Una raccolta di
testimonianze in vece di una biografia. Sugli aspetti più problematici della
personalità di Gogol’, scrittore tanto diretto nella sua vena creativa, specie
quella comica, quanto impervio come personaggio. Uno dei tanti grandi scrittori
russi ucraini. Per ucraino ritenuto, sempre in senso apprezzativo, dai suoi
interlocutori di questa antologia, tutti russi: ha “un’aria da ucraino
malizioso”, è ricco di “quel particolare umorismo che appartiene soltanto ai
piccoli russi”, è di “inimitabile umorismo ucraino”. Di quando gli ucraini
erano “piccoli russi”. Uno che scrive il russo meglio di come parla l’ucraino –
“parlava abbastanza bene l’ucraino”, ricorda il suo servo ucraino Nimčenko.
Un’antologia (con una infelice copertina
di Gogol’ sul letto di morte) che si rende necessaria, spiega Giovanni Maccari
che l’ha ideata e curata, perché Gogol’ resta un personaggio enigmatico, inafferrabile
ai biografi, per più aspetti. Nato e cresciuto male, e per tutta la vita poi,
ancorché breve, fino ai 43 anni, un disadattato, ma narratore superiore. Come
farsi compagnia con gli amici e estimatori di Gogol’, anche critici, non
potendosi il personaggio riassumere.
Ragazzo povero, trasandato, anzi sporco,
benché di famiglia con titoli nobiliari, ucraino (“piccolo russo”) più che
russo in ambiente russo e russofilo, istruito in un collegio imperiale come
quello di Puškin grazie a una borsa di studio imperiale. Più rilevante
nell’ottica di oggi, è che è un ucraino che si impone innovando la lingua
letteraria (l’uso) russo. Che ammaliò le sue ospiti nobildonne vegliarde nel
primo incarico di istitutore, con la cura di un bambino down, raccontando la “notte
ucraina” e il gopak, la danza contadina ucraina. Che da Puškin e
ogni altro letterato russo di nome ebbe protezione, e dal poeta anche
l’aneddoto “Anime morte” e del “Revisore”, i suoi due capolavori.
Dov’è l’enigma Gogol’? Uno sempre
angosciato dalla povertà e dalle malattie che finirà per parlare con Dio. E
per questo ancora più inquieto, continuamente in fuga. Per un senso di
inadeguatezza, e forse di insofferenza per il relativo isolamento: Gogol’
raggiunge presto la fama, al debutto con i racconti, ma non l’agiatezza
economica, e vive di amicizie. Ma sempre bizzarro, e misterioso. Bugiardo compulsivo,
e impecunioso sempre e importuno, sempre nel bisogno, di sotterfugi e di
miracoli, e non riconoscente. Ma “ipersensibile, e molto delicato” (Aksakov). Se
a questo si aggiunge l’insoddisfazione, lunga una dozzina d’anni, per la
seconda parte del “poema”, “Le anime morte”, che brucia almeno tre volte, si
comincia ad avere un quadro dei nodi del personaggio. Gogol’ ha 27 anni quando
lascia la Russia, dopo il successo, e lo scandalo politico, del “Revisore”, nel
1834, e 43 quando muore, nel 1852.
Circondato da molto affetto, sia a Mosca
che a Pietroburgo, è e resta anaffettivo, pur fra tante preoccupazioni che si
crea per la madre e le sorelle, concentrato sull’opera. Tutti saranno sconvolti
dalla morte di Puškin, lui no, che probabilmente è stato il massimo
beneficiario della generosità del poeta, con raccomandazioni, presentazioni,
patrocinio letterario, e spunti per i capolavori. Unicamente impegnato
nell’opera, nel “poema”. Eroe – per inquadrarlo nell’attualità, della lotta
all’ultimo sangue tra russi e ucraini - equivoco ugualmente degli slavofili
(Gogol’ coltiva la realtà e la tradizione) e degli occidentalizzanti (ne fa la
satira).
Italianofilo, fin dalla prima poesia
pubblicata, prima di abbandonare la poesia, “Roma”. Che sarà poi un lungo
racconto, il suo ultimo, denso di colore – o meglio un lungo articolo, rimaneggiamento,
a memoria di Aksakov (p. 179), del “suo racconto italiano ‘Annunziata’, di cui
ci aveva letto l’inizio”. Quando decide di lasciare la Russia, dopo aver
fiutato molte città in Europa, decide per Roma. Parla, e scrive anche, in
italiano, apprezza Belli, ma non si integra con la città - non una sola
testimonianza italiana su Gogol’, in questa come in altre raccolte biografiche:
il suo mondo è sempre l’asse Mosca-Pietroburgo, nella corrispondenza fluviale –
di cui qui una parte è esumata.
La raccolta prova, se non a elucidarne il
mistero, a renderne la complessità, osservando l’enigmatico Gogol’ come usa per
i documentari sulla natura, attraverso “una serie di fototrappole” – “nella
speranza di sorprenderlo quando non sa di essere visto”. Le fototrappole sono
le “testimonianze” dei contemporanei, amici e nemici. Non però precise come la
fotografia, e non si sa quanto attendibili, non prevenute. Insomma, un viaggio
avventuroso attorno all’enigma Gogol’. Soprattutto godibile: il personaggio era
e si voleva fuori dall’ordinario.
Giovanni Maccari, a cura di, Nikolaj
Gogol’ nei ricordi di chi l’ha conosciuto, Quodlibet Compagnia Extra, pp.
458 €19
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