Andrea Manzella, già consulente giuridico del presidente Ciampi, e il “Corriere della sera” rimproverano a Giorgia Meloni il disegno di legge a sua firma contro “l’obbligo di osservanza del diritto dell’Unione Europea”. Introdurrebbe una riserva nazionale che rende di fatto l’Unione marginale, se non inerte, per un ritorno sostanzialmente ai primati nazionali, se non a un Italexit.
La riserva identitaria e nazionale,
argomenta Manzella, è quanto i governi polacco e ungherese sostengono, e si è
già mostrato che non funziona: il diritto di veto blocca l’Unione e la rende suppletiva,
improgrammabile.
Manzella però oppone alla riserva nazionale
il “gran discorso di Praga” del cancelliere tedesco Scholz. Che invece muove
dallo stesso presupposto dei sovranisti: la maggioranza invece dell’unanimità,
e quindi un maggiore attivismo unitario, non contrasta con la riserva
nazionale, un paese può decidere di fare parte o meno, e in che misura, di un
programma specifico.
Scholz questo non lo dice, ma lo ha
fatto: prima col riarmo nazionale colossale, col discorso della Zeitenwende,
il mutamento epocale, e poi con i 200 miliardi a sostengo del sistema produttivo.
Per non dire di Francia, o Olanda, che la riserva nazionale applicano – e
impongono - in sede comunitaria di continuo, “normalmente”.
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