lunedì 24 ottobre 2022

La crescita dei poveri

L’economista  –ma gli editori preferiscono classificarlo filosofo – dei limiti alla crescita, testimonial vivente, ora ottantaduenne, del Club di Roma che inaugurò la materia cinquant’anni fa con “I limiti dello sviluppo”, poi molto in voga  con la crisi petrolifera l’anno successivo, fa la sintesi di molte sue pubblicazioni in linea col rapporto del 1972. Con l’evocazione di una vita felice con meno produttività (investimenti) e meno produzione, e probabilmente con meno reddito disponibile. Ma anche con meno tempo libero, si augura, giacché lo considera tempo obbligato, dal sistema produttivistico - il tempo che tutti, più o meno, coltivano e auspicano, mentre si arrabbattano a sopravvivere  al meglio.

L’idea –l’utopia – è di tutti, non è l’argomento di un filosofo o di una scuola. Cioè, potrebbe esserlo, ma a condizione che si cerchi una risposta realistica e non utopistica, desiderante. A quello siamo buoni tutti. Limitarsi a privarsi del titolo di economista, come fa Latouche, non serve. Anche perché bisogna sapere che negli ultimi trent’anni l’Italia (ma, poi, l’Europa tutta) si è impoverita relativamente al resto del mondo globalizzato (non si è impoverita in assoluto, ma nel contesto). E ogni anno aggiunge mezzo milione di persone ai nuovi poveri.

Non è il solo problema, è uno di tanti. Siamo tutti contro il consumismo, e contro il produttivismo. Ma poi? Tanto più se si considera il non far niente un sottoprodotto delproduttivismo – mi pagano per lavorare meno perché spenda i soldi nel tempo libero… Nel loro piccolo i grillini, testimoni in Italia della decrescita felice, sono quelli che hanno moltiplicato il debito per mantenere in qualche modo i nuovi poveri.

Serge Latouche (con Marco Aime), Breve storia della decrescita, Bollati Boringhieri, pp. 144 € 16

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