Bloccato a terra dalla controffensiva ucraina, Putin ritorna ai bombardamenti, missili e droni, con cui aveva attaccato inizialmente, puntando a una guerra-lampo. Che fanno danni a sproposito, e non risolvono le guerre.
L’unica,
forse, risolta dal cielo è stata la guerra alla Serbia, tre mesi di
bombardamenti, con la partecipazione italiana – una guerra non dichiarata, come pure prevederebbe la Costituzione. Putin con la guerra preventiva all’Ucraina avrà
pure voluto evitare il destino della Serbia, colpita con l’invenzione del
Kossovo, ma ora si aggrappa alla strategia Nato del 1999.
Il bombarda
mento a distanza è parte dell’arte militare anglosassone, britannica e americana, teorizzata e praticata.
Il filosofo Bertrand Russell, che è morto da pacifista, una
sorta di Greta Thurnberg, benché centenario, della pace, animatore con Sartre
del Tribunale Russell contro i crimini americani in Vietnam, era stato nel 1948
apologeta del bombardamento preventivo e
atomico dell’Urss – particolare che trascura nella “Autobiografia”: dovendogli
dare il Nobel, glielo diedero per la Letteratura.
Non sono
serviti, dopo la Serbia, i bombardamenti in Siria, Libia, Iraq, e nemmeno in
Afghanistan - quando non sono stati seguiti dall’occupazione a terra. Come già nella
prima guerra del Golfo, e naturalmente nella terribile guerra del Vietnam, che
Coppola ha fatto vedere al mondo nella sua crudezza e inutilità. Non sono
efficaci militarmente, e sono – sarebbero – passibili di incriminazione come
atti di crudeltà: non ci sono bombe “intelligenti”, non nel senso che ne viene
diffuso, ci sono sempre vittime “civili”, c’è perfino il “fuoco amico”.
Non si
può dire, stando nella Nato, nella strategia anglo-americana, ma i bombardamenti
aerei a tappeto, indiscriminati, contro le città, tutte le città una per una,
non sono decisivi e non sono onorevoli: si bombardano gli inermi.
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