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giovedì 6 ottobre 2022

Enigmatico Gogol’, ucraino di Russia

Una raccolta di testimonianze in vece di una biografia. Sugli aspetti più problematici della personalità di Gogol’, scrittore tanto diretto nella sua vena creativa, specie quella comica, quanto impervio come personaggio. Uno dei tanti grandi scrittori russi ucraini. Per ucraino ritenuto, sempre in senso apprezzativo, dai suoi interlocutori di questa antologia, tutti russi: ha “un’aria da ucraino malizioso”, è ricco di “quel particolare umorismo che appartiene soltanto ai piccoli russi”, è di “inimitabile umorismo ucraino”. Di quando gli ucraini erano “piccoli russi”. Uno che scrive il russo meglio di come parla l’ucraino – “parlava abbastanza bene l’ucraino”, ricorda il suo servo ucraino Nimčenko.

Un’antologia (con una infelice copertina di Gogol’ sul letto di morte) che si rende necessaria, spiega Giovanni Maccari che l’ha ideata e curata, perché Gogol’ resta un personaggio enigmatico, inafferrabile ai biografi, per più aspetti. Nato e cresciuto male, e per tutta la vita poi, ancorché breve, fino ai 43 anni, un disadattato, ma narratore superiore. Come farsi compagnia con gli amici e estimatori di Gogol’, anche critici, non potendosi il personaggio riassumere.

Ragazzo povero, trasandato, anzi sporco, benché di famiglia con titoli nobiliari, ucraino (“piccolo russo”) più che russo in ambiente russo e russofilo, istruito in un collegio imperiale come quello di Puškin grazie a una borsa di studio imperiale. Più rilevante nell’ottica di oggi, è che è un ucraino che si impone innovando la lingua letteraria (l’uso) russo. Che ammaliò le sue ospiti nobildonne vegliarde nel primo incarico di istitutore, con la cura di un bambino down, raccontando la “notte ucraina” e il gopak, la danza contadina ucraina. Che da Puškin e ogni altro letterato russo di nome ebbe protezione, e dal poeta anche l’aneddoto “Anime morte” e del “Revisore”, i suoi due capolavori.

Dov’è l’enigma Gogol’? Uno sempre angosciato dalla povertà e dalle malattie che finirà per parlare con Dio. E per questo ancora più inquieto, continuamente in fuga. Per un senso di inadeguatezza, e forse di insofferenza per il relativo isolamento: Gogol’ raggiunge presto la fama, al debutto con i racconti, ma non l’agiatezza economica, e vive di amicizie. Ma sempre bizzarro, e misterioso. Bugiardo compulsivo, e impecunioso sempre e importuno, sempre nel bisogno, di sotterfugi e di miracoli, e non riconoscente. Ma “ipersensibile, e molto delicato” (Aksakov). Se a questo si aggiunge l’insoddisfazione, lunga una dozzina d’anni, per la seconda parte del “poema”, “Le anime morte”, che brucia almeno tre volte, si comincia ad avere un quadro dei nodi del personaggio. Gogol’ ha 27 anni quando lascia la Russia, dopo il successo, e lo scandalo politico, del “Revisore”, nel 1834, e 43 quando muore, nel 1852.

Circondato da molto affetto, sia a Mosca che a Pietroburgo, è e resta anaffettivo, pur fra tante preoccupazioni che si crea per la madre e le sorelle, concentrato sull’opera. Tutti saranno sconvolti dalla morte di Puškin, lui no, che probabilmente è stato il massimo beneficiario della generosità del poeta, con raccomandazioni, presentazioni, patrocinio letterario, e spunti per i capolavori. Unicamente impegnato nell’opera, nel “poema”. Eroe – per inquadrarlo nell’attualità, della lotta all’ultimo sangue tra russi e ucraini - equivoco ugualmente degli slavofili (Gogol’ coltiva la realtà e la tradizione) e degli occidentalizzanti (ne fa la satira).

Italianofilo, fin dalla prima poesia pubblicata, prima di abbandonare la poesia, “Roma”. Che sarà poi un lungo racconto, il suo ultimo, denso di colore – o meglio un lungo articolo, rimaneggiamento, a memoria di Aksakov (p. 179), del “suo racconto italiano ‘Annunziata’, di cui ci aveva letto l’inizio”. Quando decide di lasciare la Russia, dopo aver fiutato molte città in Europa, decide per Roma. Parla, e scrive anche, in italiano, apprezza Belli, ma non si integra con la città - non una sola testimonianza italiana su Gogol’, in questa come in altre raccolte biografiche: il suo mondo è sempre l’asse Mosca-Pietroburgo, nella corrispondenza fluviale – di cui qui una parte è esumata.

La raccolta prova, se non a elucidarne il mistero, a renderne la complessità, osservando l’enigmatico Gogol’ come usa per i documentari sulla natura, attraverso “una serie di fototrappole” – “nella speranza di sorprenderlo quando non sa di essere visto”. Le fototrappole sono le “testimonianze” dei contemporanei, amici e nemici. Non però precise come la fotografia, e non si sa quanto attendibili, non prevenute. Insomma, un viaggio avventuroso attorno all’enigma Gogol’. Soprattutto godibile: il personaggio era e si voleva fuori dall’ordinario.

Giovanni Maccari, a cura di, Nikolaj Gogol’ nei ricordi di chi l’ha conosciuto, Quodlibet Compagnia Extra, pp. 458 €19

 


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