Bruno in veste di regista e la sua banda di sodali, Giallini, Gian Marco Tognazzi e Morelli, senza Gassman ma col supporto di Carolina Crescentini, grazie al solito loop spazio-temporale risalgono al 1943, alla Francia occupata, e nei giorni dell’armistizio vanno a rubare ai francesi, sotto il naso dei tedeschi, la “Gioconda”. Per un atto di patriottismo mentre la patria va in sfacelo.
È il terzo atto
della trilogia pensata da Bruno nel 2019, con “Non ci resta che il crimine”,
seguito due anni dopo da “Ritorno al crimine”. Non è un film del tutto spensierato,
e quindi si ride poco. Ma è apprezzabile l’applicazione di Bruno, sceneggiatore
di molti film anche seriosi e drammatici, a elaborare un genere demenziale in
Italia.
Giallini è in fuga
con Crescentini e una bambina figlia di lei, che sono – saranno grazie al loop
– sua nonna e sua madre, etc. Morelli è un professore di Scienze Storiche
specializzato nel 1943, e quindi in grado di spiegare, anche ai tedeschi, in
tedesco, le loro vicende. I tre in fuga s’incontrano, e ne sono salvati, con
Pertini, il futuro presidente. E l’“arrivano i nostri” del finale è di
“Renatino” (l’altro sodale di Bruno, Edoardo Leo) con la banda della Magliana.
Le trovate sono tante.
Ma della vena surreale forse i tempi sono precipitati. Con fughe, inseguimenti,
scazzottate alla Bud Spencer, i soliti fascisti muscolari e stupidi, compreso
un Mussolini in canottiera, mentre l’irruzione risolutiva di Renatino è
piuttosto a capo dei romanisti, degli ultrà della curva Sud – non ci resta che
il calcio?
Massimiliano
Bruno, C’era una volta il crimine, Sky Cinema
Nessun commento:
Posta un commento