charsky-Puškin. Irritato, questi risponde:
“Eccoti il tema… ‘Sta al poeta scegliere da se stesso il tema dei suoi canti,
la folla non ha nessun diritto di costringere la sua ispirazione’”. E subito il
tema viene svolto, in agili ottonari, in termini sorprendentemente elevati.
Italiano
“finto” –
Il linguista Antonelli ricorda su “La Lettura” del 4 settembre l’osservazione
di Ugo Foscolo: “Dodici uomini di diverse province che conversassero fra di
loro, ciascuno ostinandosi a parlare il dialetto suo proprio, si partirebbero
senza saperti dire di che parlavano”. Di dodici province italiane. Di radici
latine ma anche osche, etrusche, o semplicemente gallo-celte, e vocaboli greci
e arabi.
Foscolo suggeriva, come veicolo, un
“linguaggio mercantile e itinerario”. Che Antonelli dice “non molto diverso, in
fondo, dal «parlar finto» di Manzoni” - prima evidentemente del bagno nel
toscano: “Un italiano incerto e approssimativo”, sintetizza il linguista, “ibridato
di vocaboli dialettali, che nei salotti dell’Ottocento prende il posto del
milanese quando è presente un piemontese, o un veneziano, o un bolognese, o un
napoletano, o un genovese»”. Manzoni era pessimista, si sa, ma si capiscono
molte resistenze all’unità. Che è realtà recente, e anche modesta, in termini
di durata.
Occhio
clinico – Era il distintivo della professione medica, ora
svanito sotto il profluvio di esami, analisi, laste, e una selva di specialisti.
Era
quello del professor Joseph Bell, maestro di Arthur Conand Doyle quando
studiava medicina a Edimburgo – sul professore modellato Sherlock Holmes.
Ut
pictura poesis
– Marino Freschi ricorda sul “Venerdì di Repubblica” a proposito dei disegni di
cui Kafka si dilettava e che ora si vanno recuperando, una lunga serie – solo
in area tedesca – di scrittori che ugualmente disegnavano, dipingevano, scolpivano:
Goethe (“i suo disegni sono stati raccolti in un corpus di nove volumi”),
Adalbert Stifter, E.T.A. Hoffmnn, Kubin, Hermann Hesse, Peter Weiss, Günter
Grass, Peter Handke.
Grass, si può aggiungere, voleva essere
scultore. Rifiutato alla smobilitazione dall’Accademia di Dortmund, la fece a
Palermo.
Pinocchio
– Sempre più di attualità in America. Due nuove traduzioni,
di Geoffrey Brock per “The New York Review of Books”, e (in edizione critica)
di John Hooper e Anna Kraczina per Penguin. Mentre esce le in sala il “Pinocchio”
di Robert Zemeckis, un rifacimento con attori dal vivo del cartone animato di
Walt Disney, 1940, con Tom Hanks (Geppetto) e Giuseppe Battiston (Mangiafuoco).
E si annuncia per fine anno un rifacimento, sempre al cinema, di Guillermo del
Toro.
“Pinocchio” è stato
fatto al cinema negli Stati Uniti, d’animazione, con attori dal vivo, in tv, in
serie, in commedie musicali, almeno una quindicina di volte, più che in Italia
– con un “Pinocchio nello spazio”, e uno erotico. In Italia si ricordano i
“Pinocchio” più recenti, di Comencini, con Nino Manfredi e Gina Lollobrigida,
cinquant’anni fa, di Carmelo Bene a teatro e in tv, e di Benigni, Sironi (con
Bob Hoskins Geppetto, Luciana Litizzetto Grillo parlante) e Garrone (con
Benigni Geppetto e Gigi Proietti Mangiafuoco).
Quattro o cinque
“Pinocchio”, due in cartoni animati, anche in Russia. Due cartoni in Giappone.
letterautore@antiit.eu
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