L’opera postuma, meno scientifica ma più duratura, del cultore e inventore dell’orientalismo - dello studio della cultura, storia e filosofia dell’Oriente, che ora si vuole espellere come colonialista (nel Cinquecento? Oxford l’ha cancellato, ma l’università L’Orientale di Napoli non se ne vergogna). “Chiave delle cose nascoste nella costituzione del mondo per mezzo della quale sia nelle nozioni divine che in quelle umane lo spirito umano squarcerà il velo della verità eterna” è il sommario-sottotitolo degli editori – l’opera fu pubblicata postuma, nel 1646 (Postel è autore cinquecentesco, 1510-1581). Un concentrato dell’eclettismo di Postel, e della sua deriva esoterica una volta espulso dall’ordine dei gesuiti nel quale si era distinto.
Postel sopravvive così per la sua ricerca ermetica e iniziatica. Influenzata dall’ebraismo, “Zohar”, “Sfer Yetzirah”, di cui era stato il primo traduttore in latino. Dalla filosofia dell’occulto, nel filone più ampio dell’irrazionale. Ma era stato un grande umanista, l’“inventore”, a petto del suo Oriente, di un Occidente che ora si vorrebbe proscrivere come colonialista, il suo primo mediatore culturale, per la conoscenza dell’arabo e dell’ebraico. Ragazzo prodigio, maestro di scuola a tredici anni, professore di ebraico e di arabo a trenta al Collège de France. Processato da Ignazio di Loyola personalmente a un certo punto per la sua adesione alle discipline esoteriche studiate, ed espulso dall’ordine dei gesuiti – processato quindi dall’Inquisizione, non condannato ma con i libri confinati all’Indice.
Guillaume Postel, La
chiave di tutte le cose, Sebastiani, pp. 128 € 9
Gnosi, pp.
104 € 14
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