Meloni non fa tremare le Borse, che guadagnano – malgrado la continua caduta dei listini asiatici, “governati” dalla Cina, che moltiplica i problemi, l’edilizia, il credito, e ora la politica. Piazza Affari cresce, il debito (spread) non preoccupa.
Il post-Draghi parte bene. Ha vinto l’unico partito che era fuori del governo Draghi, questo è un fatto. E ha vinto nelle regioni più produttive dell’Italia.
Nelle felicitazioni d’uso delle capitali al voto di ieri si distingue Bruxelles. Per una nota anonima, e fredda: “Speriamo in collaborazione costruttiva”. Come se Bruxelles fosse avulsa da Roma, o Roma non fosse Bruxelles. Ma forse non è solo questione di percezione: Bruxelles è questa, remota, anche poco intelligente, o furba. E ostile, non si sa perché.
Incide forse nell’albagia (insolenza?) di Bruxelles l’avversione di von der Leyen, come di tutta la Democrazia Cristiana europea, per lo slittamento a destra del suo elettorato, in Ungheria, in Polonia, ora in Italia, e presto forse in Spagna. In Germania invece il crollo Dc è andato a favore dei socialisti. Il futuro europeo è bipolare?
Ma, poi, lo schieramento oggi è sempre quello che si ripete dal 1994: il centrodestra è sempre al 44 per cento. Prima attorno a Berlusconi, poi attorno a Salvini, ora con Meloni. In un certo senso, è disperato.
Meno 9 per cento,
dunque, al voto, rispetto a quattro anni fa, quattro milioni e mezzo di
elettori in più non hanno pensato a votare. Un popolo. Ma soprattutto al Sud.
In Calabria appena il 50,80 per cento. In Sardegna il 53,17. In Campania il
53,27. In Puglia il 56,56.
In Sicilia ha votato il 57,35 per cento. Il centro-destra ha evitato l’en plein berlusconiano di due clamorose elezioni, essendosi affermati due 5 Stelle, e due di Cateno De Luca, il sindaco di Messina.
5 Stelle primi in tutto il Sud: Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia – secondi in Sardegna e Abruzzo, dietro Meloni (in Sardegna per mezzo punto, poco più, dietro Fdi, 21,94 per cento contro 22,58, in Abruzzo 18,7 contro 27,2).
E se non ci fosse stato l’effetto reddito di cittadinanza al Sud, che ha portato al successo dei grillini Sicilia 1 e Sicilia 2, e a Napoli città, a che percentuali di astensione sarebbe arrivato il Sud? Ma questo non è materia di riflessione: nei comenti il Sud è sparito.
Al Sud il Pd è
terzo, dietro Meloni, e dietro 5 Stelle. Cioè a poco.
Singolare la campagna del Pd al Sud, dove nessuno sa che cosa volesse e chi fosse – a parte l’asettico Letta, che ha fatto la campagna elettorale della non-campagna. De Luca a Napoli sapeva solo invettivare Meloni come “sora Cecioni”. A Bari il giudice Emiliano minacciava – minaccia? – di far “sputare sangue” a chi non avesse votato Pd. Non una grande politica.
Singolare corrispondenza fra i sondaggi e il voto. I sondaggi hanno perfezionato la tecnica di rilevazione e di interpretazione? Gli intervistati sanno o vogliono esprimersi con chiarezza? Ma nessuno sapeva dell’astensione, così massiccia. Non un “voto” di protesta quindi, quella si annuncia, ma di confusione: nessun partito in effetti ha detto qualcosa di preciso su cosa intende fare.
Nei salotti dei commenti al voto ieri sera e oggi, anche quelli di destra, c’è ignoranza di che cosa sia e cosa voglia il partito di Giorgia Meloni. Tutti sono versati sul Pd, qualcuno sui 5 Stelle, e basta. Non è ignoranza naturalmente, è disinformazione. Uno squilibrio perfino caricaturale dell’informazione, che sa ragionare solo nei termini del Pd – che non si sa quali siano. O forse sempre di “la Repubblica”, benché il giornale non convinca i suoi lettori: non c’è altro giornalismo in Italia.
C’è molta perplessità maschile, e anche femminile, di fronte a Giorgia Meloni. Degli stessi che hanno espresso ammirazione per la spregiudicatezza della prima ministra finlandese, in teoria in guerra con la Russia, nientemeno, ma occupata in balli, alcol e fumo, da mandare bellamente in onda. Un po’ per provincialismo, ma un po’ per l’albagia di chi fa opinione in Italia, che deve sempre essere un sopracciò – migliori anche del papa, vedi Scalfari.
E la premier inglese, ignorante ma tanto apprezzata, una sconosciuta e nemmeno capo di partito, designata da quattro signori in ombra?
La singolare conclusione
di tanta saggezza è che Meloni ha vinto da sola, tipo vamp, senza partito.
Mentre ha vinto ovunque, senza borsa delle elemosine, e nell’uninominale. Che richiede
una peculiare conoscenza del voto locale. Così semplice.
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